Capitolo XXXIV

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Non avevo mai conosciuto la vera vergogna, prima di quel momento: il figlio carico di onori di Turuk Makto, il vanto della sua famiglia, il primo a compiere questa e quella impresa, il primo a ricevere questo e quell'incarico ad un'età così precoce. Non avevo mai conosciuto fino ad allora quel viscido brivido che corre sottopelle quando gli sguardi della gente per strada ti costringono a tenere la testa bassa. Non avevo mai tenuto la testa bassa, non davvero: anche davanti a cose di cui non andavo fiero, anche davanti a rimproveri e accuse, non avevo mai davvero provato disgusto di me. Non nel modo in cui lo provavo ora.
Camminavo per le vie del villaggio con la testa bassa, cercando di non incrociare lo sguardo dei Metkayina che mi venivano in contro. Avevo indosso una mantella, il cappuccio tirato sulla testa nel tentativo vano di distogliere l'attenzione da me e celare la mia identità, ma non pioveva e non faceva particolarmente freddo, quindi la mantella non faceva altro che attirare gli sguardi dei passanti sul mio viso porpora per la vergogna. Negli occhi di chi mi guardava, bruciava il giudizio. Mi pareva quasi di riuscire a sentire i loro pensieri, le loro invettive, i loro biasimi. Non uno dei passanti sembrava avere uno sguardo gentile o un sorriso per me: le madri tiravano dall'altro lato della strada i figli, gli uomini mi guardavano con severità dall'alto, riconoscendomi, i bambini stessi mi rivolgevano occhiate accigliate.
Per tutto il tragitto sentii gli occhi pieni di lacrime. Sapevo, sia chiaro, che nessuno dei passanti sapeva la vera motivazione della discussione che era avvenuta nella capanna; sapevo che la gente mi guardava così solo perché aveva avuto modo di intuire che avevo fatto qualcosa di veramente raccapricciante, che aveva indotto Jake Sully a cacciarmi di casa, senza sapere che cosa c'entrava Aonung, o se Aonung aveva qualcosa a che fare con la faccenda. Sapevo tutto questo e tuttavia mi vergognavo terribilmente, quasi un bambino colto a bagnare il letto. E avevo la capacità di capire che la mia vergogna non proveniva tanto dagli sguardi degli altri, quanto dalla convinzione, radicata e impossibile da sradicare in me, che ci fosse qualcosa di profondamente problematico e sbagliato dentro di me. Lo aveva detto mio padre. Mio padre non mi aveva mai mentito. Ero inconsciamente convinto di questo, mentre la mia coscienza gridava e insisteva nel ripetersi che Jake Sully non era più mio padre, che non importava nulla quello che aveva o non aveva da dire.

Raggiunsi la spiaggia, abbassai il cappuccio e gettai la mantella: sulla sabbia non c'era nessun altro. Cercai le mie sorelle con lo sguardo nell'acqua mossa del mare, ma non riuscii a vederle. Pensai che dovessero essere tornate al pontile e, non trovandoci, si fossero messe a cercarci con Rotxo sul lungomare o che, peggio, Jake le avesse semplicemente raggiunte prima di me, che ora mi odiassero anche loro. Mi scrollai di dosso il pensiero e percorsi il pontile, allontanandomi dalla riva per cercarle meglio con lo sguardo nel mare. Scrutai le onde, l'apprensione che cresceva dentro di me, le lacrime che riaffioravano alla mia gola, il mio stomaco che si smuoveva e il mio cuore che accelerava e accelerava, finché... Le trecce di Tuk spuntarono dall'acqua. E poi la testa di Kiri, subito accanto a lei. E alla fine il colorito pallido di Rotxo, un po' più a largo di loro. Tirai un sospiro di sollievo.
