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Il vuoto dentro di lei non aveva fatto altro che aumentare

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Il vuoto dentro di lei non aveva fatto altro che aumentare. Secondo dopo secondo, brindisi dopo brindisi, sorriso falso dopo sorriso falso, passo dopo passo. Ogni volta che Javier la toccava, la sfiorava, la guardava, sentiva di perdere un pezzo di sé.

La festa sembrò durare giorni interi e ogni secondo cresceva il suo desiderio di chiudersi in una stanza e piangere da sola, sfogare tutta la frustrazione, la tristezza e il senso d'impotenza che si portava dentro.

Quando le fu finalmente concesso di ritirarsi nella propria stanza le sembrò un miracolo. Per l'ennesima volta dovette sopportare le mani delle cameriere che la spogliavano e la rivestivano, la pettinavano e la preparavano per la notte. Si sentiva una bambola ed era come se le avessero portato via una delle ultime cose che poteva controllare: non aveva potuto scegliere chi sposare o chi amare, né il proprio futuro; non aveva potuto scegliere di sacrificarsi per il proprio popolo, cioè compiere l'unico gesto per cui la sua nascita era stata necessaria. E ora le veniva negata la possibilità di sentirsi umana, di sentirsi ancora una persona nonostante tutto le suggerisse il contrario.

Si abbandonò stancamente nel letto, sistemandosi seduta contro la spalliera ma a occhi chiusi: con tutto ciò che aveva mangiato a causa della rabbia, era certa che sdraiarsi non fosse una buona idea. Sentì il letto piegarsi appena sotto il peso di Javier e si impegnò a ignorarlo; non sarebbe riuscita a fingere ancora, quella serata era stata estenuante. Desiderava solo stare tranquilla.

Javier non era dello stesso avviso.

A occhi chiusi, percepì che si stava avvicinando. I loro corpi si sfiorarono, e Cassandra si tese come una corda di violino. Serrò gli occhi, rifiutandosi di cedere, ma l'uomo non si lasciò scoraggiare. Si portò ancora più vicino, così tanto che le vennero i brividi.

«So che non state dormendo.»

Strinse i pugni e non rispose. Ci furono un paio di secondi di silenzio e immobilità, poi le mani di Javier le si strinsero al collo. Ancora. Aprì lentamente gli occhi, sperando che la smettesse, ed effettivamente dopo una breve pressione la lasciò andare. Fece per riprendere a respirare, ma l'uomo le afferrò i polsi con forza e glieli spinse sopra la testa.

Erano così vicini che sentiva il suo alito sulle labbra; rifiutando quel contatto, si voltò. Javier lo prese per un invito e, senza liberarle le mani, iniziò a baciarle il collo. Tentò di divincolarsi, disgustata, così l'uomo la bloccò con il proprio corpo, facendola scivolare sul letto.

Iniziò a toccarla e violarla, e ogni volta che la sua pelle fredda sfiorava la propria una scia di brividi freddi l'attraversava. Chiuse di nuovo gli occhi, girò la testa e cercò di pensare a qualcos'altro. Qualsiasi cosa sarebbe stata meglio che quel momento.

Sentiva il corpo di Javier premuto sul proprio, i polsi che, stretti sempre più violentemente dalla mano dell'uomo, cominciavano a essere doloranti, l'alito di quel verme addosso a lei.

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