Capitolo XXV

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Lo'ak non volle entrare nei dettagli di quello che era successo, quando me lo raccontò: eravamo soli, seduti con le gambe penzoloni sul mare sul pontile davanti alla nostra casa. I nostri genitori e le nostre sorelle stavano cenando, noi non avevamo avuto la forza di sederci con loro: la mia guancia ancora bruciava, Lo'ak sentiva ancora l'umiliazione nelle viscere. Mi raccontò che un Tulkun lo aveva salvato, che aveva stretto amicizia con lui, che in fondo non gli importava del torto che gli avevano fatto gli altri perché aveva stretto la mano ad Aonung e prendersi la colpa lo aveva reso suo amico. "In più" Mi disse "Aonung mi ha detto che lo hai quasi pestato di nuovo quando l'hai scoperto." Scoppiai a ridere. "Pensavo che lo avrei ammazzato quando mi ha detto che ti aveva lasciato lì" Lo'ak si strinse a me, poggiò la testa sulla mia spalla: "Mi dispiace che si siano arrabbiati con te, Teyam" La sua voce si era addolcita. Quella ora era una delle confessioni solite di Lo'ak, il suo modo per chiedere scusa. Faceva sempre così: mi faceva passare le pene dell'inferno per salvargli in qualche modo le chiappe, poi si accoccolava e sbiascicava qualche parola con quel tono stucchevole, riuscendo a mettere da parte l'orgoglio per qualche minuto e qualche minuto soltanto. Gli passai una mano fra i capelli, scrollando appena le spalle: "Non è colpa tua" Gli dissi. "Papà non è stato giusto." Mi sfiorai la guancia con le dita, nel dirlo. Lo'ak sospirò: "A me sembra non sia mai giusto." Mio fratello era sempre stato anche un po' drammatico. Scossi la testa con un sorriso. Lo'ak si stizzì appena, al sentirmi ridere: "Che vuoi?" Mi spinse appena. "Secondo me sei un bravo fratello maggiore." Lo disse e si tirò subito su dalla mia spalla, rosso in viso. In qualche modo quelle parole mi sollevarono un po' del senso di colpa che la strigliata di mio padre mi aveva lasciato sulle spalle. Sono i tuoi fratelli. Solo questo ti dovrebbe bastare. Aveva ragione, per quanto era stato ingiusto ad arrabbiarsi con me e Lo'ak. Aveva ragione e mi sentivo un verme che aveva mancato di voler abbastanza bene alla sua famiglia. Quindi sentirmi dire da Lo'ak che non facevo schifo mi sollevò un po' il morale.
I miei muscoli si rilassarono un po', gettai le mani dietro la schiena per sdraiarmi meglio sul pontile, d'improvviso più rilassato.
"Posso farti una domanda, Lo'ak?" Proruppi senza troppi fronzoli, il sorriso di nuovo fuggito. Lo'ak annuì.
"Perché diamine ti sei preso la colpa per Aonung?" Lo'ak scrollò le spalle: "Non volevo ci odiasse." Scossi la testa, voltandomi verso di lui con gli occhi indagatori: a mio fratello non era mai fregato nulla di chi ci odiava o chi ce l'aveva con noi. Lo'ak sentì il mio sguardo sulla pelle e si voltò dall'altra parte alzando le spalle: "Davvero." Disse. "Papà ci ha chiesto di fare amicizia e se dovremmo vivere qui-" Cose di cui sapevo a lui importasse meno di zero. "Dai, Lo'ak" Lo spinsi un po' io questa volta. "Non dire stronzate." Mio fratello si voltò di nuovo verso di me, il viso rosso come un peperone. Sbuffò appena quando mi guardò negli occhi: "Perché so che ti importa di lui" Finalmente confessò. Arrossii violentemente, pentendomi di averglielo chiesto, ricordando il Na'vi in ginocchio, il mio fisico che reagiva... Scostai lo sguardo. "Non mi importa di lui" Ribattei. Lo'ak rise. Lo spinsi di nuovo. "Penso ti importi di lui più di quanto a me importi di Tsyreia." Mi canzonava. "Razza di skxawng" Borbottai. "Non mi importa di lui in quel modo" Mi sentivo attaccato, ma il tono con cui mio fratello mi parlava mi rendeva sollevato. Almeno lui non mi avrebbe guardato con lo sguardo che mi aveva riservato mio padre quando mi aveva visto con Aonung. "Mhmh" Lo'ak rideva ancora, rumoroso. Gettai un'occhiata preoccupata alla capanna. "Convinto tu"
"Lo'ak finiscila!" Sbottai, ma ridevo.
