2.15

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Areum camminò lesta in direzione del falò centrale, ogni volta che avanzava gli stivali di cuoio affondavano sull'erba già umida a causa della pioggia

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Areum camminò lesta in direzione del falò centrale, ogni volta che avanzava gli stivali di cuoio affondavano sull'erba già umida a causa della pioggia. Il cielo diventava bianco, spesso e volentieri, a causa dei lampi sempre più opprimenti, ma non si poteva venire meno al rito propiziatorio prima di una battaglia.

La ragazza ansimò, sentendo la pioggia mescolarsi alle lacrime che si era permessa di versare, e quando raggiunse il falò più grande vide tutti i generali lì riuniti, insieme alle loro mogli e figli, con le tazze di airag in mano pronti a lasciar scivolare il latte dalle loro dita.

Areum rimase ferma, cercando l'estremo nord della pira infuocata dove sostava il khan insieme alle sue mogli. Tomur sedeva insieme a Ovaal su dei tappeti, Delger e Baylagh sostavano ai due lati opposti. Lo sciamano della tribù, invece, officiava il rito elevando canti verso il cielo. Uno strano odore di erba bruciata si disperdeva nell'aria, il vibrato della voce di quell'uomo, misto ai rombi del cielo e lo strimpellio degli strumenti a corda, era suggestivo. Ricordava ad Areum l'inizio di un incubo.

L'inizio di una sera di fine estate, in cui Yong, in preda alla follia, l'aveva svegliata a calci. Erano bambini, dormivano ancora nello stesso letto. Fu l'ultima notte che lo fecero.

Areum si passò le mani fra i capelli e si avvicinò al falò, cercando lo sguardo di Baylagh. La donna aveva ancora il velo nero sul capo, sembrava uno spirito, un fantasma, eppure, aveva come l'impressione che anche lei la fissasse.

«Il Cielo Azzurro ci darà la vittoria!» esordì lo sciamano. «I suoi fulmini sono colmi di rabbia nei confronti dell'audacia dimostrata da Ogodei. Quell'uomo sarà la causa della sua stessa rovina. Il Cielo sta parlando!»

Areum sollevò lo sguardo verso le nubi nere, ricordando ancora.

Yong era sceso dal letto e aveva rovesciato al suolo ogni lanterna. Diceva di volerla uccidere, di voler morire a sua volta. Areum aveva strillato, finché suo padre non era accorso a salvarli dall'incendio che si era propagato nelle loro stanze. Quella sera, Naemul avrebbe voluto lasciare Yong bruciare in mezzo alle fiamme. Era stata Rong Le a tirarlo fuori, lo aveva difeso fino all'ultimo.

Allora erano cominciati i problemi a causa della successione. Quando Naemul si era reso conto di quanto Yong fosse instabile. E adesso era lei quella instabile, a causa delle parole del gemello. L'altra metà della sua anima, come le avevano ripetuto tutti.

Areum si avvicinò ancora di più nel vedere le mogli dei generali e del khan sollevarsi per intingere le dita nell'airag e spargere il liquido al suolo, a destra, a sinistra e in fronte.

«Per la serenità del Cielo Azzurro, per la prosperità dei vivi e per la memoria dei defunti» mormorò Areum, la preghiera rituale tipica del Khusai, che si andava ripetendo al procinto di ogni battaglia.

Baylagh si sollevò in piedi di fronte la sacralità del gesto, Areum la vide posare una mano sul braccio del khan e carezzarlo, in un gesto dolce. Gli sussurrò qualcosa all'orecchio e Tomur annuì, senza staccare gli occhi dal falò. Era concentrato, nemmeno la tempesta imminente sembrava turbarlo.

Cieli di Sangue - La nuova dinastiaWhere stories live. Discover now