31.

26 4 19
                                    

Affondò il coltello nella carne

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Affondò il coltello nella carne. Il dolore acuto gli mozzò il fiato, mentre il sangue tiepido fluiva velocemente. Osservò la sostanza scarlatta come sotto un incantesimo, ipnotizzato dallo scorrere ritmico di quelle gocce.

Rafforzò la prese sul pugnale, ma si accorse di star tremando. Sbatté la testa contro il muro, con forza, lasciando che dalle labbra serrate gli sfuggisse un basso grugnito.

La mancanza di Cassandra lo stava portando alla pazzia; faticava a ricordare chi fosse e perché. Tutte le sue certezze erano crollate e i ricordi di suo padre lo assalivano ogni secondo in cui la sua mente era debole.

"Sì, debole, è proprio quello che sei! Un debole, insulso ragazzino incapace!" Immaginò sarebbe stato proprio quello che gli avrebbe detto se fosse stato lì.

Ma non c'è, ricordò a sé stesso, è morto. Non mi creerà più problemi. Non mi causerà più dolore, cicatrici o lividi.

Tentò di trarre un respiro profondo, cosa per nulla facile a causa del macigno che gravava sul suo cuore. Le lacrime giunsero prima che potesse prevederle o fermare, così non poté opporsi e si trovò singhiozzante, nel buio assoluto, come per lungo tempo era capitato. Si sentì di nuovo un ragazzino solo e spaventato, ma un secondo dopo si ricordò quante responsabilità aveva detto in quanto re. Era re. Il re. Non era in grado di sostenere quel peso, non senza Cassandra, non senza la vita che si era costruito con tanta fatica.

La disperazione e la sofferenza lo consumarono lentamente, portandolo piano piano verso il sonno. Mentre scivolava addormentato sul freddo pavimento, sperò di risvegliarsi per poter combattere per Cassandra.

Si trovava in un luogo sporco e buio. Aleggiava un odore di muffa e terriccio e strani rumori facevano pensare che lì vivessero diversi insetti e ratti. Avanzò a tentoni e, dopo diversi secondi, una luce si accese.

Era una stanza grande, con le pareti di pietra e prive di finestre. La luce non sembrava avere una fonte, perché non erano presenti candele o lanterne. Al centro c'era lei. Bellissima, anche se ricoperta di sangue e polvere. Era pallida e più magra di quanto non fosse stata prima.

Corse, intenzionato ad abbracciarla, stringerla a sé e portarla via, ma non appena la sfiorò, la sua mano trapassò la sua pelle, come fosse un fantasma.

«No...» mormorò, senza capire. Doveva salvarla, doveva portarla via, doveva...

«Mia cara», disse una voce che gli parve di conoscere.

Javier si fece avanti, sorridendo in modo maligno. Cassandra parve cercare di essere assorbita dal terreno appena lo vide; gli si strinse il cuore a pensare a cosa lui doveva farle. Indietreggiò appena, mentre lui si avvicinava.

L'uomo si inginocchiò davanti a lei e le afferrò il volto con ben poca delicatezza. «Ora ci divertiamo, che ne dici?»

Cassandra sostenne il suo sguardo, benché il suo terrore fosse evidente. Lui ridacchiò e, subito, la colpì in pieno viso. Provò a protestare, ma scoprì di non essere in grado di emettere alcun suono. La ragazza rimase a terra, piangendo, ma lui la tirò per i capelli, costringendola a guardarlo.

The cursed loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora