Scappare - EXTRA

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ALBA
Ischia, primavera.






IL MATRIMONIO




ALBA's pov



Faceva esageratamente caldo in quella stanza.

Non seppi distinguere se fosse per il corpetto che mi limitava l'inalazione d'ossigeno o la temperatura naturalmente alta di fine primavera e inizio estate su un'isola del mediterraneo. Probabilmente entrambe le cose.

Le pale del ventilatore producevano un rumore seccante ed emanavano il minimo di vento. L'orologio in salotto ticchettava ogni secondo passasse tra un respiro e l'altro.

La Villa Arese era silenziosa, più silenziosa che mai. Io e Riccardo stavamo per sposarci, fra meno di mezz'ora e io ero presa da un attacco di panico. Mentre mi guardavo allo specchio e mi ispezionavo meticolosamente, venni percossa da un brivido d'ansia su per la schiena.

L'abito era a dir poco perfetto, ogni cucitura, ogni dettaglio e tessuto era nel posto giusto. L'avevo deciso in maniera accurata un mese prima, assieme a mia mamma. Era scoppiata a piangere non appena mi aveva vista, inutile precisare che lo feci anch'io dopo averla abbracciata. Il corpetto aveva uno scollo morbido, era bianco panna con i brillantini che mi illuminavano gli occhi, la gonna era di un tessuto così liscio da carezzarmi le cosce e finiva in uno strascico vellutato.

I miei capelli rosso acceso mi coprivano la schiena nuda, lasciata scoperta dal corpetto, e mi incorniciavano il viso nel modo più perfetto che io avessi mai visto. Erano mossi, ondulati sulle lunghezze e le ciocche davanti erano tenute ferme dietro alle orecchie da alcune forcine. Il trucco non era esagerato, ovviamente, ma era così naturale che io riuscii a vedermi bella. Al mio matrimonio mi sentivo così bella da voler piangere come un neonato.

Fissai il velo che avrei dovuto indossare da lì a pochi minuti, poi i miei occhi caddero sulla fotografia della mia bisnonna Silvia. Il suo sorriso caldo e rasserenante attraverso il vetro del quadretto riuscì a calmarmi, così tanto che ripresi a respirare. Un'azione che credetti impossibile fino a quel momento.

Impedii ad una lacrima di rigarmi il correttore quando le sorrisi con gli occhi velati. «Sembro una principessa

E la immaginai rispondermi che sì, gioia mia, sei una principessa. Mi guardai di nuovo allo specchio e desiderai fosse lì con me a dirmi che sarebbe andato tutto perfettamente, avrei desiderato un suo candido abbraccio.

Nel momento in cui io mi passai la mano sui fianchi, sulla gonna setosa, il portone si aprì così forte da farmi sobbalzare. Il chiasso che vigilava in giardino si riversò tutto nel salotto. Mia mamma, mia zia e le mie cugine si erano precipitate parlandosi una sopra l'altra; le gemelle erano vestite uguali, erano le damigelle e indossavano un vestito rosa cipria magnifico, mentre mamma e zia erano eleganti nei loro abiti da cerimonia splendidi. Pensai stessi per uscire scema. Non capii assolutamente nulla di ciò che farneticavano.

«Ferme!», misi le mani davanti come per dire stop alle parole. Loro si ammutolirono e sospirarono contemporaneamente, «Cosa diavolo state dicendo?»

Si guardano tra di loro decidendo chi dovesse aprir bocca. Alla fine lo fece mia madre, «Riccardo è in ritardo.»

Boccheggiai, «Come in ritardo?», mi tenni la pancia poiché temetti di star per vomitare, o di svenire, non lo so.

Domani sarò albaWhere stories live. Discover now