42. Dispair.

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Non c'era nient'altro che il vuoto.

Dinanzi ai nostri occhi e nel profondo dell'animo.

Le urla di Lake squarciarono l'aria rarefatta, invocando a gran voce il nome del migliore amico che avesse mai potuto avere. Sol singhiozzava incredula, mentre giacevo per terra intontita da ciò che era appena accaduto.

Avvertii un colpo secco alle mie spalle e quando mi voltai vidi Christopher flesso contro il muro. Non passarono inosservate neanche le lacrime silenziose che Maxfield aveva versato cercando di rimanere impassibile. JJ si aggrappò al parapetto per evitare di perdere l'equilibrio.

Doveva esserci uno sbaglio. Un errore madornale.

Ero tornata indietro per salvare tutti loro, allora perché Kit... perché lui aveva voluto terminare la sua vita in quel modo?

Avevo fallito miseramente. Niente di ciò che avevo fatto aveva cambiato la realtà. Lui era morto e io... io avevo solo ritardato l'inevitabile.

Rivivevo il suo gesto estremo nella mia mente più volte ancora, cercando di dare un senso alle sue azioni. Ma più quel mantra veniva ribadito, più mi accorsi del significato profondo del suo sacrificio.

«"James Bellamy? O forse preferisci essere chiamato ancora?"» scandii. Spalancai le palpebre riacquisendo colore.

«Cosa hai detto, Dely?» Sol mi si avvicinò spaurita. Mi voltai scrutando a uno a uno negli occhi.

«"O forse preferisci essere chiamato ancora?"» sibilai. «James... è un'ancora?» Iniziai a tremare osservandomi attorno, mentre il sangue gelava nelle vene. Non poteva essere. Non potevo crederlo sul serio! Ma se fosse stato vero...

«È impossibile» Christopher tagliò corto digrignando i denti e ricacciando il dolore che provava nell'angolo più recondito del suo cuore. «Le ancore sono sparite decenni fa. È stata tua madre a nasconderle tutte!» Mi afferrò le braccia cercando di spiegare qualcosa che era più grande di lui. Le sue dita facevano presa sulla carne fredda e irrigidita, trasmettendomi le ferite non solo di un corpo afflitto. I suoi occhi arrossati e stanchi erano testimoni della mia fermezza.

«E se fosse vero? Se James fosse stato l'obiettivo di questo agguato fin dal primo momento? I ribelli non avevano mai agito così impunemente, non può essere una coincidenza!» ero estremamente fragile, ma determinata. Volevo solo delle risposte.

«Io mi rifiuto di credere che Kit sia morto per una bugia!» Lake si asciugò le lacrime con il dorso della mano riacciuffando da terra il bracciale che aveva indossato fino a pochi istanti prima il viaggiatore. Brillava di un rosso intenso, nonostante non ci fosse più una sorgente di energia da cui attingere.

«Deve essere vero...» si mosse guardinga. «È sicuramente vero!» gridò convogliando la sua forza verso il petto di Christopher. Alzò le braccia al cielo iniziando a picchiare contro il suo busto. «Non è morto invano! Ne sono certa! Ha dato la sua vita per questo! Non possiamo permetterci di sprecare l'opportunità che ci ha donato!» La ragazzina si aggrappò a Chris costringendolo a fissarla dritto negli occhi. Il capitano non si mosse di un millimetro consapevole di essere una valvola di sfogo alla disperazione.

«Questo spiegherebbe perché Delaney abbia sviluppato quei poteri» Max intervenne in favore dell'amica. Persino Christopher sembrò recepire il messaggio nascosto tra quelle parole. Afferrando Lake a sé sussurro la verità così che mi fosse stata chiara.

«Le ancore sono le protettrici del flusso del tempo. Lo controllano e lo influenzano solo esistendo. Sono le uniche capaci di manipolarlo o distruggerlo, ma allo stesso modo non ne sono afflitte. Loro sono immuni a qualsiasi cambiamento perché esistono!» iniziò distaccandosi dal suo sottoposto. Si umidificò le labbra facendo un giro su sé stesso. «Era cosciente quella volta, vero? Quando ci siamo scontrati?» chiese dall'alto della sua figura.

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