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La luce del tramonto bagnò le gher degli Shonin, immobili tra le sabbie del deserto

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La luce del tramonto bagnò le gher degli Shonin, immobili tra le sabbie del deserto. Il feltro si colorò di rosso, in memoria dei tempi in cui il sangue della tribù aveva rappresentato un potere invincibile. E Saran desiderava che la sua tribù tornasse forte come un tempo.

Nonostante si fosse poco a poco abituata alle temperature calde del sole, coperta da un rida' di stoffa pregiata, non aspettava altro che smontare dal proprio destriero, affondare i piedi nella sabbia e salutare coloro che aveva lasciato per portare a termine i suoi doveri.

Il cappuccio pesante le scivolò sulla fronte, lo spostò, solo per poi voltarsi verso Yul che la seguiva al fianco. «Ora avrai modo di conoscere le nostre abitudini notturne e ammirare il cielo stellato.»

Il ragazzo, a cui poco a poco si stava affezionando di più, sorrise alle sue parole, illuminando il volto abbronzato. Si avvicinò, tirando le redini del cavallo per farlo fermare. «Non aspetto altro che scoprire le bellezze di cui mi hai narrato.»

«Una di queste bellezze sono io» scherzò Saran, quasi incredula al modo di fare leggero che aveva assunto. Non le era capitato quasi mai di sentirsi in quel modo e ne era ben contenta. Fece scivolare sulle spalle il cappuccio, così che la coda di capelli fosse accarezzata dal vento.

In quel momento, al limitare delle ultime gher, vide Bayan. Il piccolo era in sua attesa con le mani sui piccoli fianchi, le labbra inclinate in basso denotavano uno stato di irrequietezza. Doveva esser rimasto deluso dalla lontananza della madre, poiché non vi era abituato.

Non appena il bambino strabuzzò gli occhi, riconoscendola, fece un piccolo salto e le corse incontro, a gran velocità, superando la piccola duna di sabbia che li divideva.

«Sei tornata!» urlò, ridendo felice, per poi tirarle i lembi chiari della veste, sconosciuti per Saran.

Gli Shonin erano soliti confondersi con le tenebre notturne.

Yul si affacciò dalla sella con curiosità, per poi smontarvi e avvicinarsi a Bayan. Gli sfiorò i capelli serenamente, poiché sembrava non aver compreso una tale evidenza. «Saran, non mi avevi detto di avere un fratello!»

Bayan fece un passo indietro, indispettito, e fissò il nuovo arrivato in modo sospettoso. «Fratello?» scosse la testa. «Sono suo figlio!» precisò, per poi guardare la madre. «Chi è uomo tutto colorato?» lo indicò, quasi gelosamente, mentre il deel arancione di Yul raccoglieva gli ultimi frammenti del sole.

Saran deglutì a vuoto, passando stancamente una mano sulla fronte. Aveva evitato di raccontare a Yul quel particolare, per timore che potesse rifiutarla.

Lui sgranò gli occhi, incupendosi improvvisamente. «Non sapevo che avessi un figlio, avresti dovuto dirmelo» sussurrò.

Di fronte a una tale considerazione, Saran evitò di rispondere a Bayan e si avvicinò a Yul, afferrando le redini del suo cavallo come a volerci giocare. «Temevo che avrebbe potuto compromettere la nostra relazione.» Cosa doveva fare, dire la verità? Affermare che Bayan avesse nelle vene il sangue del principe ereditario di Sunju? No, non voleva far credere a nessuno quanto fosse stata debole, in passato. «Anni fa sono stata presa con la forza» mormorò al suo orecchio. «Bayan ne è stato il frutto.»

Cieli di Sangue - La nuova dinastiaWhere stories live. Discover now