24. Ciao amore, ciao

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ALBA
Ischia, estate.





Lasciamo fare al tempo
— Jane Austen.


Gli mancherai
perché tu sei tu.
e una come te,
con i fulmini negli occhi,
i tulipani nel cuore,
testarda come una bambina
e indistruttibile come una donna.
una volta persa
è il peggior rimpianto.


Volevo solo dirti che
stai bene con i capelli raccolti
con i pensieri scomposti
con la matita tra i denti
e gli occhiali da sole
con quel quaderno a righe
e le tue centomila parole
un caffè sul balcone
e un tramonto colorato
con le tue mani fredde
che ormai è buio
il sole scende
e tu non ci sei
non sei più qui
volevo solo dirti
le solite cose
che non si dicono mai
se non dopo un addio.
Le cose che si dicono dopo gli addii.

Se non dovessi tornare,
sappiate che non sono mai
partito.
Il mio viaggiare
è stato tutto un restare
qua, dove non fui mai.
Biglietto lasciato prima di non andar via.




















Era la notte prima che partissi per Roma.

Ero uscita dalla doccia, mi ero messa un pigiama veloce e mi ero asciugata le lacrime dagli occhi.

Era tutto il giorno che non facevo altro che pensarci.

Il giorno successivo non sarei più stata lì, me ne sarei andata e non lo avrei più visto con i miei occhi per molto tempo. Mesi, o forse anche di più.

Rientrata in camera, trasalii quando vidi la sagoma di Riccardo seduta sul bordo del letto, con le braccia poggiate alle ginocchia e il viso verso il basso.

Alzò il viso vedendomi impalata lì. Sospirai e sperai non si vedessero gli occhi rossi.

Riccardo strinse le labbra come se mi avesse letto nella mente.

Mi avvicinai, mettendomi tra le sue gambe. Poggiai le mani sul suo viso e lui si abbassò con la fronte sulla mia pancia, borbottò: «Devi andare via sul serio?»

Passai una mano sulla sua nuca, accarezzando i suoi capelli: «Purtroppo sì.»

«Non so se sono pronto sul serio a non vederti più», disse.

Successivamente alzò il viso, strisciò col mento sul tessuto della mia maglietta e incrociò i miei occhi. «Ti ho portato una cosa.»

Io mi accigliai, «Per me?»

«Sì, per te» ridacchiò, «Vieni qui», mi trascinò con le mani sui fianchi sopra le sue ginocchia. Lo guardai curiosa che muoveva le mani dietro la schiena.

Parò davanti a me una scatoletta di velluto blu, sopra il palmo della sua mano. Me la poggiò sulle cosce, mi incitò ad aprirla con un sorriso dolce e un colpo del mento, «Non fare storie.»

«Non volevo un regalo», obiettai a priori.

«Non è un regalo», controbatté, «È un pensiero. Non rompere il cazzo, sono stato mezz'ora dall'orafo per fargli capire come lo volevo.»

«Ma sei matto?», lo guardai con gli occhi sbarrati.

«Muoviti, apri», mi diede un bacio sulla spalla.

Domani sarò albaOnde histórias criam vida. Descubra agora