4. Ottimo ascoltatore, pessimo argomentatore

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ALBA
Ischia, estate.





È buio perché ti stai sforzando troppo. [...] Con
leggerezza, bimba, con leggerezza. Impara a fare ogni cosa con leggerezza. [...] Sì, usa la leggerezza nel sentire, anche quando il sentire è profondo. Con leggerezza lascia che le cose accadano, e con leggerezza affrontale. [...] Dunque getta via il tuo bagaglio e procedi. Sei circondata ovunque da sabbie mobili che ti risucchiano i piedi, che cercano di risucchiarti nella paura, nell'autocommiserazione e nella disperazione. Ecco perché devi camminare con tale leggerezza. Con leggerezza, tesoro mio.

ALDOUS HUXLEY, L'isola




















Una mattina, mamma mi svegliò piano, dicendomi che lei e papà sarebbero usciti fino all'ora di pranzo, quindi avrei dovuto guardare mio fratello e aiutare la nonna.

Così decisi di alzarmi prima, alle dieci e un quarto già ero in giro per la Villa. Preparai la colazione a Gioele e mi fumai una sigaretta in giardino. Guardai il fumo deformarsi contro il cielo azzurro e riportai lo sguardo sull'erba umida, al tatto, però, bollente.

Allungai il mento quando intravidi un paio di figure sconosciute vicino al cancello di casa. Riuscii a distinguere solo l'altezza di Riccardo.

Si guardavano attorno furtivi. Uno indossava un cappello, una canottiera larghissima e non riuscivo bene a guardargli la faccia, mentre l'altro era sicuramente più grande, più autorevole. Dalle sbarre di ferro riuscii a vedere che si scambiavano una stretta di mano poco convincente, e, subito dopo, quello più maturo si infilò la mano in tasca.

Mi morsi la lingua. Pensai subito: "può mai essere droga?" Spensi la sigaretta nel portacenere sul tavolo e, scalza, mi avvicinai indispettita. «Riccardo», richiamai con voce severa, quasi nervosa.

Quando sentì il suo nome lo intravidi fare un gesto veloce con la mano ai due. Fui abbastanza vicina da sentirgli dire: «Fatemi sapere.»

«Cia' uagliò», esalò il più grande, per poi lanciarmi un'occhiata poco benevola.

Riccardo chiuse il cancello. Si girò del tutto verso di me, mi passò vicino velocemente come se fossi invisibile. Mi ignorò — come se fosse la prima volta, d'altronde... —.

«Che cosa stavi facendo?» Lo rincorsi, cercando di stargli al passo.

«Cazzi miei», disse tra i denti, senza farmi capire.

«Te credi io sia scema, nevvero?»

«Piccrè, lievt a nanz» — «Bambina, levati di torno.»

«Non chiamarmi in quel modo», sbottai. «Sono seria. Pensi che io non abbia capito che cazzo hai fatto?»

«E c' t'aggia ricr?» — «E che ti devo dire?», rispose con tranquillità.

«Smetti di rispondere come se non rispondessi veramente. Ti ho visto coi miei occhi», provai a mettermi davanti a lui, ma mi schivava sempre.

«Hai finito di rompere il cazzo?», rispose scorbutico, questa volta incazzato.

«No», mi accigliai. «Che si è messo in tasca quello?»

Riccardo abbassò finalmente gli occhi per guardarmi. «Spostati, o ti sposto io.»

«Mi vuoi rispondere pe' na vorta? Te rendi conto che questa è casa mia, te a' droga nun c'ha porti qua», sbottai, «Pezzo di merda, nun te rendi conto che ce abita mi' nonna? Sei proprio un irresponsabile.»

Domani sarò albaWhere stories live. Discover now