Capitolo XXXXIII

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Al calar del sole fui immobile, davanti alla capanna che pochi mesi prima avevo chiamato casa. Sentivo i rumori della gente che avevo chiamato famiglia, al suo interno: Neytiri che parlava sottovoce a Tuk, Kiri e Lo'ak che bisticciavano appena, Jake che smuoveva scodelle e recipienti della cena, forse rimettendoli al loro posto come aveva fatto ogni giorno della mia vita, forse facendolo in un modo a me completamente estraneo. Mi mancava il respiro. Cosa ci facevo qui? Il cuore mi martellava nelle tempie, mi bruciava il petto. Non avevo idea di quello che Jake avrebbe potuto dirmi: nella mia mente avrebbe potuto cercare di uccidermi così come avrebbe potuto riaccoglierni in casa sua. Mi accorsi di star tremando, mi chiesi perché diamine mi fossi presentato a casa loro. Poi cercai di inspirare profondamente, di infondere un po' di coraggio nei miei polmoni e di rallentare il mio cuore impazzito. "Calma" Sussurrai alla mia ombra, che tremolava appena dietro di me per la luce del focolare che irradiava dalla capanna. "Calma". Mi avvicinai alla tenda, appesantendo i miei passi perché all'interno si accorgessero della mia presenza. Mi schiarii la voce. Era esattamente come avere di nuovo dieci anni, esattamente come tornare a casa dopo aver perso l'arco che mio padre mi aveva affidato, o come cercare il coraggio di entrare un'ora più tardi rispetto a quando mi era stato detto di farlo. Il mio stomaco si era serrato allo stesso modo, la nausea mi riempiva fino alle orecchie come aveva fatto allora, solo che adesso la posta in gioco era molto più alta, adesso mi sembrava che sarei svenuto da un momento all'altro. "Jake?" Chiamai. La mia voce tremava. Immediatamente i rumori all'interno della capanna si arrestarono, come in ascolto. Chiamai di nuovo, questa volta la voce più ferma. Qualcuno dentro casa si mosse, oscurò per un istante la notte passando davanti al focolare. Dal solo fruscio dei suoi passi capii che era mio padre.
Mi si presentò davanti alla porta prima che riuscissi ad indietreggiare, o a voltargli le spalle per correre via. Mi mancò il fiato.
"Ciao, Teyam."
Jake mi salutò, si scostò appena dall'ingresso, gesticolando con le braccia per indicarmi di entrare. "Accomodati" Disse, con un filo di voce. Quella gestualità doveva essergli terribilmente innaturale: non aveva mai dovuto invitarmi ad entrare in casa sua come un ospite, prima d'ora. Prima d'ora non ero mai stato ospite, la sua casa non era mai stata diversa dalla mia. Ringraziai con un cenno della testa, per evitare di scoppiare in lacrime, ed entrai.

Appena misi piede nella capanna familiare mi parve di rinascere. Fui inondato immediatamente dal profumo della cena che i Sully avevano appena finito di consumare: il sapore del pane, del pesce e delle erbe preparate da Neytiri mi riempì le narici e calmò il cuore. Il calore che il focolare irradiava fra le pareti sollevò immediatamente i brividi dalla mia pelle seminuda ed il bruciore del suo fumo famigliare negli occhi fece sì che riprendessi a respirare con un ritmo normale. Fu come una risposta automatica: un guanto che calza senza fatica su una mano. Il mio corpo riconobbe la sua casa e si rilassò. Contava poco adesso che Jake avrebbe potuto legarmi ad una sedia e scuoiarmi vivo: ero a casa.
Mi sedetti prima di essere invitato a farlo, mi accorsi che al tavolo ero solo: i miei fratelli, che ero sicuro si trovassero a tavola prima, erano stati spediti nelle brande, il più lontano possibile all'Interno della casa, perché non sentissero l'intera conversazione. Jake si sedette davanti a me appena un attimo dopo. Mi accorsi che anche Neytiri aveva lasciato la stanza.
Jake si schiarì la voce, si sistemò meglio sulla sedia. Senza un suono, poi, mi porse la mano.
