𝟜𝟛 - 𝕄𝕚𝕣𝕣𝕠𝕣.

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«Ti avevo chiesto di fare solo una cosa: stare attenta!» la sua voce uscì rabbiosa dalle sue labbra, accompagnata dal modo in cui si chiuse con forza la porta alle spalle tanto da creare un rumore assordante tra quelle mura

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«Ti avevo chiesto di fare solo una cosa: stare attenta!» la sua voce uscì rabbiosa dalle sue labbra, accompagnata dal modo in cui si chiuse con forza la porta alle spalle tanto da creare un rumore assordante tra quelle mura. «E tu che fai? Tutto l'opposto.»

Zoe, che gli dava le spalle, sospirò cercando di mantenersi calma. «Ne stai facendo un dramma, Steve.» gli rispose, continuanando a non guardarlo.

Come da consuetudine, la ragazza si affrettò a togliere le scarpe per riposarle nella scarpiera. La sua uniforme l'aveva già disattivata al ritorno sul Quinjet, quindi addosso aveva di nuovo i suoi comuni vestiti. Avrebbe voluto spogliarsi e buttarsi sotto la doccia, solo per cercare di alleviare almeno un po' lo stress di quella giornata, ma dal tono di voce con cui Steve le aveva parlato non appena erano rientrati nella sua camera le fece subito capire che quel silenzio in cui si erano mantenuti per ore stava per esplodere.

Perché si, per tutto il viaggio di ritorno Zoe e Steve non si erano parlati. In un primo momento il pensiero della ragazza era stato che, semplicemente, lui fosse stressato e sconvolto da ciò che era successo quella mattina a Lagos. Ma quando ripensava alla freddezza con cui lui le aveva parlato prima di salire a bordo, il dubbio che ci fosse qualcosa in più l'aveva travolta.

Ad ogni modo, però, Zoe riteneva inopportuno incominciare una discussione proprio sul jet. Sia perché, ovviamente, non erano da soli e sia perché era ancora troppo sconvolta da quanto era successo. Ma una volta tornati a casa, l'occhiata che i due si erano scambiati aveva fatto salire ad entrambi il desiderio di parlare. O, per lo meno, Zoe avrebbe voluto parlare. Steve, dal canto suo, sembrava più intenzionato ad accendere i toni alti.

Quindi, come Zoe aveva previsto, non c'era nulla di buono in quel suo sguardo freddo che le aveva rivolto.

«Ne sto facendo un dramma? E' così che cerchi di sminuire quello che è successo?» continuò lui, mantenendo alto il suo tono di voce.

Steve, a differenza di Zoe, aveva ancora addosso la sua uniforme e il suo scudo. Adagiò per terra quest'ultimo, lasciandolo poggiato tra il pavimento e la parete. Per quanto volesse togliersi quell'uniforme di dosso, Steve era momentaneamente troppo intenzionato a parlare - a discutere, in realtà - con lei prima di fare qualunque altra cosa.

Zoe si voltò verso di lui, scocciata. «Non cerco di sminuire niente. Sei tu che vuoi spostare l'attenzione di quello che è successo su di me.» strinse le labbra quando lo sguardo rabbioso di Steve si posò attentamente su di lei, ma ciò non la fermò dal parlare ancora. «Se non te ne fossi accorto, Steve, abbiamo combinato un casino e delle persone sono morte per colpa nostra.»

«Si e tra quei morti potevi esserci anche tu se non avessi avuto la brillante idea di buttarti in mezzo alle fiamme.» rispose lui, quasi sovrastandola. Zoe socchiuse gli occhi, sospirando di nuovo. «Essere in grado di contenere esplosioni, gas e quant altro non ti da l'autorizzazione di buttarti nel pericolo ogni volta che ne hai l'occasione! Non era questo il piano.»

GROWN • Steve RogersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora