4. Jennifer

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La ragazza muoveva nervosamente le gambe sotto al tavolo di metallo. Era freddo, ma la faceva sentire al sicuro perché la divideva dal suo interlocutore; il vicesceriffo Balver.

Era un uomo di colore sulla quarantina, alto e imponente.

«Quindi confermi quello che ha visto il tuo fidanzato negli spogliatoi?» chiese l'uomo di legge passandosi una mano sulla testa calva.

Jennifer annuì impercettibilmente, i suoi occhi celesti si riempirono di lacrime anche se non si mise a piangere.

Lo sguardo color mogano del vicesceriffo si assottigliò e poi l'uomo riprese a parlare.

«Signorina, se non risponde in maniera più esaustiva alle mie domande, andremo per le lunghe e in questi giorni avremmo molti ragazzi da interrogare. Prima avremo le risposte che cerchiamo e prima sarete tutti liberi di continuare le vostre vite.»

 Il tono austero dell'uomo riecheggiò nella stanza asettica.

«Mi scusi, signore, sono molto spaventata» balbettò la bionda.

«Se non è coinvolta in questa faccenda non deve esserlo» rispose sempre freddo Balver, mettendo il mento rasato sulle mani giunte davanti al viso.

«Izan e Ethan quindi si sono minacciati in maniera grave davanti a voi?»

«Non davanti, insomma, loro non ci hanno visti.»

«Crede che altrimenti avrebbero evitato di minacciarsi di morte?»

«Credo di sì, signore.»

«Come mai vi nascondevate?»

«In teoria, dopo una certa ora, non si può stare nell'edificio scolastico.»

«Perché volevate trattenervi nella struttura?»

Jennifer scosse la testa e arrossì visibilmente.

«Volevamo stare da soli...»

«Eravate decisi a praticare del sesso?» domandò sempre molto serio l'uomo.

Jennifer annuì fissando il suo riflesso distorto sulla superficie metallica davanti a sé.

 Cercava in tutti modi di evitare di guardare il tutore della legge, era sempre più spaventata.

«Non è reato fare sesso, signorina, si calmi» cercò di rassicurarla Balver con scarso successo.

«Mi scusi ... » mormorò la giovane e iniziò a piangere silenziosamente.

Il vicesceriffo parve seccato e sospirò sempre più infastidito.

«Vuole dell'acqua?»

Jennifer fece un cenno col capo.

L'uomo uscì dalla stanza e incrociò lo Sceriffo nel corridoio.
Ordinò a un agente di portare dell'acqua alla cheerleader e iniziò a parlare con il suo superiore.

«Credi che sia coinvolta?» chiese Kenneth.

«No, immagino sia solo spaventata dalla situazione. Il ragazzo invece?» ribatté Balver.

«Mi ha detto a malincuore di questa rivalità tra i suoi compagni di squadra. Inoltre ha segnalato qualche episodio di bullismo delle cheerleader e degli atleti verso altri studenti.»

«Un grande classico, non vuol dire molto. Farò ancora qualche domanda alla biondina.»

«Non facciamo mai trapelare cosa sappiamo e cosa no, siamo solo all'inizio della nostra indagine e saranno giorni duri. Forse arriverà uno dell'FBI.»

«Tu sei d'accordo?»

«No, ma lo hanno mandato come supporto e apprezzo il gesto, velocizzerà le indagini.»

«Io li avrei mandati a fanculo.»

«Ecco perché sei solo il Vice.»

«Vaffanculo anche a lei, con tutto il permesso, signore.»

«Vaffanculo a te» terminò Kenneth dandogli una pacca sulla spalla e sorridendo.

I due annuirono e tornarono al lavoro.

Jennifer si dissetò e poi fu pronta a riprendere l'interrogatorio.

«Ho saputo da un collega che anche tra le ragazze ci sono stati degli episodi di bullismo, ne sai qualcosa?» domandò il vicesceriffo curioso.

«Più che altro ci prendiamo in giro, ma non credo che ci siano state situazioni gravi» mormorò, abbassando lo sguardo ceruleo.

«Voi cheerleader è possibile che abbiate minacciato una ragazza in maniera aggressiva?»

«Io non ho mai fatto una cosa del genere!» si difese Jennifer.

«Conosci qualcuno che lo ha fatto?»

La giovane fece per parlare, ma poi restò in silenzio.

«Sei stata testimone o vittima di una situazione di questo tipo?» chiese con insistenza Balver.

Jennifer fece un lungo sospiro e poi si arrese, decidendo di raccontare l'accaduto.

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