Il salto

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Vipier era accosciato a pochi palmi dalle acque turbinose del Salis. Gli spruzzi gli infradiciavano il mantello provocandogli brividi di piacere e l'impulso, nonostante l'aria fredda, di tuffarsi nel fiume.

« Allora? », lo esortò Karnas, dietro di lui.

« Sono saliti sul ponte di barche », disse il cercatore voltando la testa.

« Hanno tagliato loro le funi dall'altra parte? ».

Con un balzo, Vipier fu sul primo barcone. Percorse tutto il ponte, che ora, con la chiatta di testa non più ancorata alla sponda opposta, era indirizzato dalla corrente e galleggiava parallelo al corso del Salis. Giunto alla fine del ponte, ne esaminò con attenzione le tavole. Poi tornò indietro. « Non sono stati loro a tagliare gli ormeggi ».

« Come fai a dirlo? ».

« Sono stati costretti a saltare per raggiungere la riva opposta ».

« Secondo te, ce l'anno fatta? ».

Vipier scrollò le spalle. « Dovrei controllare se ci sono orme di là dal fiume. Ma presumo di sì: i lanai sono ottimi saltatori ».

Karnas rimase un attimo in silenzio, meditabondo, poi chiese: « Che possibilità abbiamo di raggiungere l'altra sponda? ».

« Possiamo saltare anche noi, ma dovremmo abbandonare i poni. Oppure potremmo provare a guadare il fiume, però, con questa corrente, rischiamo che i poni vengano trascinati via ».

« No, abbiamo bisogno di loro ».

« Allora, non resta che ripristinare il ponte ».

« Si può fare? », chiese Karnas stupito. Non aveva neanche considerato quella possibilità.

Vipier sorrise. Raggiunse il suo poni e frugò in una delle due sacche che pendevano dalla groppa del piccolo cavallo. Estrasse alcuni metri di corda e, mentre tornava verso il fiume, se la arrotolò in vita assicurandola con un nodo. « Avrò bisogno di una mano, quando sarò di là », disse a Karnas mentre gli passava accanto. A lunghi balzi percorse il ponte di barche fino in fondo, quindi si gettò in acqua. Il freddo lo intorpidì, ma fu solo un momento. Lì sotto si sentiva a proprio agio più che sulla terraferma. Si mosse in fretta, cercando la corda spezzata che aveva unito la chiatta alla sponda del Salis. Quando la trovò, srotolò la corda che portava con sé e la annodò strettamente al moncone. Quindi nuotò verso riva trascinando con sé la corda. Si tenne sempre sott'acqua, dove la corrente era più debole. Era un essere anfibio, come tutti i Wrakien, e non aveva bisogno di risalire per rifornirsi d'aria. Raggiunta la riva provò a tirare la corda, ma il ponte di barche non si mosse. Come aveva previsto, non era lavoro per una sola persona. « Venite ad aiutarmi! », urlò.

Mentre Karnas restava con i poni, gli altri tre wrakien si tuffarono per raggiungere Vipier.

Non fu un'impresa facile muovere il ponte di barche opponendosi alla corrente del Salis. Quando ci riuscirono, Vipier legò in fretta la corda all'ormeggio. Poi, mentre lui rimaneva su quella riva a controllare che la corda non si spezzasse, gli altri wrakien tornarono indietro per passare con i poni. « Sbrigatevi! », li esortò Vipier. Il ponte era ancorato solo in un punto e non avrebbe tenuto a lungo.

Erano a meno di due passi dal bordo della voragine quando Arlo tolse le mani dagli occhi di Pièdilampo e, afferrandosi al suo collo, urlò: « Ra-san! ».

Vanadin aveva ragione: trovandosi nell'impossibilità di fermarsi senza precipitare nel baratro, Pièdilampo obbedì all'ordine. E saltò.

Ad Arlo sembrava di volare. Pièdilampo aveva acquistato notevole velocità nella rincorsa e aveva staccato le zampe da terra solo un attimo prima del baratro. Un salto perfetto. Ma la Fenditura ormai si allargava a vista d'occhio. Mentre loro si avvicinavano al bordo opposto, quello si allontanava. Arlo capì subito che non ce l'avrebbero fatta. Alzò la testa, premuta sul collo di Pièdilampo, e guardò Vanadin. Negli occhi del gigante non scorse alcuna rassegnazione, né tristezza. Era tipo da azione, non da emozioni.