"Che c'è, Teyam, ti mette in imbarazzo?" Scossi la testa: "Non è questione di imbarazzo, idiota, è che non hai capito nulla." Lo'ak alzò un sopracciglio. "Sicuro" Rispose ironico. Gli scoccai un'occhiataccia. "Secondo me ho capito fin troppo bene" Mi canzonò ancora, sbuffai: "Che vuoi capirne tu!" Mi alzai in piedi, perché di colpo stare seduto mi faceva venire le palpitazioni. "Siamo amici perché siamo simili, tutto qua" Continuai a giustificarmi, davanti a Lo'ak che rideva. "Siete amici quindi... perché lo vedi?" Lo scherzo si era spinto troppo oltre. Arrossii, scossi la testa, ma fui costretto a scostare lo sguardo per riuscire a trovare le parole per rispondere. "Certo che no, idiota." Risposi. Però dentro di me il dubbio infuriava: come esploso da una miccia lanciata su una pila di polvere da sparo. Vedevo Aonung? Come mio padre vedeva mia madre, come Ronal vedeva Tonowari, come si vede qualcuno che non solo si capisce, non solo si rispetta, ma si riconosce e si accetta in ogni vizio in ogni difetto? Lo vedevo come si vede e si prende eternamente con se qualcuno con cui si lega? Potevo vederlo se era un maschio come me? Arrossivo alle parole di Lo'ak, arrossivo ai miei pensieri, il mio corpo rispondeva alla vista di Aonung e alla voce di Aonung e alla vicinanza di Aonung. Non erano queste prove sufficienti? Mi scrollai di dosso i pensieri, voltando le spalle a Lo'ak. La capanna dove stava la mia famiglia accolse il mio sguardo: non c'era spazio per tutto questo casino di Aonung, tra loro. Quindi l'avrei solo dovuto ignorare fino a quando non fosse sparito. Il casino e magari Aonung con questo. "Non vedo Aonung e tu-" Mi rivolsi di nuovo a mio fratello, puntandogli l'indice al petto. "Tu dovresti farti gli affari tuoi e pensare a Tsyreia" Adesso ero io a canzonare: riprendere il coltello dalla parte del manico mi calmò un po'.  Fu Lo'ak ad arrossire. "Ti piace parecchio, eh?" Mi rimisi a sedere accanto a lui, sul pontile. Mio fratello annuì con un sospiro, passandosi una mano fra i capelli: "Mi manda fuori di testa" Ammise senza troppa vergogna. E un po' lo invidiai perché io non ci riuscivo. Gli strinsi un braccio attorno alle spalle: "Fratellino, ti sei cacciato in un bel casino" Siccome lo stavo già prendendo in giro, mi spinsi un po' oltre: Lo'ak protestò al sentirsi chiamare così, ed io scoppiai a ridere. "Ti ricordi dei guai che mi ha fatto passare Tanaite?" Lo'ak, al solo sentire il nome della ragazza con cui avevo avuto una mezza storia qualche anno prima, scoppiò a ridere così forte da dover gettare la testa indietro. Era stata una Na'vi bellissima, che mio padre e mia madre avevano insistito conoscessi e facessi mia amica e che si era presa una cotta di dimensioni astronomiche per me. Probabilmente mi sarei anche potuto innamorare di lei, se non fosse stata assolutamente insopportabile. "Se dovessi passare la metà dei guai che ho passato io-" Gli dissi, ridendo anch'io al ricordo di Tanaite che mi seguiva di nascosto, che cavalcava sotto le pattuglie di caccia in volo strillando il mio nome, che cercava di baciarmi a tradimento e di infilare la sua lingua ruvida e biancastra fra i miei denti in tutti i modi possibili. "Ritieniti molto, molto fortunato" Lo'ak mi spintonò stizzito, ma con un sorriso. "Non è per niente la stessa cosa." Risi ancora più forte: "La mia paura è più che tu finisca a fare come Tanaite più che Tsyreia..." Lo'ak si scrollò di dosso il mio braccio, scattò in piedi come gli avessi acceso un petardo sotto il sedere. "Non sarei per niente come Tanaite!"  Protestò come un bambino, il che mi fece ridere ancora di più, malgrado percepissi di starmi spingendo un po' troppo oltre. "Smettila, Teyam!" Lo'ak alzò un po' troppo la voce: mi voltai di scatto verso la capanna, dei rumori che all'improvviso arrivarono dall'uscio. Riconobbi l'ombra di nostro padre che incrociava le braccia sul petto: "Basta urlare." La solita voce da ordine ringhiato. Alzai appena gli occhi al cielo, Lo'ak si strinse nelle spalle e fece per rimettersi a sedere, mugugnando uno "Scusa", ma nostro padre non aveva finito: "Meglio se rientrate entrambi e andate a letto." Lo'ak mi guardò, supplicandomi con lo sguardo: era veramente presto per andare a letto, in più eravamo entrambi affamati e con gli animi agitati per la giornata, quindi sapevamo che avremmo passato le ore a rigirarci nei pagliericci senza conforto. Alzai di nuovo gli occhi al cielo e accontentai mio fratello con la voce timida: "Non facciamo più casino, signore, ma-"
"Dentro." L'occhiata che mi scoccò mi fece chiudere la bocca parecchio in fretta. Guardai mio fratello con le braccia alzate, in segno di resa. E quando nostro padre vide che non eravamo ancora scattati in piedi per ubbidire alzò un po' di più la voce. "Ho detto dentro. Adesso." Dire che era ancora furioso con noi sarebbe stato leggermente riduttivo. Mi tirai in piedi e seguì Lo'ak oltre l'uscio, beccandomi uno scapaccione leggero dietro la testa mentre sfilavo davanti a mio padre, come un ammonimento a non osare contestare di nuovo in quel modo. Senza scambiare una parola con nostra madre o con Tuk e Kiri ci infilammo nei letti e voltammo le spalle al centro della sala, cercando inutilmente di dormire. 

THE ELDEST -atwow con gli occhi di Neteyam Sully-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora