31. Ne è valsa la pena

2.5K 118 69
                                    






ALBA
Ischia, inverno.




Thank youfor makingme feelthings Ithought Icouldneverfeel

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.





Thank you
for making
me feel
things I
thought I
could
never
feel.













Ci alzammo dal letto qualche oretta dopo.

Avevamo rinchiuso tutte quelle lacrime sotto le lenzuola e avevamo fatto ancora l'amore, minimo due volte. Poi avevamo fatto una doccia, ci eravamo vestiti pesanti.

Indossai una polo invernale color crema e un pantalone di tuta bianco, legai i capelli in una treccia ordinata e alta, mi truccai. Lui mi guardava di sottecchi, facendomi ridere.

«Non te le coprire le lentiggini», mi disse, infilandosi la cintura nel jeans.

«Non me le copro, scemo», ridacchiai, «Lo metto solo sotto le occhiaie», indicai il correttore.

«Eh, sì, ma le copri comunque», disse, sistemandosi il maglione marrone sui fianchi.

«E dovrei uscire con le occhiaie?», continuai, canzonandolo.

«Io non vedo occhiaie», sospirò.

«Tu non capisci niente», borbottai, aprendo il mascara.

Lui fece spallucce, si sistemò i capelli con le mani, io lo osservai in silenzio dallo specchio della scrivania e pensai che era più bello di quanto ammettessi. Si schiarì la voce, e, in un sospiro, mi si avvicinò. Mi prese per il mento, mi fece piegare il capo all'indietro e stampò un bacio veloce sulle labbra.

«Non metterci troppo», mi fece un occhiolino, per poi darmi un altro bacio e girarsi verso la porta. «Ti aspetto giù.»

«Ma me lo vuoi dire dove andiamo?», glielo domandai per l'ennesima volta, girandomi verso di lui.

«No», disse monocorde, «Sbrigati», sussurrò, minaccioso.

«Ti odio», mormorai, rigirandomi verso lo specchio.

«Certo», ridacchiò, «Muoviti!», urlò, dopo aver chiuso la porta.

Io mi affrettai a sistemare il mascara sulle ciglia inferiori, diedi una spolverata di blush sulle gote e pettinai le sopracciglia con il gel. Misi un lucido in fretta e furia, mi alzai dalla sedia e presi il cappotto lungo nero, abbinato agli anfibi, il cellulare e le chiavi di casa.

Chiusi la porta, accesi il cellulare incamminandomi alle scale, quando poi mi arrivò una chiamata: Fabio. Guardai lo schermo, mi immobilizzai in mezzo al corridoio. Controllai in giro se ci fosse qualche stanza libera e m'infilai nel primo bagno vuoto.

Presi un bel respiro e accettai la chiamata.

«Pronto?»

«Alba?», disse, «Finalmente. Che fine avevi fatto?»

«Scusami.»

«Non ti ho chiamata per una settimana proprio perché pensavo che dovessi metabolizzare tutto, il funerale eccetera, poi chiamo tua madre e mi dice che stai bene. Mi spieghi perché non ti sei fatta sentire?»

Domani sarò albaWhere stories live. Discover now