13. Ethan

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«Sono l'agente speciale Spencer, sono qui per farle alcune domande» si presentò l'operativo FBI in maniera molto distaccata.

Ethan alzò un sopracciglio e si aggiustò la giacca dei Reapers, tirandone il colletto.

Non gli piaceva quel tizio, non gli piaceva quella storia e, soprattutto, non gli piaceva quella stanza asettica e angusta.

«Come vuole. Prima avrà le sue risposte, prima potrò andarmene» affermò serio il capitano della squadra di football.

Spencer lo guardò in maniera severa e poi si schiarì la voce.

«Mi sembra piuttosto tranquillo» incalzò poi dubbioso.

«Non ho fatto nulla di sbagliato. Perché dovrei essere agitato?»

L'agente alzò le spalle e poi riprese a parlare.

«Tutti i tuoi amici erano molto più tesi.»

«Io sono diverso.»

Ci fu un lungo silenzio e poi l'operativo FBI si aggiustò il nodo della cravatta.
Posò i suoi occhi scuri e penetranti sul ragazzo e poi continuò con le domande.

Ethan non aveva nulla da temere; quella specie di agente Smith di Matrix non lo spaventava, era sicuro che da lì a breve se ne sarebbe andato.
La faccenda non lo interessava, non aveva nulla da nascondere in merito al Corpo.
Non gli importava un cazzo di quella triste storia.

«Ha litigato con più o meno tutti gli altri suoi coetanei che abbiamo interrogato. Sicuro si sia poi chiarito pacificamente?» domandò Spencer con tono provocatorio.

Avevano fatto proprio i chiacchieroni e a Ethan non piaceva chi parlava troppo.

«Sono un ragazzo molto impulsivo, sicuramente è facile litigare con me, ma sfogo la mia aggressività sul campo da football» rispose pacato, trattenendosi a stento.

Spencer sapeva che stava facendo un buon lavoro.

«Parliamo di Chase Hiroshi.»

«Con lui non ho litigato!» scherzò divertito l'atleta.

«Stai prendendo la situazione sottogamba, giovanotto.»

Il cambio di registro dell'agente speciale fece calare il silenzio tra i due.

«Forse è lei che si prende troppo sul serio.»

L'agente sbatté un pugno sul tavolo.

«Rispondi in questa maniera ancora una volta e ti trattengo come possibile sospettato.»

«Con quali accuse?» ribatté Ethan.

Spencer deglutì e poi si alzò con calma, si voltò verso la telecamera e portò la mano vicino al collo con un gesto netto.

«Facciamo una pausa» mormorò atono.

Ethan fece per alzarsi e si aggiustò la giacca.

Una volta che la spia della telecamera fu spenta, l'operativo FBI lo costrinse a stare seduto, mettendogli le mani sulle spalle.

«Non me ne fotte un cazzo! Troverò un'accusa per trattenerti, in un modo o nell'altro. Spero di essere stato chiaro. Quando riprenderemo, cambierai atteggiamento e mi dirai quello che voglio sapere» l'uomo ringhiò all'orecchio del giovane che rimase interdetto da quella situazione.

Ethan pensò che sarebbe stato inutile ficcarsi nei guai con la legge senza motivo, quel tipo di atteggiamento non aveva senso, ma per lui era un modo di reagire.

«Tutto chiaro, agente, le dirò quello che vuole.»

«Vado a prenderti dell'acqua?»

L'agente sorrise in maniera inquietante.

Ethan scosse la testa.

Spencer si avvicinò al grande specchio che c'era di fronte a loro e vi batté le nocche sopra.
Si lisciò la cravatta e poco dopo la telecamera fu di nuovo accesa.

«Tutto bene? Possiamo riprendere?»

Ethan annuì mentre guardava un punto fisso davanti a sé.

«Ti dirò dei nomi e mi dirai ogni cosa che sai di queste persone, va bene?»

Il tono di Spencer era calmo e rilassato: quel tizio avrebbe potuto interpretare qualsiasi ruolo, dato il modo in cui cambiava atteggiamento.
Ora sembrava cordiale.

«Le dirò ogni cosa.»

Lo avrebbe fatto perché era passato dal sentirsi sicuro di sé a vulnerabile in pochi attimi.
L'agente lo aveva seriamente spaventato con quel cambio repentino di atteggiamento.
Era chiaro, ormai, che avrebbero fatto qualsiasi cosa per prendere il colpevole e non si sarebbero posti limiti.

DarkvylleWhere stories live. Discover now