Capitolo IV

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Passai due ore a rigirarmi nell'incavo della grotta, ma non riuscii comunque ad addormentarmi. Sentivo la pioggia che scrosciava fuori dalla caverna, pioggiandosi pesante sulle foglie e cadendo in goccioloni sul sottobosco. Mio padre era là fuori, con mia madre e tutti i guerrieri del nostro clan, combattevano, fradici, l'acqua che stancava e rallentava gli Ikran. Sarei dovuto essere lì con loro, ad aiutarli. Nel pagliericcio, mi mordevo le labbra per impedirmi di piangere, o di imprecare.

Mi accorsi che erano passate due ore solo perché sentii qualcosa muoversi sgraziato dal cunicolo di Lo'ak: mio fratello si stava svegliando. Sgraziato e rumoroso come un bambino, Lo'ak saltò giù dal pagliericcio, sbadigliando con un basso ruggito del ventre. Lo guardai stiracchiarsi, saltare fino a toccare la trave del soffitto e ricadere a terra con un tonfo rumoroso, che fece quasi tremare le pareti. Era così raro che vedessi mio fratello alzarsi senza i miei genitori in casa che tutta quella confusione mi fece salire i nervi a fior di pelle, specie quando sentii Tuk agitarsi nel suo lettino.

Kiri se la prese in braccio: si era svegliata ed era scesa dal suo cunicolo senza troppe scene, silenziosa e aggraziata. Tuk sbadigliava.

Mi sembrava di essere troppo nervoso per scendere a parlare con loro, ma Tuk aveva sentito la mia litigata con papà quella mattina, e indicò subito la mia presenza agli altri: "Neteyam dorme?" Lo chiese sottovoce, assonnata. Chiusi gli occhi con un sospiro. Si, ero decisamente troppo nervoso per sopportare i miei fratelli, specie tutti insieme. Sentii i passi pesanti di Lo'ak che si avvicinava, lo scricchiolio del legno della scala cui si aggrappava per salire fino al mio cunicolo. Aprii un solo occhio, trovandomi il suo sorrisetto divertito davanti. Godeva come un pazzo a vedere nostro padre arrabbiato con me quanto lo era con lui. Stronzo. Si voltò a guardare le ragazze, ridacchiando sottovoce: "Guardate questa" sussurrò, voltandosi di nuovo verso di me e alzando le cinque dita della mano, intenzionato a schiantarle sulla mia fronte.

Presi la sua mano al volo, gli strinsi il polso: non ero veramente in vena dei suoi scherzi. Il sorriso di Lo'ak appassì, appena si rese conto di essere stato preso, e dello sguardo che gli avevo lanciato. "Non pensarci neanche" Minacciai. Mi gettai giù dal cunicolo, guardando i miei fratelli, attorno a me. "Il valoroso guerriero è in punizione, a quanto pare..." Lo'ak cominciò a schernire, saltellando per la stanza. Lo fulminai con lo sguardo, ma non mi guardò. "Quattro giorni che papà non ti porta sono troppi da giustificare altrimenti, no?" Si affacciò sulle spalle di Kiri, mettendo su una finta espressione triste, per sfottere. La rabbia mi infiammò le guance. Tuk si appoggiò a sua sorella, accanto a Lo'ak: "Papà ha urlato stamattina" Ridacchiava. "Dice che Neteyam è nei guai!" Si nascose dietro Kiri, quando le scoccai un'occhiataccia. "Uhh..." Lo'ak si avvicinò di nuovo a me. Mi risentiva, per qualche motivo, dall'incidente del treno. Malgrado avessi preso la strigliata più pesante, la delusione maggiore di mio padre. "Il soldatino..." Dalle mie guance, il fuoco cominciò a vibrare nelle mie braccia. Mi infastidiva, indicibilmente, che mi chiamasse in quel modo. Facevo del mio meglio per non deludere completamente nostro padre, mentre Lo'ak sembrava fare del suo peggio per distruggere la stima che aveva di noi. "È in castigo!" Finse di asciugarsi delle lacrime, in scherno. E si avvicinò abbastanza da poterlo prendere a sberle.