Gridai i nomi delle mie sorelle, sbracciando dalla riva. Ero così contento di vederle, così sollevato che Jake non le avesse costrette nella capanna per tenerle lontano da me: le lacrime mi ammorbidivano la voce. Tuk fu la prima ad accorgersi della mia presenza: si voltò verso di me, le labbra ancora piegate da un mezzo sorriso. Quando mi ebbe riconosciuto, però, il suo sorriso appassì. Mi sentii morire appena. Quando anche Kiri si fu voltata nella mia direzione ebbi la conferma che c'era qualcosa che non andava. Abbassai le braccia, esitante, un miliardo di pensieri che tempestavano nella mia mente, imprecazioni per la maggior parte. Che sapessero che cos'era successo?  Che avessero già ricevuto ordini da Jake? Sapevo quanto restie fossero le mie sorelle a disobbedire, sapevo che Tuk era troppo piccola per capire davvero e Kiri... Non ero sicuro della posizione che avrebbe preso Kiri. Indietreggiai appena sul pontile. Kiri si era voltata verso Tuk, le aveva detto qualcosa e fatto cenno con le mani perché restasse con Rotxo. Ed ora veniva verso di me, nuotando sulla superficie con bracciate rapide. Il mio cuore batteva all'impazzata. Kiri raggiunse il pontile, corsi al bordo porgendole la mano per aiutarla a tirarsi su, ma lei non la prese: preferì arrampicarsi con i gomiti e le ginocchia, tirandosi su a fatica. Non prometteva per nulla bene. Kiri arrancò accanto a me, si tirò in piedi, ma mantenne la distanza. Non avevo le lacrime agli occhi, ma sentivo l'affanno che mi riempiva il petto: "è successo un casino, Kiri" Proruppi, parlando veloce. Mia sorella mi guardava seria, gli occhi colmi di tristezza. No. Vidi Kiri annuire: "Lo so, Teyam." Gettò un'occhiata alle sue spalle, cercando Tuk con lo sguardo nell'acqua. "Lo sappiamo entrambe." Si voltò di nuovo verso di me, con gli occhi mi supplicava. Si leggeva sul suo volto che cosa avrebbe voluto le dicessi: non è vero nulla, Lo'ak ha mentito a nostro padre ed è stato tutto un grosso malinteso e sto per sistemare tutto, come sempre. Non potevo dirle quello che voleva sentirsi dire. Per quanto lo volessi anche io. Amavo Aonung e Jake lo sapeva e non c'era modo di cambiare la realtà. Kiri continuò a parlare: "Papà e venuto da noi di corsa, fumava di rabbia..." Spiegò. "Ci ha detto di starti lontane, Teyam." Sospirò, distogliendo lo sguardo. Cercai di attirare la sua attenzione, ma Kiri non mi guardava. "Lo so, lo so, mi ha detto di starvi lontano, ma Kiri-" Mia sorella tratteneva le lacrime. "Non puoi chiederci di andargli contro, Teyam." Balbettava appena. "Kiri, devi darmi ascolto è complicato e non so che cosa Jake ti abbia-"
"Non lo puoi chiamare neanche più papà." Kiri mi interruppe, strinse un nodo con le sue parole nella mia gola. Scossi piano la testa, cercando di riacquistare il controllo di me prima di rispondere. "Non vuole che lo chiami papà, Kiri." Spiegai, ma sapevo che lei già sapeva. "Ci ha detto anche questo" Disse, infatti. "Non è così complicato. Ha detto che Lo'ak ha spifferato tutto e che tu poi hai fatto una scenata. E che a lui non va bene che tu viva così." La sua voce si spezzò. "Ha detto che non sei più suo figlio e quindi-" Azzardò ad alzare gli occhi su di me, e vidi qualche lacrime che scivolava fra le sue ciglia. Si schiarì appena la voce: "Quindi ha detto che non puoi essere più neanche nostro fratello." Schioccai la lingua, furioso perché non potevo essere disperato. "Non decide lui se siete le mie sorelle o no!" Sbottai. Kiri incassò appena la testa nelle spalle: "Tuk è troppo piccola, Teyam!" Ribatté. "Quindi è meglio far finta che non abbia un fratello?!" Kiri abbassò la testa. Sconfitta. Sapeva che Jake non aveva ragione a pensare quello che pensava, che era stupido a reagire così e che era stupido trascinare una bambina e una ragazzina con lui, che la nostra famiglia per colpa sua si stava distruggendo. Per colpa di Jake, non mia. Vidi mia sorella scuotere piano la testa. "Oh, Teyam-" Si gettò al mio collo, in un abbraccio. Quasi mi era saltata in braccio, e per poco non persi l'equilibrio per accoglierla fra le braccia. "Mi dispiace così tanto" Scoppiò a piangere. Potei solo stringerla fra le braccia, affondare la mano nei suoi capelli corti e scompigliati per avvicinare la sua testa al mio petto, nel disperato tentativo di tenerla vicina per consolarla, per non perderla più. Sapevo che lasciandola andare non l'avrei potuta più riabbracciare. Kiri affondò la testa fra le mie braccia, scossa appena dai singhiozzi, ritmici. Io trattenevo a stento le lacrime, carezzavo piano i suoi capelli.  