Capitolo VII

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Scendemmo fino al torrente, facemmo il bagno fra i pesci che rendevano l'acqua turbolenta, smuovevano la sabbia del fondale.

All'eclisse, uscimmo dall'acqua, scrollandoci di dosso le alghe e le foglie rimaste attaccate alla nostra pelle. Era tardi, ma non era una giornata come le altre. Arrivano a casa con il buio, ma alla luce delle torce del villaggio, vedemmo le nostre sorelle poggiate con l'orecchio contro il muro di casa. Tuk cercava di sbirciare l'interno dalla fessura fra il muro e il pavimento. "Che succede?" Lo'ak si avventò contro il muro per primo. Kiri gli fece cenno di fare silenzio, si voltò verso di me: "Sono mamma e papà: litigano." Appoggiai anche il mio orecchio contro il muro, cominciai ad ascoltare anche io.

"Non puoi chiedermi questo." La voce di nostra madre tremolava per le lacrime. "Neytiri io- Io non ho un piano." Anche mio padre esitava a parlare: "Non ho idea di che cosa fare. So solo che voglio proteggere la mia famiglia. E questo, questo posso farlo." Si sentirono dei passi: mia madre. "Mio padre mi ha affidato questo arco mentre moriva! Con il compito di proteggere il popolo! Tu sei Toruk Makto!"
"Hanno quasi preso i nostri figli! Li stringevano per il collo e gli puntavano il coltello alla gola!" Lo'ak ed io ci scambiammo uno sguardo. Poteva essere colpa nostra? Quello che ci stava per succedere? "Non cercavano qualcosa che potesse essergli data dal popolo. Cercavano noi, i nostri figli!" Sentii Tuk deglutire, le poggiai la mano sulla spalla, mio padre continuò, oltre la parete: "L'unico modo che abbiamo per tenere il popolo al sicuro, per tenere la nostra famiglia al sicuro, è andare via, il più lontano possibile da qui. Il popolo sarà lasciato in pace." Udimmo nostra madre prorompere in un singhiozzo. "So di chiederti tanto..." I passi di mio padre che si avvicinava a lei. "Ma io so che ovunque andremo...Questa famiglia sarà la nostra fortezza." Mia madre piangeva. Tuk si era voltata verso di me, mi si era gettata in braccio. Le carezzavo i capelli. "Ce la caveremo, vedrai. Ce la caveremo."  Mio padre consolava mia madre. Ripetei le sue parole a Tuk, che aveva già cominciato a piangere: "Non voglio andare via!" Le baciai la testa, anche Kiri si era voltata verso di me, le lacrime negli occhi; Lo'ak mi guardava, aspettando dicessi qualcosa con l'espressione preoccupata. "Vedrai- Vedrete che papà avrà pensato a tutto." Dissi, incapace di dire altro. "I Sully restano uniti, ricordate?" Tuk tirò su con il naso, annuendo: "I Sully restano uniti" Ripeté, seguita ben presto da un sussurro di Kiri e Lo'ak. I Sully restano uniti

Rientrammo in casa dopo un'ora abbondante: aspettammo che Tuk si fosse calmata, che anche Kiri ebbe finito di piangere, e le riportammo a casa. Mio fratello mi stava stranamente vicino, quasi aspettasse il suo turno per chiedermi conforto, ma senza dire nulla. Rientrammo nella capanna che la cena era già in tavola, anzi, che i nostri genitori avevano già finito di mangiare. Quando entrammo, nostro padre scattò in piedi, ci venne subito in contro, tirandosi in braccio Tuk. "State bene?" Chiese: sembrava appena preoccupato, ma sapeva che non eravamo in pericolo, perché non aveva mandato nessuno a chiamarci, nessuno a cercarci. Si rivolse a me: "Vi sembra l'ora di tornare?" Schioccai la lingua, sedendomi a tavola, Lo'ak e Kiri che mi imitavano. "Abbiamo sentito la vostra conversazione." Risposi. Mio padre ghiacciò per un momento, gettò un'occhiata a mia madre, che alzò le spalle. "Abbiamo aspettato che Tuk smettesse di piangere per tornare." Lo dissi quasi in un sibilo, lasciando intendere a mio padre (e a lui solo) cosa ne pensassi io di quella partenza. Tuk nascose il musetto nel collo di mio padre: "Voglio restare a casa!" Piagnucolò. Mio padre se la strinse a sé. "Non abbiamo scelta, ragazzi. è l'unico modo per tenervi al sicuro tutti." Era dispiaciuto, terribilmente. Mia madre gli posò una mano sulla spalla. "Domattina ci sarà la cerimonia, poi partiremo." Fu lei a parlare, quasi per lasciare a mio padre il tempo di ingoiare il groppo che aveva in gola. "Lo'ak puoi controllare che gli ikran riposino?" Mio padre riprese possesso di sé. Lo'ak annuii. "Poi cercate di riposare" Disse. "Ci aspetta un lungo viaggio." 