Lo afferrai per la collottola, in un moto di rabbia, lo tirai a terra. Prima che potesse lamentarsi, ero sopra di lui, gli mostravo i canini. Kiri aveva cacciato un grido, Tuk si stringeva a lei. Lo'ak cominciò a dimenarsi, cercando di liberarsi dal mio peso su di lui, ma le mie ginocchia lo tenevano a terra, la mia mano destra teneva le sue braccia contro il pavimento, la mia sinistra gli mollò un ceffone, l'intento di tirarglielo forte come nostro padre l'aveva tirato a me. Lo'ak grugnì, gliene mollai un altro, la mano sempre aperta. "Ragazzi basta!" Kiri gridò. Lo'ak riuscì a divincolarsi, mi fece ruzzolare a terra, cercò di issarsi sopra di me e tirarmi un pugno, ma le sue nocche sfiorarono il mio orecchio, si schiantarono contro il pavimento mentre io mi scansavo. Ripresi il vantaggio, lo spinsi contro il pavimento, e gli mollai un colpo con il pugno chiuso, cieco di rabbia.

Fu allora che Kiri mi afferrò per il braccio, cercando di tirarmi via da mio fratello. Lo'ak lanciò un lamento, sentii i suoi muscoli sotto di me perdere tensione. Gli puntai l'indice al volto, dove il suo labbro si era spaccato. "Se mi chiami di nuovo così, Lo'ak, giuro che finisco di spaccarti la faccia." Mi alzai, scrollandomi di dosso anche Kiri, irritato. Non mi andava di ammonirlo in altro modo, non mi andava di stare dietro alle sue scemenze tutto il giorno, dietro alle lacrime di Tuk, ai rimproveri di Kiri. Feci un passo indietro, poi voltai le spalle ai miei fratelli, cercando di sbollire la rabbia, senza successo. Mi pareva di non essere neppure me stesso. Uscii dalla grotta, bollendo.

Corsi al mio Ikran. Mio padre non voleva portarmi con sé, ma non mi aveva proibito di volare, né mi aveva messo in punizione. Legai con l'animale, mi alzai in volo dal porto affacciato sulla foresta.

L'aria ghiacciata mi smuoveva i capelli, portava via con sé la rabbia, mano a mano che l'ikran avanzava. Non era colpa di mio fratello se mio padre era arrabbiato con me, lo sapevo. Non era niente di nuovo che Lo'ak mi prendesse in giro. Volai per qualche ora, sopra la foresta, evitando le sentinelle, le vedette, i punti dove immaginavo mio padre o gli altri guerrieri sarebbero potuti passare. Passato un po' di tempo, fui abbastanza calmo da voler chiedere scusa a Lo'ak. Girai l'ikran per tornare a casa.

Fu allora che nel meccanismo di comunicazione nel mio orecchio passarono le statiche. Qualcuno aprì la comunicazione: "Papà?" La voce di Lo'ak. Strinsi il marchingegno nel mio orecchio,  imprecando piano. La voce di mio padre, dall'altra parte della comunicazione, rispose. "Papà! Siamo alla vecchia baracca..." Esitò. "Ci sono sei individui, vestiti con tute mimetiche, sembrano Avatar, non-" Imprecai ad alta voce, perdendomi il resto della frase di Lo'ak. "Siete? Chi c'è lì?" La voce di mio padre, affannata dalla preoccupazione. Lo'ak esitò a rispondere: "Io, Spider, Kiri e..." Si sentì che deglutiva, anche attraverso la comunicazione. "E Tuk, signore." Il mio cuore perse un battito. Erano tutti in pericolo: sei marines armati, in avatar nuovi, contro un Na'vi di tredici anni, armato al massimo di un arco, una di quattordici, un umano e una bambina di sette anni. Rischiavano di morire, tutti. E perché? Perché io avevo deciso di fare un capriccio, lasciare tutti in balia di Lo'ak. Cazzo. "Ascoltami molto bene, Lo'ak, andate via da lì, subito-"
"Sissignore" Lo'ak rispose sottovoce. Si sentì Kiri in sottofondo dire "te l'avevo detto", il fruscio delle foglie dal loro movimento. "Non fate rumore!" La voce di mio padre quasi tremolava. "Arriviamo"

Quasi mio padre avesse ordinato anche a me, spinsi l'ikran a volare più veloce. Sapevo una scorciatoia, per arrivare alla baracca, dal lato della foresta che portava alle grotte. Mi appiattì sulla superficie dell'animale, sfidammo insieme il vento.

THE ELDEST -atwow con gli occhi di Neteyam Sully-Where stories live. Discover now