Sogno - EXTRA

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ALBA
Ischia, estate.





TRE ANNI DOPO







Ischia era il Paradiso terrestre, è un dato di fatto. Ma, oltre che ad essere questo, era l'Isola dell'Amore.

Mentre io e Riccardo eravamo in vacanza a Sydney, contemporaneamente, la mia famiglia aveva ben deciso di riacquisire le tradizioni. Dunque, ritornarono ad Ischia.

Durante quella vacanza, però, successe che Iris rincontrò Angelo. Contro ogni aspettativa, dopo qualche incomprensione, i due intrapresero una relazione stabile. Tant'è che, quando ritornammo, questa relazione aveva già dato i suoi frutti.

Nemmeno a due mesi di distanza dal loro secondo incontro, Iris era uscita incinta del loro primo figlio: Mattia. Nato il dodici di maggio, un bambino uguale ad Angelo. Stesso sguardo gelido, di ghiaccio e capelli scuri, castani. Una risata contagiosa e manie di protagonismo. Totalmente uguale ad Angelo, quando Riccardo lo conobbe per la prima volta rimase senza parole.

Mattia fu il primo a chiamarlo "zio".

Decidemmo di sposarci un mese dopo la sua nascita, a giugno, ad Ischia. Come fecero i miei.

Riccardo mi aveva rifatto la proposta a letto; con la gravidanza di Iris ci eravamo distratti per qualche mese. Ma, lui, temendo me ne fossi scordata, me lo ripropose: aveva lasciato la scatoletta di un nuovo anello sul mio cuscino. Da quel momento cominciammo ad organizzare tutto.

Fu il matrimonio dei miei sogni. Anche se, ad essere sincera, a renderlo speciale era Riccardo. Stavo sposando l'uomo dei miei sogni, della mia vita. Ed io non potevo non esserne felice.

Dopodiché, io assaporai ogni attimo che quella nuova vita mi dava. I primi bagnetti in piscina con Mattia, Riccardo che ci si affezionava sempre di più, che lo prendeva sempre di più in braccio, che sorrideva quando lo chiamava: "Zio Ric" e giocava con lui prima di andare a dormire.

Ma non glielo chiedevo.

Non glielo chiedevo se avesse voluto un bambino nostro.

Nei primi momenti mi recava un po' di dispiacere vederlo con mio nipote, ma poi capii che amare era anche quello: rispettare le attese. Ed io avrei rispettato ogni sua decisione, se non fosse stato pronto, io avrei abbracciato ogni minuto che passava. Glielo avevo assicurato: lo avrei aspettato.

Riccardo fu bravo a farmi capire che ne fu grato.

Ci sono certe coppie che, dopo il matrimonio, smettono di guardarsi davvero. Smettono di dirsi quanto si amano perché credono sia scontato. Riccardo, invece, non faceva altro che ripetermelo. Ogni giorno, ogni mattina prima di aprire gli occhi, lui me lo ripeteva: «Ti amo, Alba.» Non c'era modo migliore di iniziare una giornata.

Dal balcone di casa sventolavano delle lenzuola. Riccardo, Angelo, Gioele e mio padre erano sparsi per la piscina per insegnare a Mattia come nuotare. "Robe tra maschi", diceva Angelo, spupazzandolo.

Io, la mamma, Iris e Sofia eravamo sedute al tavolo della Villa, con il vassoio di frutta davanti e un po' di gelato in dei bicchieri di vetro. Il posacenere imbrattato di mozziconi e noi in costume con dei teli da mare sulle spalle o sulle cosce.

Domani sarò albaWhere stories live. Discover now