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Il sonno, alla fine, era giunto prima del solito per Hana

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Il sonno, alla fine, era giunto prima del solito per Hana. Dopo aver consegnato i ricami agli empori di fiducia, aveva fatto ritorno insieme a Jun nella machiya, preparando una cena contenuta per evitare sprechi. Quella sera Eunji sarebbe rientrato solo in tarda nottata, visti i suoi impegni dal magistrato. Hana aveva giocato con Jun, pur con la stanchezza addosso, e aveva pensato a quanto era accaduto a Sunju. Non le mancava il palazzo, né la vita di corte, nonostante le condizioni umili in cui entrambi erano caduti. A lei bastava tutto ciò che avevano, non chiedeva niente di più, ma sapeva che il cuore di suo marito scalpitava dentro la sua costante ambizione.

Lo aveva perdonato, nonostante ciò che era accaduto. Non avrebbe permesso ad un figlio di crescere senza il proprio padre, e poi Hana sapeva di amarlo oltre se stessa, sebbene fosse un amore difficile, coltivato con immane fatica.

Non avrebbe rinunciato facilmente a lui e ancora credeva nel loro vivere insieme.

Così, si era addormentata sul futon, insieme a Jun, che si era attaccato al suo collo come quando capitava che il padre fosse assente. Hana non lo aveva allontanato, le piaceva sentire il profumo del figlio, sparso fra le ciocche brune, e accarezzare la sua pelle delicata che le faceva dimenticare ogni disanima.

Almeno finché, nel cuore della notte, non si udirono dei rumori fuori dalla dimora. Jun fu il primo ad alzarsi, scattando a sedere sul bordo del letto.

«Okaasama?» Il bambino le passò una mano sul viso per svegliarla, ma Hana si era già accorta di tutto.

«Non avere paura, Jun, sono qui» lo rassicurò, inginocchiandosi. Si infilò una lunga veste di cotone, una di seconda mano, la sola che poteva permettersi, i cui ricami non erano perfettamente allineati.

«Cosa succede, okaasama?»

I rumori si trasformarono in frastuoni di grida e gong che risuonarono fin dentro la dimora.

«Lo scopriremo presto.» Prese la mano di Jun e si diresse verso la finestra, aprendola affinché potessero scorgere insieme cosa stesse accadendo.

«Ho paura! Mio padre è lì fuori!»

«Forse è colpa di tuo padre tanta agitazione...» mormorò Hana, dubbiosa.

In fondo, pochi giorni prima aveva notato come suo marito fosse riflessivo e sempre affiancato dalle stesse persone. La tensione era stata alta e si era trattenuto spesso fuori casa, ritornando sempre dal distretto nord: là dove si ergeva la dimora del magistrato.

Decisa a non attendere di vederlo tornare, Hana vestì Jun, promettendogli di andare alla ricerca del padre. Gli mise una piccola casacca nera e dorata, simile a quella di Eunji, e poi si occupò di lei, infilandosi velocemente un paio di sandali. Uscì in fretta fuori, tenendo Jun in braccio, intento a sgomitare perché la madre non perdesse tempo.

Hana si diresse verso la casa del magistrato, attraversando buona parte della città, ma appena arrivò trovò davanti a sé una distesa di cadaveri. Guardie. Deglutì a vuoto e coprì lo sguardo di Jun, non guardasse oltre. Non voleva che si abituasse tanto presto al sangue e alla violenza, era ingiusto.

Cieli di Sangue - La nuova dinastiaWo Geschichten leben. Entdecke jetzt