Presi un respiro profondo, per riuscire a parlare: "Si sistemerà tutto, vedrai." Le dissi. Lo avevo già detto, prima, e la situazione era andata solo a peggiorare. In più questa volta avevo ancora meno speranze: mio padre non avrebbe cambiato idea. "Proverò a parlargli quando si sarà calmato e forse riuscirò a fargli capire che non stiamo facendo nulla di male, a convincerlo che- che" Balbettai. Che può amarmi lo stesso. Che sono suo figlio lo stesso. Lo avrei voluto gridare, ma sarebbe stata una bugia troppo sfrontata per dirla ad alta voce: pensavo che davvero Jake non avrebbe potuto amarmi così. Kiri alzò la testa dal mio petto, incrociò il mio sguardo tirando su con il naso: "Non vogliamo stare senza di te, Teyam." Lo disse con un filo di voce, lo stesso tono che aveva usato da bambina. Da piccola Kiri mi aveva abbracciato nello stesso modo, mi aveva parlato con quel tono quando era venuta a cercare conforto perché qualcuno l'aveva presa in giro, perché era caduta e il suo ginocchio si era sbucciato. E adesso Jake aveva la pretesa di dire che non poteva più essere mia sorella? Eravamo stati insieme una vita, noi quattro: Kiri non era esistita neppure un giorno senza avere un fratello maggiore, e così Tuk, così Lo'ak. Non c'era mai stato un giorno in cui nella nostra famiglia non ci fossi stato anche io. Se non quel giorno lì. "Neppure io voglio stare senza di voi, Kiri." Carezzai la sua guancia, asciugando con il dorso della mano qualche lacrima. "Quindi nessuno starà senza nessuno." Le dissi. Ero determinato a non perderle, che questo volesse dire mettersi contro Jake o meno: mi avrebbe dovuto uccidere per impedirmi di prendermi cura dei miei fratelli, così come aveva voluto uccidermi ogni volta che non me ne ero preso cura. "Teyam se papà ti vede vicino a noi ti uccide!" Protestò, ma non volevo sentire ragioni. "Che lo faccia!" Strillai di rimando. Kiri si era ormai liberata dall'abbraccio e mi guardava con la bocca mezza spalancata per la sorpresa. Ero sempre stato un po' in soggezione di Jake, anche perché non aveva mai esitato a suonarmele di santa ragione, ma ora era cambiato tutto: per quanta paura potesse farmi sapevo che non aveva il diritto di far soffrire le mie sorelle. "Continuerò a vedervi, se lo vorrete. Lontano da casa e dove non potrà scoprirlo." Kiri si portò una mano alla bocca, prese a mordicchiarsi le unghie, esitante. "Non lo so..." Cominciò a dire. "Penso che per Tuk tenere il segreto possa..." 
"Sistemerò tutto comunque, Kiri." Le dissi, sicuro, prendendole le mani nelle mie. "Nel frattempo avrei piacere di continuare a parlare con le mie sorelle e di non togliere a Tuk quel poco di stabilità che le è rimasto." Mentre finivo la frase vidi con la coda dell'occhio l'acqua agitarsi, qualcuno spuntare in superficie appena oltre il bordo del molo. Subito dopo vidi la testa di Rotxo fare capolino: il ragazzo ansimava e cercava qualcosa con lo sguardo davanti a sé. Quando lo trovò cominciò a parlare con la persona che era sbucata dall'acqua appena prima e si nascondeva dietro il bordo del molo, dove non potevo vederla. Capii subito di chi si trattava: "Tuk vieni qua! Tua sorella ha detto di restare con me!" Sentii Rotxo strillare. "Neteyam!" Qualcuno gridò. E un momento dopo Tuk mi era saltata in braccio: si stringeva al mio collo con le mani, affondava la testa nell'incavo della mia spalla. Sentii che piangeva. Le carezzai piano la schiena, la cullai appena: "Shh," Sussurrai al suo orecchio, cercando di calmarla. "Va tutto bene, mocciosa" Le dissi. Ero abituato al suo peso sulle braccia, abituato a sopportare che mi stringesse la vita con le gambe e che si sostenesse avvinghiando il mio collo. Tuk era stata in braccio a me tutta la sua vita, poco meno della metà della mia. Affondai anche io il viso nei suoi capelli, il profumo di salsedine e di mare che era rimasto intrappolato nelle sue trecce mi riempì le narici. Inspirai. "Non è successo nulla, Tuk, è tutto a posto." Mentivo e lei lo sapeva, ma comunque si calmò. "Papà ha detto che non potevamo più vederti!" Strillò anche lei. Me l'allontanai un pochino dalla faccia, sempre tenendola in braccio, per poterla guardare negli occhi. "Papà è molto arrabbiato con me, ma gli passerà." Le spiegai. Mi ero costretto a chiamarlo papà, rischiando di scoppiare in lacrime, ma riuscii a trattenermi. "Voi farete finta di non vedermi più e io, che non riesco a stare senza di voi," E nel dirlo presi fra le braccia anche Kiri "Continuerò a vedervi e a tenervi d'occhio." Kiri mi strinse in un abbraccio, Tuk affondò di nuovo la testa nel mio petto. "Nessuno può impedirmi di proteggervi" Lo sussurrai, forse a me stesso più che a loro, il cuore grave e il fiato corto. Nessuno poteva tenermi lontano da loro. Nessuno.  

THE ELDEST -atwow con gli occhi di Neteyam Sully-Where stories live. Discover now