I miei fratelli andarono a letto, uno dopo l'altra, prima di me che, per qualche motivo, rimasi seduto davanti alla ciotola svuotata della cena. Volevo sapere come mi sarei dovuto comportare, davanti a loro e davanti ai miei fratelli, che cosa sarebbe stato meglio fare. Volevo sapere che cosa i miei genitori si aspettassero da me, che cosa dovessi aspettarmi io dal futuro. Volevo sapere se mio padre era arrabbiato con me. Mia madre si accorse subito della mia espressione, mentre me ne stavo seduto lì, senza sbiascicare parola: "Dovresti riposare anche tu, Neteyam" Mi scompigliò le trecce, ma guardava il suo compagno. Carezzandomi le spalle, si allontanò, dirigendosi alla stanzetta delle ragazze. Mio padre si sedette davanti a me. Trattenni il fiato. "Sei stato bravo, oggi." Mio padre spezzò il ghiaccio. Parlava ancora di questa mattina. Le immagini degli avatar che avevo ucciso mi balenarono alla mente. "Lo'ak ti ammira." Non capii esattamente come questo si collegasse a quello che stava dicendo, ma ringraziai. "Kiri e Tuk sanno che sarai sempre lì per proteggerle." Gli occhi gialli di mio padre, da che sorridevano, tornarono seri. "Voglio che le cose restino così, Neteyam." Era una richiesta, quasi disperata, non un'ammonizione. "Questo è l'atteggiamento che dovrebbe avere un fratello maggiore. Quello che mi aspetto da te." Mi guardò, attraverso le sopracciglia: "Pensi di poterlo fare?" Annuii appena. Mio padre si avvicinò a me, gravemente, mi poggiò le cinque pesanti dita della mano sulla testa, e mi guardò dritto negli occhi gialli: "Se dovesse succedermi qualcosa, diventeresti tu l'uomo di casa, se-" Lo interruppi, ma solo con una smorfia silenziosa. Con l'altra mano mi alzò il mento verso di lui: voleva che lo guardassi negli occhi mentre me lo diceva. "Se dovesse succedere qualcosa a me e a tua madre, sarai tu a fare le mie veci. La responsabilità di tenere i Sully uniti ricadrà su di te." Sentivo un nodo alla gola, al ripudio del pensiero che qualcosa potesse accadere ai miei genitori. "Neteyam, guardami. Tu ne sei capace." La fiducia, nel suo tono, mi riempì in qualche modo di fierezza. "Esattamente come ne sei stato capace oggi." Annuii appena, una lacrima silenziosa che si faceva strada sulla mia guancia. Mio padre la raccolse con il suo pollice ruvido. "Voglio che Tuk trovi sempre conforto in un tuo abbraccio, che Lo'ak continui a fare il cretino per impressionarti, che Kiri litighi con te perché da te si aspetta sempre di meglio, voglio che- voglio che quando non ci saremo più noi, voi restiate uniti, così come vi vedo uniti adesso. So che tu puoi rendere qualcosa del genere possibile." Singhiozzavo. "Ne sarai perfettamente capace, Neteyam." Non usava più i 'se', aveva abbandonato anche i condizionali. Piansi fra le sue braccia come Tuk aveva pianto fra le mie, qualche ora prima. "Sii il fratello maggiore che mi aspetto tu sia, Teyam." Mi carezzava i capelli. "So che non mi deluderai."

La mattina, dopo la cerimonia, partimmo. E il volo fu senza soste, senza rallentamenti di ritmo. Gli Ikran volavano, veloci ma non sotto sforzo, noi ci aggrappavamo a loro: il vento di una zona che asciugava la pioggia che ci era caduta addosso dall'attraversamento di un altra. Uscimmo dalla foresta e cominciammo a cavalcare sopra il mare. La traversata sembrava non finire mai: sotto di noi, tutto era uniforme, tutto era uguale. Kiri restava appena indietro, sul suo Ikran, di tanto in tanto, rallentavamo un poco, per aspettarla, ma quando ci raggiungeva ripartivamo alla velocità di prima. Tuk, sull'ikran di mia madre, dormiva. Passò un giorno, una notte. 

E infine arrivammo: le coste del reef si accendevano sotto di noi, il clan Metkayina annunciava la nostra presenza soffiando in una conchiglia. Arrivavamo, stranieri, fuggiaschi, senza nulla da offrire. Reietti, a malapena Na'vi. Stanchi, affamati. Selvatici e selvaggi come la foresta che avevamo lasciato. Dal cielo, come il nemico. Arrivavamo per chiedere Uturu, senza avere neppure del lavoro da offrire. 

THE ELDEST -atwow con gli occhi di Neteyam Sully-Where stories live. Discover now