49. Legami di sangue.

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L'uomo retrasse la lama cauto, attendendo una mia contromossa. Indietreggiai spaventata da terra inspirando profondamente e sfiorandomi il collo con i polpastrelli: avvertivo la cute pulsare.

«Delaney! Stai bene?» Chris sopraggiunse con un tempismo perfetto avvicinandosi al mio corpo per constatare le mie condizioni. Costretta al suolo lo scrutai con le iridi arrossate. Accennai un debole segno con il capo, poco prima che infuriasse contro il nuovo arrivato. «Chi diavolo sei? Cosa volevi farle?» grugnì rabbioso nei suoi confronti.

Il sole perenne illuminava i suoi lineamenti tesi e frementi, mentre metteva in ombra le fattezze del limitante.

«Chiedo venia,» rispose il secondo riponendo il coltello nel suo fodero e portandosi un passo più vicino a Christopher per studiarlo al meglio. Incurvò un angolo della bocca verso l'alto mostrando la cicatrice che partiva dall'incavo del suo giugulo. «Mi avevano avvertito dell'arrivo di una ragazza dai fulvi capelli e l'animo ribelle che aveva posto domande scomode in giro. Speravo con tutto il cuore che fosse una mia vecchia conoscenza, devo averla confusa. Dalla descrizione mi sembrava lei.»

Mi rialzai scrollandomi di dosso il misto di neve e terra che aveva sporcato i miei vestiti. «Sei un membro della squadra di ricerca? Sei tu che hai deciso di partire per il nuovo accampamento?» domandai senza troppi giri di parole ponendomi al fianco di Chris, il quale allungò una mano per non permettermi di valicare il confine immaginario che ci teneva al sicuro dalla sua portata.

Il moro si leccò un labbro divertito. «Noto che le notizie corrono veloci. Piacere di conoscervi, sono Arkus e sono il primo limitante che abbia mai viaggiato sino a qui. Sono a capo della squadra di ricerca e sì, ho preso io questa decisione.» Il ragazzo allungò una mano tentando un approccio pacifico. «Voi, invece, chi siete?» le sue labbra si chiusero in una linea dura inespressiva.

Mirai Chris con la coda dell'occhio, non sembrava voler cedere a quel gioco di sguardi con il suo dirimpettaio. L'aria era carica di adrenalina ed ero sicura che le scintille sarebbero presto scoppiate.

Avvertimmo in lontananza l'eco di passi e, seppur con un netto ritardo rispetto al nostro caposquadra, Mallek ci raggiunse, assistendo a quello che sarebbe venuto. «Sono dei viaggiatori come noi!» si intromise il primo. Alle sue spalle sopraggiunsero Lake e Colton, i quali indurirono il volto non capendo la natura di quell'incontro. Gli altri erano probabilmente rimasti all'accampamento.

Qualcosa nel tono della voce di Mallek mi fece intuire che lui non volesse mettersi contro il gran capo, forse per paura, forse per rispetto o più probabilmente perché non potevamo fidarci di quel tizio spaventoso.

Anche se distante, avvertivo la sua aura espandersi potente e prepotentemente nel vuoto.

Era il primo degli esiliati e ciò significava che aveva trascorso secoli, se non millenni in quelle lande desolate contando solo sulle sue proprie forze.

«Come siete arrivati fin qui?» Si passò una mano a lisciarsi i capelli, voleva saperne di più.

«Cadendo giù dalla torre. Come tutti, no?» Colton gli fece il verso catturando la sua attenzione. Forse ci stava mettendo alla prova.

Notai il ragazzo massaggiarsi la nuca, pronto per ulteriori domande, ma lo bloccai sul nascere. «Vorremmo sapere se esiste un modo per scappare da questo posto. Hai detto di essere il primo, perciò ne saprai più di tutti a riguardo.»

Il moro proruppe in una risata sinistra senza eguali, poggiandosi contro una delle costruzioni rudimentali pur di non perdere l'equilibrio. «Hai idea di quante volte ci abbia provato, ragazzina?»

Mantenni fermo il capo non facendomi distrarre dalla sua pelle grinzata e dal tono di voce contrariato e beffardo.

«Credo che non sia stato fatto abbastanza. Sono sicura che ci sia un modo per fuggire. Ma per riuscirci non dobbiamo assolutamente spostare l'accampamento, altrimenti perderemmo la nostra unica possibilità!» L'affrontai a tu per tu irriverente.

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