Nel palazzo del re

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Quello che il re chiamava "castello" era in realtà un'accozzaglia di torri addossate l'una all'altra senza criterio. Veniva da pensare che fossero state erette in momenti diversi e da architetti che se n'erano infischiati di ciò che aveva realizzato chi li aveva preceduti.

Il re lo condusse nella torre centrale. Era un edificio stretto che di certo non avrebbe potuto elevarsi tanto in alto se non si fosse appoggiato a due massicce colonne di pietra grezza che fungevano da contrafforti. All'interno, una scala a chiocciola saliva, saliva, fino a un'unica stanza situata proprio sotto il tetto.

« La sala del trono », annunciò il sovrano mentre varcavano la soglia.

Due guardie gemelle, armate di lancia, presidiavano l'ingresso. Sembravano statue di ferro e solo notando gli occhi vigili si capiva che erano qualcosa di diverso.

Arlo si guardò intorno. La stanza, perfettamente circolare, prendeva luce da tre grosse finestre ad arco prive di vetri. In alto si incrociavano lunghe e massicce travi di legno annerite dal fumo delle candele. Non vi erano arredi, a parte tre sedie con la seduta di paglia e il trono, che spiccava su un piedistallo di marmo, proprio al centro della stanza.

« Vieni ». Il re fece segno ad Arlo di accomodarsi su una delle sedie mentre lui prendeva posto sul suo scranno. « Hai fame? », gli chiese. « Sete? ».

Arlo annuì timidamente.

« Vuoi frutta? Vino, pane? Tutto quello che desideri ».

Prima che Arlo potesse aprir bocca, ai suoi piedi apparve una cesta colma di mele e fichi secchi. Poi si materializzarono un otre traboccante di vino e un tavolino su cui troneggiava un'enorme pagnotta appena sfornata.

Arlo era affascinato dai prodigi del re. È certamente lui il mago di cui parlava Ravèl, si disse.

Il re sembrò cogliere lo sguardo d'ammirazione del ragazzo. Indicò le vettovaglie appena apparse e annunciò con voce stentorea, come se la sala fosse affollata e dovesse farsi udire anche da chi era in fondo: « Io sono Mirnim, sovrano dei desideri, ed è in mio potere far avverare tutto ciò che voglio ».

« Una bella fortuna », disse Arlo mentre allungava la mano per prendere una mela.

« A prima vista può sembrare una fortuna, sì. Col tempo, però, ci si accorge che c'è poca soddisfazione nel realizzare i propri desideri senza sforzo alcuno. Così », fece schioccare le dita e la mela nella mano di Arlo sparì.

« Ehi! », protestò questi. Prese un'altra mela e le diede subito un morso. « Se ottenere ciò che desidera le dà tanto fastidio, perché non smette? », chiese poi, parlando con la bocca piena.

Il re scrollò lentamente il capo. « Non è così che funziona. Un desiderio si realizza nel momento stesso in cui l'ho pensato. Non è necessario pronunciare una parola magica o fare un gesto particolare. Bisognerebbe smettere di desiderare. Ma come si fa? ».

« E già », concordò Arlo. Aveva già terminato la mela e ora si guardava intorno perchè non sapeva dove buttare il torsolo. Re Mirnim dovette accorgersene perchè fece schioccare di nuovo le dita e i resti della mela svanirono in un istante.

Mentre Arlo si guardava la mano, il re continuò come se niente fosse: « Se desidero un amico, immediatamente ne compare uno. E sarà affettuoso, disponibile... Ma potrà farmi sentire speciale? In fondo non mi ha scelto. È solo il frutto di un mio desiderio, una sorta di burattino pronto a darmi sempre ragione ». Il sovrano battè le mani due volte. « Ti farò vedere ».

Una delle guardie alla porta si avvicinò in fretta, accompagnata dal rumore metallico dei suoi piedi ferrati sul pavimento, e si mise sull'attenti.

Il cerchio dei sogniWhere stories live. Discover now