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Non era per niente facile

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Non era per niente facile. Non era mai riuscita a controllarsi, in diciannove anni di vita, e ora all'improvviso ne aveva la possibilità. La paura non la lasciava mai del tutto; temeva di ferire qualcuno, di perdere il controllo, ma anche che Erik si stancasse di lei capendo che non valesse la pena sforzarsi in quel modo per una ragazza come tante quando c'erano centinaia di donne più promettenti che non gli avrebbero causato problemi.

Essere sempre e solo usata, mai la prima scelta, non aver mai avuto la possibilità di fidarsi o di lasciarsi andare del tutto con qualcuno l'aveva cambiata. La sua anima era segnata tanto dalle persone che aveva ucciso o ferito tanto da quelle che avevano ferito lei. Il suo cuore si era precluso troppo a lungo ciò che avrebbe desiderato per paura di essere respinta, o di fare del male. Non aveva pensato a sé stessa neppure una volta, ma ora basta: era decisa a darsi ciò che meritava.

La sua vita era strana e imprevedibile. Quando aveva chiesto a Nardini di addormentarla non aveva pensato davvero di risvegliarsi; aveva serbato la speranza che il regno venisse salvato da qualcun altro - qualsiasi cosa ciò implicasse, di cui ancora non era certa - e di potersi godere la pace eterna senza mancare in senso letterale alle promesse fatte alla madre. E invece si era ridestata, contro ogni aspettativa, e aveva trovato un gruppo di folli che si definivano suoi seguaci, pronti ad aiutarla a riconquistare il potere, e un intero regno terrorizzato da lei.

Aveva combattuto e distrutto, perché il suo potere era stato trattenuto così a lungo che non c'era stato modo di impedire che esplodesse. Aveva ferito Erik e l'aveva quasi ucciso, ma la sua coscienza l'aveva convinta di non essere un'assassina. Era scappata e aveva vissuto da latitante per qualche tempo, rubando e uccidendo. Alla fine era stata ripresa e sbattuta in una cella, con Haal a torturarla.

Riguardandosi indietro, non si riconosceva in nessuna di quelle azioni. La Cassandra che era stata cent'anni prima non avrebbe avuto quel coraggio. Forse in qualche modo il tempo di pace concessole l'aveva fatta maturare, cambiare. O forse era stata la possibilità di ricominciare, vivere un'altra vita senza suo padre. Era tutto complicato e doloroso ma, allo stesso tempo, quella specie di seconda vita era una benedizione; senza non avrebbe conosciuto Erik.

Non poteva dire di non essere pentita di ciò che l'aveva portata lì, perché era pur sempre stato un omicidio da lei commesso, le cui vittime erano peraltro le due persone cui teneva di più al mondo: sua sorella e il suo promesso sposo.

Tuttavia si sentiva felice come cent'anni prima avrebbe potuto solo sognare. Pensò che le cose nella vita non possono sempre andare bene; a volte capita qualcosa che scombussola tutto, e ci fa credere che sia la fine. Però, con un po' di pazienza, si può ricostruire pezzo per pezzo il proprio essere e ricominciare, cogliendo la minima scintilla di buono nata da un disastro. Era grata per Erik, e lo sarebbe stata sempre.

Si allenò sempre più duramente, ignorando la fatica. Quando Erik non poteva aiutarla si addestrava insieme alle guardie. Non si risparmiava mai e a volte, quando si annoiava o non riusciva a dormire, si esercitava anche nella propria camera. Ragionava su qualcosa che le facesse provare forti emozioni - a volte gioia, altre rabbia, altre tristezza - e poi cercava varie tecniche per calmarsi - meditazione, distrazione, una volta riuscì a sfogare tutta la propria collera prendendo a pugni il muro e, seppur con le nocche sanguinanti, si era calmata.

The cursed loveWhere stories live. Discover now