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Eunji ascoltava con attenzione le parole di Hazuo, mentre si incamminava verso la machiya che lui e Hana condividevano ormai da molto tempo

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Eunji ascoltava con attenzione le parole di Hazuo, mentre si incamminava verso la machiya che lui e Hana condividevano ormai da molto tempo. Il cielo si era oscurato e la pallida luna piena rischiarava il cammino del principe, che non aveva mai abbandonato i suoi ideali, neanche per un giorno, da quando era stato cacciato dal proprio regno.

«Il magistrato ha molte guardie, ma riusciremo a sconfiggerle. Ti liberemo la strada e tu dovrai ucciderlo, prima che possa riuscire a mettersi in salvo» lo istruì il suo alleato, un giovane poco più grande di lui, figlio di un funzionario che da tempo sognava di mettere a tacere lo stolto vecchio che spadroneggiava sulle terre di Haruna, impoverendole. «Io e gli altri abbiamo tracciato una mappa della sua magione, te la porterò prima dell'alba.»

Eunji annuì, fermandosi di fronte le porte della propria dimora. «Grazie, Hazuo. Mi troverai qui.»

Hazuo si allontanò in fretta, confondendosi alla folla. Eunji preferì salire in veranda e aprire le porte, per ricongiungersi alla famiglia. Sapeva che non c'era solo la moglie, oltre quella carta di riso, intenta ad aspettarlo.

«Hana» la chiamò Eunji, osservando la donna in ginocchio di fronte al tavolo basso che dominava la sala da pranzo. Stava ricamando dei fiori di ciliegio su della seta bianca, mentre il piccolo Jun, il loro unico figlio, tirava le gonne della madre cercando di attirare la sua attenzione.

«Otou-sama!» esclamò il piccolo, saltando in piedi e allargando le braccia. «Sei tornato!»

Eunji sorrise e si avvicinò al tavolo, posando una carezza sulla testolina del primogenito. «Sì, e vorrei mangiare qualcosa se a tua madre non dispiace.»

«Ti è andata bene, caro. Oggi sono riuscita a comperare del pesce fresco e... ahi!» esclamò Hana, essendosi punta un dito. Aveva le mani rovinate, non erano più morbide come un tempo, visti tutti i ricami che si impegnava a creare pur di guadagnare qualche soldo di più.

Eunji si inginocchiò accanto a lei e le prese la mano ferita. «Molto presto non dovrai più ricamare, te lo prometto» le promise, accarezzandole le nocche.

«Vuoi forse ingannarmi?» sorrise la donna, alzandosi in piedi per poi dirigersi verso il piccolo irori scavato nel pavimento, sopra cui una pentola ciondolava in attesa di essere sfruttata.

«Non mi piace ingannare le persone. Se devo fare o dire qualcosa, non mi faccio scrupoli. Lo sai bene» la redarguì Eunji, afferrando il figlio e posandolo sulle proprie gambe. Jun lo guardò contento e appoggiò la testolina sulla sua spalla. «Oggi ne ho sentite abbastanza, alla casa del magistrato. Mi tiene d'occhio, quel vecchio pazzo. Sai che ha intenzione di mandare altri tributi a Sunju? Se continua di questo passo la contea non avrà risorse per affrontare l'inverno.»

Eunji sibilò quelle parole con veleno. Non si era mai recato ad Haruna prima del suo esilio, ma gli era bastato viverla per qualche mese per comprendere in che stato fosse ridotta la terra di sua madre. C'era povertà, la maggior parte delle persone erano analfabete, piegate dalle tasse che provenivano dal suo regno. Tutto ciò era imperdonabile.

Cieli di Sangue - La nuova dinastiaWhere stories live. Discover now