𝟟𝟘 - 𝔽𝕒𝕔𝕖 𝕥𝕠 𝕗𝕒𝕔𝕖.

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Ed infatti, ad aspettarla lì seduto sul suo letto, c'era Steve Rogers

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Ed infatti, ad aspettarla lì seduto sul suo letto, c'era Steve Rogers.

Non solo Zoe ebbe un sussulto non appena i suoi occhi incrociarono la figura di Steve, ma persino il suo cuore sussultò così forte da salire quasi all'altezza della gola. E lui, nel vederla arrivare, si voltò con calma verso di lei rimanendo fermo nella sua posizione. Ci fu un breve silenzio, che sembrò comunque infinito,  in cui Zoe e Steve si guardarono. Lei, di nuovo, rimase ancora attenta a non guardarlo negli occhi come se lei stessa sapesse che farlo sarebbe stato dannoso.

D'altro canto, invece, Steve non si trattenne nemmeno un po' a lasciar scorrere velocemente lo sguardo su tutta la sua figura e a continuare a cercare in lei uno sguardo un po' più particolare.

Zoe, sull'uscio della porta, ingoiò la saliva più e più volte. Non sapeva cosa lui ci facesse lì e dubitava fortemente che avesse sbagliato stanza. Steve conosceva la sua stanza come conosceva quella di Zoe, trovarselo lì non era una casualità. La stava aspettando, forse dal momento in cui si era allontanato dalla sala riunioni, e continuava a guardarla con una tale tranquillità da mandare letteralmente in confusione i pensieri della ragazza.

«Che ci... Che ci fai quì?» domandò, guardandosi alle spalle nella speranza che non ci fosse nessuno nel corridoio o che nessuno potesse sentirli.

Tornando di nuovo con gli occhi su di lui, lo vide sospirare profondamente senza smettere di guardarla. «Ho chiamato T'Challa.» annunciò, con calma. «E' disposto ad aiutarci, ci sta aspettando.»

Con ancora la mano ferma sulla maniglia della porta, con quest'ultima spalancata, Zoe annuì. «D'accordo, ma perché devi dirmelo mentre sei seduto sul mio letto?» chiese, trattenendo il respiro. A quel punto, Steve si alzò mettendosi in piedi davanti a lei. Zoe ghignò. «Steve, davvero, che cosa vuoi?»

«Parlare.»

Lei scosse la testa. «Ti ho detto che non voglio parlare.»

«Avevi anche detto che non volevi guardarmi, eppure prima lo hai fatto.» sussurrò ancora Steve, con la stessa calma e lo stesso tono. Il suo sguardo si posò sulla sua mano ancora ferma sulla maniglia della porta, poi sospirò di nuovo e la guardò. «Chiudi la porta, per favore.» concluse, questa volta posando la sua mano su quella di Zoe pur di accompagnare i suoi movimenti.

Zoe, con il cuore che le rimbombò con forza in gola, si lasciò guidare e non si oppose quando Steve la aiutò a chiudere porta alle sue spalle. Forse, in fondo, sapeva che stava mentendo a se stessa e che non fosse vero che non voleva parlare con Steve. Ma il punto più difficile era quello di inizio. C'erano davvero troppe cose che Zoe e Steve avrebbero dovuto dirsi, così tante cose successe di cui parlare e non avere per niente idea da dove fosse giusto cominciare.

Ecco perché Zoe non voleva parargli, perché aveva paura di affrontare tutto ciò che era successo. Aveva giurato a Steve, in passato, che non voleva più vivere in quel tipo di paura e che non voleva più essere quella ragazza che scappava dai problemi, ma tutto ciò che era successo non le permetteva di fare altro. Da una parte era sollevata di vederlo, che lo voglia o no era felice di sapere che Steve stesse bene, ma dall'altra parte sapeva che era passato troppo tempo dall'ultima volta in cui erano stati insieme. Due anni di silenzio, due anni in cui Zoe era affogata nelle sue ferite senza avere mai modo di ricucirle.

GROWN • Steve RogersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora