40. Sceriffo Kenneth

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Yuna attraversò il corridoio stretto della stazione di polizia, raggiungendo l'ufficio dello sceriffo.
Sul vetro della porta c'era scritto il nome di Kenneth, la ragazza bussò e venne invitata a entrare.
La stanza era piccola ma accogliente, arredata in maniera essenziale.
L'uomo era seduto su una poltroncina dietro la sua scrivania di legno scuro.
La invitò con un cenno a prendere posto sulla sedia di fronte a lui, mentre i suoi occhi erano fissi su dei documenti.
Yuna si guardò intorno, notando diversi quadri e foto sulle pareti color crema.
Lo sceriffo guardò l'asiatica in rigoroso silenzio e poi si schiarì la voce.

«Tutto quello che ci hai raccontato in questi giorni è interessante, sono sorpreso di come tu sia riuscita a mettere insieme questa teoria tutta da sola» affermò con ammirazione Kenneth.

La ragazza rimase piacevolmente sorpresa, e si passò una ciocca di capelli corvini dietro l'orecchio.

«Lei mi crede veramente? Davvero pensa che le mie indagini siano servite a qualcosa?»

Gli occhi della giovane si riempirono di lacrime e il suo cuore di speranza.

L'uomo annuì e distese le labbra in un sorriso.

«Pensavo anche io che la morte di Leah fosse collegata a quella di Noah, mi mancava solo una connessione. A differenza mia, tu hai vissuto tutta questa storia dall'interno, hai più elementi concreti, mentre io avevo solo supposizioni. Sei stata il tassello mancante che ha reso solida la mia teoria» sentenziò compiaciuto lo sceriffo.

«Quindi indagherà su Mia ed Eva? Noah avrà giustizia?» domandò la cheerleader tergendosi le lacrime con la manica della t- shirt bianca.

Lo sceriffo sospirò e chiuse gli occhi.

«Non è così semplice, servono delle prove. Sicuramente le indagini hanno fatto un notevole passo in avanti grazie alla tua testimonianza e al tuo lavoro. Da qui in poi lascia il compito dello sbirro a me e tu riposati, ne hai bisogno.»

«Non sarà stato tutto vano, vero?»

«No, hai la mia parola.»

Il vicesceriffo Balver entrò nell'ufficio, rendendosi conto che non era da solo, si schiarì la voce.

«Posso?» domandò guardando Yuna e poi il suo superiore.

Lo sceriffo annuì.

La ragazza rimase in silenzio e Balver parlò.

«Scusate comunque l'interruzione, spero di non beccarmi un altro calcio volante.»

La liceale si voltò appena e sorrise flebilmente, per poi scuotere la testa.

«L'agente Spencer è stato richiamato dall'FBI ed e ha dovuto lasciare il caso e la città in maniera tempestiva» comunicò l'afroamericano al collega.

Kenneth lo guardò con fare interrogativo e Yuna sgranò gli occhi.

«Quell'agente poteva aiutarci a recuperare delle prove! Non aveva a disposizione mezzi migliori che quelli della polizia locale?» domandò preoccupata.

Balver si limitò ad annuire dispiaciuto, serrando le labbra.

«Yuna... la tua testimonianza e l'aiuto che ci hai fornito è stato prezioso, ma lascia che...»

«Abbiamo anche i tabulati telefonici» interruppe il vicesceriffo.

«Puoi scusarci?» chiese lo sceriffo alla giovane asiatica.

«Secondo me può restare...» propose Balver sorridendo a Yuna.

Dopo qualche istante di silenzio, Kenneth annuì.

«Possiamo collocare Eva Valenti sulla scena del crimine, ha fatto una telefonata in un punto del bosco, dove è plausibile che sia stato aggredito il ragazzo. Anche l'orario coincide con quello della sua testimonianza» affermò l'uomo indicando la testimone chiave del caso.

Yuna sorrise e poi iniziò a piangere, Noah avrebbe avuto giustizia.

DarkvylleWhere stories live. Discover now