Mi accorsi di tremare quando le mie dita sfiorarono le sue per stringerle. Jake mi porgeva la mano perché la stringessi, come ad un suo pari. Jake, che pochi giorni prima era stato disgustato dalla mia sola vista, dall'idea di quello che potessi fare ai suoi figli anche solo con la mia presenza. Jake che mi avrebbe spaccato il cranio poche settimane prima. Jake, il padre che mi aveva ripudiato, mi stringeva la mano. I miei occhi si riempirono di lacrime che mi costrinsi ad inghiottire. "Devo ringraziarti per quello che hai fatto oggi." Jake parlò, cercando di sembrare fermo, ma la sua voce era morbida di lacrime. Si schiarii di nuovo la voce, poggiò anche l'altra mano sopra la mia. Mio padre mi teneva la mano. Un enorme macigno si sollevò dal mio petto. "Se questa guerra ora non ci coglie impreparati è merito-" Una lacrima mi sfuggì dalle ciglia. Non ricordavo un momento in cui il mio animo fosse stato più leggero. Jake scostò lo sguardo dal mio, lasciò cadere la testa nel vuoto. "Cazzo" Lo sentii appena sussurrare, mi accorsi immediatamente che anche lui piangeva.
Scattò in piedi, facendomi trasalire. Mi gettai all'indietro sulla sedia, ma quando alzai lo sguardo Jake aveva le braccia aperte, mi aspettava. "Vieni qua, ragazzo". Non mi alzai mai così velocemente. Mi fiondai tra le sue braccia, lasciai che il mio viso smagrito affondasse nel suo petto largo, che le mie lacrime gli bagnassero la pelle, che la mia nuca fosse avvolta dai suoi avambracci e che le mie gambe cedessero, perché lui sostenesse completamente il mio peso. Mio padre. Il suo odore testardo di foresta e i lineamenti familiari dei suoi muscoli. Mio padre. Eywa, quanto mi era mancato. Singhiozzavo. "Perdonami, Neteyam" Jake piangeva al mio orecchio. "Perdonami, ti scongiuro" Mi implorava, ma parte di me lo aveva già completamente perdonato. Parte di me non avrebbe mai potuto perdonarlo. Parte di me lo amava, lo accoglieva, affondava il volto nel suo petto. Parte di me lo odiava, bruciava di rabbia al contatto della sua pelle contro la mia. Mi divincolai dal suo abbraccio, tirando su con il naso. Potevo perdonarlo? Mi schiarii la voce, feci un passo indietro per liberarmi dalle braccia che mi avvolgevano le spalle. Sfiorai le dita di Jake. "Neteyam?" Mio padre mi implorava ancora, la voce morbida delle lacrime che gli tingevano le guance. Avevo la possibilità di far tornare tutto come prima. Poteva tornare tutto come prima? Mi morsi il labbro. "Jake-" Mi schiarii di nuovo la voce. "Jake..." Balbettavo. "Io- Io sono ancora-" Cercai il suo sguardo, incrociai i suoi occhi sgranati immediatamente, perché già cercavano i miei. "Sono ancora innamorato di Aonung." Riuscii a dirlo guardandolo negli occhi, la mia voce non tremava. Era un fatto per me, immutabile, come il susseguirsi delle stagioni, come la rugiada al mattino. Un fatto di natura, il volere di Eywa. Vidi le lacrime asciugare negli occhi di Jake. La dolcezza del momento sfumava. Si rizzò dritto, allontanandosi dal mio viso. D'improvviso mi guardava di nuovo dall'alto, il naso alzato, quasi a schernirmi. Sostenni il suo sguardo, mentre si riempiva di disprezzo. "I miei sentimenti per lui non sono cambiati" Insistei. "E se dovessero mai farlo-" Mi strozzai con le mie stesse parole. Forse erano lacrime. "Non cambierà quello che sono io" Feci un passo indietro. Jake aveva distolto lo sguardo, si guardava intorno con la mascella serrata. Tremava, nel tentativo di trattenere la rabbia, o forse il dolore che le mie parole gli procuravano. Le lacrime sul mio viso si erano asciugate. "Credo che questo faciliti le cose per te". Girai attorno al tavolo, avvicinandomi alla porta. Guardai