La Pianura degli Acquitrini

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Pola rimase indietro mentre il treno entrava in stazione. Osservò il branco di pendolari che si accalcava ai margini della banchina. Ognuno di loro sperava che la porta di una carrozza gli capitasse proprio davanti. Pola assisteva con una punta di sadica soddisfazione a quella corsa mattutina per accaparrarsi un posto a sedere. Lei stava in disparte, non si affrettava. Aveva un abbonamento in prima classe e lì non c'erano problemi a trovar posto. L'abbonamento in prima costava qualcosa in più, naturalmente, ma era convinta che tutti, su quel treno, avrebbero potuto permetterselo. La prima classe non era per i più ricchi, ma per i più furbi. Ma era una fortuna che la "massa pendolare", così la chiamava, fosse abbastanza ottusa da non farsi due conti, altrimenti tutti avrebbero pagato per viaggiare in prima e allora addio posto assicurato.

Sul treno si sedette sul sedile libero più vicino alla porta della carrozza. Potendo scegliere, optò per quello orientato verso la direzione di marcia del treno. Non che le provocasse nausea viaggiare in senso opposto, ma chi aveva quel problema avrebbe cercato altrove prima di accomodarsi di fronte a lei. Per scongiurare ulteriormente la presenza di un compagno di viaggio appoggiò giubbotto e valigetta sulla poltrona libera.

Tirò fuori un dossier col lavoro che si era portata a casa e che non era riuscita a ultimare. Riuscì a rimanere concentrata fino alla stazione successiva, poi fu distratta dal flusso di passeggeri che montavano.

Quando il treno ripartì stava fissando un uomo di colore, alto e robusto, che era rimasto in piedi sulla piattaforma di salita. Lo vedeva attraverso il vetro sporco della porta dello scompartimento. Le ricordava il gigante Vanadin.

Chiuse gli occhi ripensando allo strano sogno di quella notte.


Fuori dalla caverna, Vanadin stava finendo di sistemare due sacche sulla groppa di un grosso cavallo pezzato. Un secondo animale era già pronto per la partenza.

Arlo si avvicinò alle spalle del gigante fermandosi a osservarlo a qualche passo di distanza. Avrebbe voluto dirgli che gli dispiaceva per quello che è accaduto a suo padre, ma rimase in silenzio.

Vanadin strinse il sottopancia del cavallo, poi gli diede un colpetto sul fianco. « Va, ora ». L'animale raggiunse il suo compagno e si mise anche lui a leccare un affioramento roccioso.

« Quel punto è ricoperto da uno spesso strato di sale », spiegò Vanadin mentre si girava. « E loro ne sono golosi. Neanche fossero due capre ».

« Perché non aspettiamo Gigas? Sono certo che presto sarà qui ».

« Non sperarci. E poi un lanai non potrebbe esserci utile nel viaggio che stiamo per affrontare. Dobbiamo attraversare gli Insormontabili. I lanai sono più veloci e resistenti dei cavalli, ma quando ci sarà da salire sarà meglio avere con noi animali a quattro zampe ».

Arlo indicò il cavallo pezzato. « Quello sarà il tuo? ».

Vanadin sorrise. « Adeguato alla mia stazza ».

« Cosa c'è nelle sacche? ».

« Le nostre provviste ».

« Tante così? Basteranno per un mese ».

« E devo ancora caricare le borracce con l'acqua. È meglio abbondare. Non sappiamo quanto staremo via né se ci sarà la possibilità di procurarci cibo e bevande nelle terre che visiteremo ». Il gigante si mise sulle spalle due otri di pelle e si avvicinò ai cavalli. « Sarà meglio andare, ora ».

Arlo si voltò per rientrare nella caverna.

« Dove vai? ».

« A salutare i Savi ».

Il cerchio dei sogniWhere stories live. Discover now