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Quella giornata era stata infinita

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Quella giornata era stata infinita.

Era stata svegliata all'alba da una decina di cameriere incaricate da Javier di prepararla al meglio. Aveva trascorso quasi due ore seduta immobile a farsi truccare e pettinare, mentre una di quelle giovani accostava alla sua carnagione qualsiasi abito del suo armadio per capire cosa le sarebbe potuto stare meglio. Solo dopo un'ora e mezza di indecisione di era ricordata che le erano state date precise indicazioni su come dovesse essere agghindata.

C'era voluta un'altra eternità perché la sarta sistemasse l'abito su preciso desiderio del "nuovo re", anche se dovette ammettere che non era così male. Alla fine, quasi per miracolo, la lasciarono libera. Non prima, però, che avesse indossato delle scarpe con il tacco che, ne era convinta, erano state fabbricate con il preciso scopo di torturare donne innocenti.

L'incoronazione era stata terribile. Non solo perché era a dir poco indignata nel vedere Javier che si atteggiava come fosse il meritevole padrone del potere che aveva rubato; anche il corsetto stretto decisamente troppo aveva contribuito a farle desiderare di potersi uccidere sul momento e non dover più subire alcuna tortura.

Le era stato a malapena concesso di sgranocchiare qualcosa per pranzo prima che venisse riportata nelle sue stanze per essere acconciata e agghindata da capo in occasione del ballo di quella sera. Il supplizio si era ripetuto e, quella volta, una delle domestiche fu costretta, sotto precisa richiesta delle guardie di Javier che erano venute a controllare la sua preparazione, a stringere il corsetto ancora di più. Non furono contenti fino a che non fu tanto stretto da causarle un mezzo svenimento e, anche allora, non permisero che venisse allentato nemmeno di un millimetro.

La mancanza di Erik si era fatta così intensa, in quei momenti. Lui non le aveva mai chiesto di essere qualcosa che non era. Non aveva mai fatto questioni su come si vestiva, mai le aveva fatto pressioni sul suo aspetto, tantomeno sul corsetto. Javier, invece... Be', lui non l'amava. La stava usando per arrivare ai suoi scopi, nulla di più, e pertanto aveva bisogno che fosse perfetta.

L'aveva trovato ad aspettarla fuori dalla porta. La sua bellezza oscura e inquietante era innegabile, ma l'odio che provava fu in grado di soffocare tutto il resto. Si fermò a qualche passo da lui, ma Javier la prese per il polso e, senza mostrare la minima delicatezza, la trascinò accanto a sé. Avrebbe potuto ordinarle di avvicinarsi ma, forse, si divertiva di più così. La strinse al proprio fianco, impedendole qualsiasi movimento di protesta, e si avviò.

«La festa è già iniziata», le sussurrò all'orecchio mentre camminavano.

Cercò di scostarsi per non dover sentire il suo alito caldo sulla pelle, ma non riuscì a muoversi. Digrignò i denti. «E quindi?»

«Credevo solo che ci tenessi a sapere che il tuo amato re sarà presente.»

Il suo cuore saltò un battito. «Cosa? Davvero?»

«Oh, sì», Javier sorrise mettendo in mostra i suoi denti bianchissimi e i suoi occhi neri brillarono appena. «Vedrà con i suoi occhi e con ancor più chiarezza il nostro amore infinito», spiegò con tono ironico, mettendo particolare enfasi sulle ultime due parole. «Giusto per demolire ancora di più il suo animo fragile.»

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