Capitolo XVII

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Riuscii solamente a ricambiare il suo sguardo: i suoi occhi, di ghiaccio, fissi nei miei. Sentivo che se avessi provato a parlare la sua presa sul mio mento mi avrebbe solo fatto balbettare. Sentivo che se avessi usato il tono sbagliato, la voce sbagliata, avrebbe lasciato la sua presa su di me, si sarebbe allontanato. E non ero disposto a rischiare che accadesse. "Vuoi sapere perché ho picchiato Rotxo?" Incalzò. La sua voce era calda, si fondeva con lo scrosciare debole delle onde del mare sulla riva, si scioglieva sulle mie spalle come una coperta calda. Non gli avrei risposto solo per poter continuare a sentire la sua voce. Annuii appena, la presa che aveva sul mio vento si spostò sulla mia mandibola, risalì fin sulla mia guancia. 

Poi mi prese anche dall'altra parte, entrambe le mani poggiate sul mio viso. Eravamo così vicini che i capelli sulla mia fronte sfioravano i suoi ricci, così vicini che sentivo il sapore di frutta nella calda aria del suo respiro, il profumo del mare sulla sua pelle, così vicini che se si fosse sporto ancora un po', appena un centimetro, le mie labbra avrebbero sfiorato le sue. Sentivo il suo cuore martellare attraverso le sue mani sul mio viso: era in sintonia con il mio. "L'ho fatto..." Esitò appena. Dalle sue parole, il suo respiro mi inondò il viso: inspirai, e mi riempì i polmoni. Mi parve un abbraccio caldo, dall'interno. Vidi i suoi occhi indugiare sulle mie labbra. "L'ho fatto perché tu, Neteyam, tu mi-" Non riuscii più a trattenermi.

Le mie labbra toccarono le sue, le mie mani corsero sulle sue gambe nude, sui suoi addominali tesi. 

Un bacio.

Respirai.

E le mie mani scivolarono appena più in alto, sul suo stomaco nudo: i muscoli sotto le mie dita fremevano caldi. Le mani di Aonung passarono dalla mia mandibola al retro della mia testa, alla mia gola. Le sue quattro dita bastarono ad avvolgermi completamente: sentii il suo medio sfiorare il suo pollice. Era molto, molto più grande di me. E non esitò più. 

Continuò a baciarmi, sempre con più foga, la sua lingua si spinse fra le mie labbra, solleticò la mia, che vi si unì senza neppure me ne rendessi conto. E strinse la presa sul mio collo, mi tirò a sé, per baciarmi ancora più forte. E la sua mano da dietro la mia testa scivolò lungo la mia schiena, mi strinse al suo corpo. E continuò a baciarmi finché non mi ebbe gettato sulla sabbia, finché non fu su di me con il suo corpo, cavalcioni. E sentii che premeva contro di me, che incalzava. E sentii il mio sangue defluire dal mio corpo e raggrupparsi lì.

E fu allora che mi resi conto di cosa stavo facendo. 

Mi liberai dal bacio, mi divincolai dalla sua mano che mi forzava vicino a lui dalla mia gola, da quella che mi teneva premuto contro la sabbia, e gridai perché si sollevasse e mi lasciasse andare via. Ero inorridito: sentivo il pantalone tirare, la sabbia nei capelli, il segno delle sue dita sulla pelle del mio collo. Mi tirai in piedi e indietreggiai, guardando Aonung con gli occhi sgranati. Ancora era inginocchiato sulla sabbia, nei suoi occhi si leggeva la confusione, la delusione. Perché ora vai via? Pareva chiedesse. E poi: Sei stato tu a baciarmi
D'istinto mi pulii la bocca con il dorso della mano: il suo sapore di sale e di succo zuccherino mi riempiva la bocca, contaminava la mia saliva, macchiava le mie labbra. Mi parve mi avesse sporcato. "Perdonami" Gli dissi, un filo di voce che non sembrava neppure mio. "Non avrei dovuto." Lui mi guardò soltanto, senza parole. Gli voltai le spalle e fuggii, più lontano possibile, tutto nel mio corpo che mi implorava di restare con una forza di cui non avevo mai fatto esperienza. Lo avrei ignorato: eravamo entrambi maschi, Eywa non aveva pensato il legame per essere così. Giunsi ad una scogliera solitaria, i polmoni di nuovo in affanno. Mi lasciai cadere sulla roccia e piansi. Piansi tutte le lacrime che avevo, troppo fiero, troppo stupido, troppo abituato ad ignorare ciò che provavo per chiedermi perché lo stessi facendo. Piansi solo. L'eclissi era passata da ore. 