Vanadin si era piazzato sul bordo della Fenditura, con le gambe larghe e piegate, per darsi maggiore stabilità. Allungò le braccia verso Arlo. Forse sperava di poterlo afferrare al volo.

Mancavano pochi passi alla meta, ma Pièdilampo era nella fase discendente del suo salto e le zampe erano già più in basso del ciglio di fronte. Non c'era alcuna speranza: si sarebbero schiantati contro la parete della voragine, per poi precipitare di sotto.

Arlo udì l'urlo gracchiante di Pièdilampo, quindi ci fu l'impatto, violentissimo. Ci mancò tanto così perché mollasse il collo del lanai.

È la fine, pensò. Passarono alcuni istanti senza che il vuoto, sotto di loro, si decidesse ad accoglierli. Arlo era frastornato. Perché non cadevano giù? Poi notò le zampe di Pièdilampo e capì. Nonostante avesse gli artigli avvolti in custodie di cuoio, il lanai era riuscito a conficcarli nella parete contro cui erano andati a sbattere, e si teneva aggrappato.

Arlo udì la voce di Vanadin: « Allunga una mano! ».

Alzò lo sguardo e vide il gigante che sporgeva di mezzo busto dal baratro, col braccio proteso verso di lui.

« Dammi la mano, presto! ».

Arlo si mosse, per quanto poteva, ma anche Pièdilampo non restò fermo. Il lanai doveva essere allo stremo delle forze e scivolò più in basso, trascinandolo con sé.

Mentre Pièdilampo mollava definitivamente la presa, Arlo si sentì afferrare il polso. Il lanai gli sgusciò via da sotto le gambe. Lo vide precipitare nella Fenditura, cozzando e rimbalzando contro le pareti, che si restringevano verso il fondo. Arlo si rese conto di essere sospeso sul baratro, trattenuto con una sola mano da Vanadin.

« Non preoccuparti », sentì dire al gigante, « ora ti tiro su ».

Arlo era sdraiato per terra, dolorante, con le braccia e il viso coperti da uno strato di polvere impastata col proprio sudore. Una fitta gli ferì il collo mentre voltava la testa verso Vanadin, seduto lì accanto. « Mi hai salvato la vita », gli disse con un sussurro.

« Il merito maggiore va a Pièdilampo. Se non fosse stato per la sua tenacia ora non saresti qui. Povera bestia, dopo tutto mi dispiace che non ce l'abbia fatta, se lo meritava ».

Arlo spinse sui gomiti e si mise a sedere. Tossì. Si sentiva i polmoni in fiamme per la fatica e la polvere che gli era finita in gola.

Vanadin si alzò e gli tese una mano. « Te la senti? ».

Arlo gliela strinse e lasciò che lo aiutasse a rimettersi in piedi. Si spolverò le vesti sollevando una piccola nube rossastra. La gola tornò a bruciargli. Tossì di nuovo, questa volta con tanta violenza da rischiare di soffocare.

« Tutto bene? ».

Arlo annuì. « Posso avere un po' d'acqua? ».

Vanadin prese l'otre appeso alla sella di Gigas e glielo passò.

Dopo aver bevuto, Arlo fece un bel respiro. « Ora va meglio ». Restituì l'otre a Vanadin. « Come faremo adesso? Siamo rimasti con un solo lanai ».

« Con un solo lanai, con un solo otre d'acqua... », rispose Vanadin sollevando il recipiente di pelle. « Tutto è dimezzato ». Scrollò le spalle. « Monteremo insieme Gigas. E razioneremo le nostre provviste. Non preoccuparti, arriveremo nella Terra di Solon prima di morire di sete e di fame. Siamo quasi a metà cammino, e abbiamo già superato la parte più difficile del viaggio. E poi, che altro potremmo fare? ». Indicò la Grande Fenditura, a pochi passi da loro. « Dall'altra parte, ormai, è impossibile andare ».

Il cerchio dei sogniWhere stories live. Discover now