Jake spostare il peso da una gamba all'altra, a disagio. "Neteyam, aspetta, io-" "Non c'è bisogno che tu lo dica." Lo interruppi. Un anno prima avrei avuto paura a farlo. "Si legge nei tuoi occhi che la cosa ti disgusta. Non posso dirti che lo capisco, ma lo accetto." Una lacrima si fece strada sulla mia guancia. Mi ripulii con il dorso della mano, per nasconderla da Jake, che stava girando attorno al tavolo per avvicinarsi di nuovo a me. "Teyam, mi dispiace davvero, io non-" Indietreggiai di nuovo. "Non ho bisogno che tu sia mio padre". Jake si arrestò, di colpo. L'avevo interrotto di nuovo e non mi importava. Le parole che uscivano dalle mie stesse labbra mi ferivano, almeno quanto ferivano mio padre, ma non importava. Dovevo affrontare la verità. Avevo avuto il mio ultimo abbraccio, la mia ultima compassione. Gli porsi la mano, sopra il tavolo. La verità era che Jake non mi avrebbe mai amato come avevo bisogno mi amasse, e dovevo accettarlo. Avevo guadagnato il suo rispetto, ma non avrei mai più avuto il suo amore incondizionato. Jake prese la mia mano. "Mi basta il tuo rispetto, da guerriero a guerriero." Gli dissi, il nodo di lacrime che mi aveva chiuso la gola per mesi che finalmente si scioglieva. Strinsi la mano a mio padre. "E vedrò le mie sorelle quando vorrò" Tenni la testa alta, la sua mano stretta nella mia, mentre lo dicevo. Non stavo più chiedendo il suo permesso. Non lo avrei mai più chiesto per nulla. Jake si lasciò scivolare un singhiozzo. "Ti sto implorando, Neteyam." Mise anche l'altra mano sopra la mia. "Perdonami." Sentii il mio labbro tremare, ma non abbassai lo sguardo. "So che ti ho ferito e so che non ne avevo il diritto, ma tu- tu..." Jake mi fu accanto, senza lasciare le mie mani. "Tu sei mio figlio." Mi avvolse un braccio attorno alla spalla. "Io ti amo Neteyam, tu sei una parte di me." Scossi la testa, cercai di divincolarmi. Sentivo solo l'amaro del suo disgusto sulla punta della lingua. Poteva negarlo, ma non nascondermelo. Jake mi strinse più forte a sé. "Sei il mio primogenito, il mio erede." Finalmente riuscii a liberarmi, indietreggiai rapido, come sfuggito alle spire di un serpente. "Non hai più nulla che io possa ereditare" Gli sputai quasi addosso le parole. Jake cercò di nuovo di raggiungermi, di sfiorarmi il viso. Mi ritrassi senza una parola. "Possiamo non essere d'accordo su questa storia di Aonung, ma io ti-" Mi voltai di scatto, gli diedi le spalle. Una fiamma improvvisa mi bruciava sulle guance. "No che non possiamo!" Sbottai. "Non capisci proprio, eh?" Mi voltai di nuovo verso di lui, incontrai la sofferenza nei suoi occhi. Mi piacque. Che soffrisse, come avevo sofferto io. "Questo è quello che sono! Non è una cotta, qualcosa che passerà con il tempo" Diedi un'ultima occhiata alla capanna. Non ci sarei più tornato, se non come ospite. Non era casa mia da tempo ormai, mi riuscii quasi facile accettare non lo sarebbe stata mai più. "Mi dispiace Jake, ma se non puoi capirlo non dire che mi ami." Gli porsi di nuovo la mano, guardai l'uomo stringerla con la bocca spalancata. Era incapace di trovare una risposta. Mi guardava soltanto, le lacrime che gli tingevano il viso. Era la prima volta che lo vedevo piangere. Non mi importava. Gli strinsi la mano. "è un onore riuscire ad essere utile a Toruk Makto." Voltai le spalle a mio padre. Uscii dalla capanna. Un peso era sollevato dal mio petto. Non avevo più bisogno che lui capisse. Ero libero.

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⏰ Last updated: Feb 09 ⏰

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THE ELDEST -atwow con gli occhi di Neteyam Sully-Where stories live. Discover now