Quando Lo'ak mi trovò avevo ancora gli occhi pieni di lacrime, i singhiozzi che mi impedivano di respirare normalmente. Mio fratello mi cercava saltellando per la spiaggia, chiamando piano il mio nome: "Neteyam!" Mi ricordai di come il mio nome era uscito dalle sue labbra salmastre e dolci insieme, piansi più forte. E allora Lo'ak sentii i miei sussulti e fece capolino da oltre lo scoglio che mi nascondeva alla vista: "Teyam!" Quasi esultò nel dirlo. Prese a scavalcare gli scogli, senza smettere di parlare neppure per un secondo: "Ecco dove diamine ti eri cacciato, sono passate ore dall'eclissi e cominciavo ad avere paura fossi tornato a casa senza di me e che papà quindi-" Si lasciò cadere accanto a me, e finalmente si accorse dello stato in cui ero. "Stai piangendo?" Era scioccato, il tono con cui me lo chiese alterato dall'assoluta sorpresa della cosa. Non ero uno che piangeva spesso, anzi, le uniche volte che Lo'ak poteva avermi visto piangere dovevano essere state il giorno dell'attacco, il giorno della partenza, e quella unica volta a sette anni che una strigliata di mio padre era stata troppo severa anche per me. Mi avevano insegnato a non piangere, ed era come avessi perso la necessità di farlo. Eppure ora piangevo, e Lo'ak mi vedeva piangere. Si fece prendere quasi dal panico quando tirai su con il naso, rispondendo praticamente alla sua domanda: "Cosa?! Ma tu non piangi mai, Teyam, tu non sei- Tu non- Io cosa...? Chi è morto? Teyam...?" Si spostò di fronte a me, mi prese le spalle. "Che diavolo è successo, Teyam?" Mi scosse appena. Singhiozzai solo. "Avanti! Dimmelo! Cosa ti è successo!?" Quasi gli scoppiai a ridere in faccia, tra le lacrime: aveva gli occhi fuori dalle orbite dalla paura, la fronte imperlata di sudore, i capelli completamente fuori posto e le scompigliature che portavano l'impronta di Tsyreia. Sembrava un pazzo. Sorrisi appena, i singhiozzi un po' più calmi. "Ho fatto una cazzata colossale" Spiegai, senza spiegare in vero un fico secco. Lo'ak si accigliò, mi guardo per bene, studiando la mia espressione.
E d'improvviso trasalì: "Tu l'hai baciato!" Gridò. D'istinto gli misi una mano sulla bocca: "Shh! È piena notte razza di skxawng" Lo'ak sgranò ancora di più gli occhi, la bocca coperta dalla mia mano. Mi implorava di lasciarlo parlare. "Prometti di non gridare?" Gli chiesi. Non vidi mai mio fratello annuire così forte. Lasciai la presa sulla sua bocca. "L'hai baciato!" Ripeté, a voce più bassa. Annuii appena, passandomi una mano fra i capelli. "Sei un grande, bro!" Era esaltatissimo. Mi diede un pugnetto sulla spalla, e mi sentii morire ancora di più. Possibile? Che lui non mi vedesse sporco come mi sentivo? Mi sembrava di essermi macchiato di qualche colpa, di qualche peccato imperdonabile, mi sembrava che mio padre, mia madre, l'intero clan mi avrebbe rifiutato, mi sembrava che Eywa mi avrebbe rifiutato: il peccaminoso mezzo Na'vi che non sarebbe mai ritornato alla terra. Eppure Lo'ak sembrava solo contento per me. Scossi piano la testa: "Non capisci Lo'ak, è stato..." Cos'era stato? Meraviglioso. Un errore. Un terribile e imperdonabile errore: Pandora mi avrebbe rifiutato, lui non mi avrebbe più guardato allo stesso modo. E adesso, poi, mi pareva di odiarlo. Sì. Lo odiavo perché mi aveva sporcato, con le sue labbra grandi e i suoi occhi azzurri... "Ho fatto un errore." Riuscii appena a sussurrarlo a mio fratello, prima di scoppiare di nuovo a piangere. Sentii il braccio di Lo'ak che mi avvolgeva le spalle: "Ti ha rifiutato?" Chiese, in appena un sussurro, come avesse avuto paura di quello che le sue parole potevano causare in me. Scossi la testa: "No." Tirai su con il naso. "No, non mi ha rifiutato" Le immagini di Aonung che si premeva contro il mio corpo, che mi stringeva la gola per baciarmi di più, che imponeva la sua lingua contro la mia, mi balzarono alla mente. Mi sfiorai il collo, dove lui l'aveva toccato e stretto, con la mano. Rabbrividii. Lo'ak sorrise, ma si accigliò: "E allora perché pensi sia stato un errore?" Me lo chiese con la naturale idiozia che solo lui poteva avere. Possibile non lo vedesse? Che fosse davvero così sciocco? Scrollai le spalle, ingoiai il nodo che avevo alla gola. "Siamo entrambi maschi, Lo'ak." E la mia risposta si perse nel silenzio, nel vento di Eywa. 

THE ELDEST -atwow con gli occhi di Neteyam Sully-Where stories live. Discover now