Il gigante

896 103 25
                                    

Prologo

In principio era il nulla. Poi il sogno di Morlòn ebbe inizio. I fiumi presero a scorrere e a popolarsi di pesci, l'erba a crescere e a essere calpestata da uomini e animali, il sole a sorgere e tramontare...(1)

______________________

(1) Dal primo versetto dell'Oniroloquio.

                                                                                   ************

BUM! BUM! BUM!

Arlo si voltò di scatto fissando la porta con il cuore in gola. Qualcuno stava battendo con tale vigore da far credere che volesse buttarla giù.

« E' aperto! », urlò Minto, il più anziano degli apprendisti, un ragazzo di sedici anni.

La porta si spalancò e un'ombra gigantesca apparve sulla soglia. Arlo fece un passo indietro, convinto che si trattasse di un orso. Inciampò su uno sgabello, che si capovolse e rotolò per terra.

Era già accaduto che volpi, lupi e, in casi più rari, orsi bruni scendessero al villaggio in cerca di cibo. Ma gli orsi non bussano prima di entrare. E poi, nei boschi che coprivano i Monti Dori, a est di Villnor, non abitavano esemplari tanto grossi. No, non c'era un animale affamato di fronte ad Arlo, ma un uomo, anche se di dimensioni colossali. Un gigante. Senza dubbio un membro dei Thorlung, la stirpe guerriera che occupava la fascia costiera di Nisla-Mari, la più meridionale delle Sette Terre.

Il gigante aveva occhi gialli, felini, la pelle nera e lucida come marmo. Aprì il lungo mantello che lo avvolgeva lasciando nudo il torace enorme e le braccia muscolose. Indossava un gonnellino fissato in vita con una cintura di cuoio da cui pendeva una spada corta – corta per le sue dimensioni assolutamente fuori dall'ordinario. Fu costretto a chinare la testa per varcare la soglia della bottega. Richiuse la porta dietro di sé e diede una rapida occhiata intorno osservando gli scaffali pieni di vasi e piatti dipinti che attendevano di essere ripassati in forno per fissarne il colore.

Dei quattro apprendisti che lavoravano lì dentro, Arlo era il più vicino all'ingresso e a lui si rivolse il gigante. « Cerco messer Paulus, il mastro vasaio », disse, la voce profonda, adeguata alla sua mole.

Arlo puntò il pennellino che stringeva tra le dita verso la stanza in fondo al corridoio. « Laggiù », mormorò.

« Grazie mille », disse il gigante mentre lo superava.

Arlo si sarebbe morso la lingua per aver parlato senza pensare. Il mastro vasaio non aveva per lui il minimo riguardo, anzi, se possibile, lo trattava peggio degli altri apprendisti, ma era pur sempre suo zio, nonché l'unico parente che gli restava. Come poteva lasciarlo alla mercé di un gigante guerriero di cui non conosceva le intenzioni?

« E' vietato entrare nella fornace mentre il fuoco è acceso! », esclamò, sperando che la voce non gli tremasse. Lo aveva detto d'impulso, per guadagnare tempo, ma non era una bugia perché lo zio Paulus non voleva nessuno quando cuoceva i suoi vasi.

Il gigante si voltò lentamente. Lo squadrò inarcando le sopracciglia e disse: « Tu devi essere Arlo ».

Un brusio si levò nella stanza. Arlo rimase di sasso.

Il gigante sorrise. Poi si voltò di nuovo e sparì nella stanza che gli era stata indicata.

I ragazzi della bottega si riunirono intorno ad Arlo. Parlavano tutti insieme. "Chi era il gigante?", "Cosa era venuto a fare lì?". Come se lui potesse rispondere a simili domande.

Il cerchio dei sogniWhere stories live. Discover now