32. Nuovo inizio

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ALBA
Ischia, inverno.






"You're in too deep this time,
you know that?"
"I know, I know."



















Il Natale ci aveva fatto bene.

Anche se era la prima volta che non lo passavo con tutta la mia famiglia, Riccardo fece la differenza.

La mattina di Natale mi svegliai con le urla di gioia di mio fratello per i regali ricevuti dai miei genitori. Come un koala, mi ero appiccicata a Riccardo, un po' perché volevo sentire la sua pelle addosso, un po' perché faceva freddo.

Ci svegliammo con calma, ancora assonnati ci abbracciammo sotto i piumoni e, più tardi, mentre facevamo colazione sul divano, aprimmo i regali che ci eravamo fatti a vicenda.

«Non ci credo...», avevo mormorato, posando la ciotola di cereali sul tavolino di legno. Mi portai una mano sulla bocca. Riccardo rise, «Tu non l'hai fatto davvero!», scattai in piedi saltellando.

Guardai ancora i biglietti.

Dopo mi scaraventai su di lui, abbracciandolo fortissimo, schiacciando la mia guancia sulla sua spalla. «Grazie, grazie, grazie!», lo riempii di baci.

«Papà!», urlai, sventolando i biglietti come se avessi vinto alla lotteria, «Papà! Corri

Lo sentii correre velocemente, una mano sul petto, «Cosa è successo?»

«Guarda! Guarda!» Gli allungai i biglietti, «Adesso rosica

Papà fissò per un secondo i biglietti, senza capire di cosa stessi parlando, poi sgranò gli occhi. «Riccardo, come ci sei riuscito?», lesse ancora la scritta che annunciava sarei andata al concerto di Cremonini a Milano. «Erano tutti finiti.»

Mi diedi una regolata mentre Riccardo spiegava a mio padre quanto ci avesse messo per prenderli.

Era un concerto previsto per maggio dell'anno che stava per arrivare. Già non vedevo l'ora di andarci. Forse era l'idea di restare con Riccardo per così tanto tempo, era l'idea che quel biglietto ufficializzava la nostra relazione, diceva al mondo intero che noi due saremo rimasti, insieme.

Passammo la mattinata a cucinare con la mamma, e, anche se gli avevo detto che non c'era bisogno, lui si era intestardito dicendo che voleva per forza aiutare in qualcosa. Allora l'avevo messo a tagliare il salmone con Gioele. Uno vicino all'altro sembravano gli opposti, eppure non mi erano mai sembrati così simili. Così amici.

Prima di pranzare, a telefonarlo fu Anna. Per meglio dire: Greta.

Si allontanò, andandosene in salotto e sedendosi sul divano.

«Fammi sentire cos'è che hai imparato a scuola, dimmi una frase in francese.»

Lo osservai dalla cucina, di sottecchi, senza farmi notare.

«Chi è al telefono? Ti vedo preoccupata», mamma mi venne vicino.

Io negai sorridendole, «No, è sua figlia», ammiccai. «Gli manca molto.»

Domani sarò albaWhere stories live. Discover now