Nella Terra di Eligios

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Il sole si apprestava a tramontare quando entrarono nella Terra di Eligios in groppa a Gigas. Il confine era segnato da una interminabile fila di cipressi. Vanadin spiegò che si trattava di alberi secolari piantati lì assai prima che venissero stabilite le frontiere, e tornati utili, poi, per fissare una netta linea di demarcazione con la Terra di Viglio.

Da quel punto il terreno procedeva in lieve, ma costante discesa.

« Ci troviamo in una specie di gigantesca conca », disse Vanadin. « Presto saremo al di sotto del livello del mare. Se non ci fossero i Monti Circensi, a chiuderla a est, questa Terra sarebbe sommersa dalle acque ».

Il paesaggio era cambiato repentinamente, come se, superato il confine, fossero improvvisamente approdati in una zona climatica diversa. I rari cespugli che avevano caratterizzato l'area semidesertica che si erano lasciati alle spalle, erano stati sostituiti da una rigogliosa distesa d'erba. Vanadin spinse Gigas al galoppo. Il lanai sembrò impazzire di gioia nell'affondare le zampe in quel soffice tappeto. Continuarono ad andatura sostenuta fino a che il sole non fu del tutto calato.

« E' buio », disse a quel punto il gigante. « Fermiamoci a dormire ».

Arlo gliene fu grato. Nonostante avesse talmente sonno che sarebbe riuscito ad addormentarsi anche in piedi, era convinto di non poter reggere a un'altra notte passata in sella.

« Possiamo sistemarci lì sotto », propose Vanadin indicando un boschetto. « Scommetto che non hai mai visto nulla del genere. Quegli alberi nascono solo in questa regione. Sono cupolifoglie ».

Più che alberi, sembravano dei giganteschi cespugli.

« Possiedono rami che si piegano a ombrello e crescono fino al suolo. Le foglie, poi, sono talmente fitte che è impossibile scorgere il tronco ». Vanadin condusse Gigas nei pressi del boschetto e smontò con un balzo. Sguainò la spada e la usò per aprirsi un varco tra le fronde di un enorme cupolifoglie.

Arlo si lasciò scivolare dal dorso di Gigas e, rimanendo accanto al lanai, osservò Vanadin con curiosità.

Il gigante diede un'occhiata critica al lavoro che aveva appena eseguito, quindi rinfoderò la spada e si spostò di lato facendo cenno ad Arlo di accomodarsi.

Arlo si avvicinò all'albero e infilò la testa dentro l'apertura. « Non vedo nulla ».

« E' buio, ormai. Ma non credere che con il sole la situazione cambi molto. La luce riesce a penetrare a malapena tra i rami di un cupolifoglie ».

Arlo entrò muovendosi a tentoni, con le braccia tese. Ben presto si rese conto che, tranne il grosso tronco centrale, non vi erano ostacoli all'interno di quella volta naturale. Inoltre, il soffitto di rami era abbastanza alto da poter stare in piedi. Vanadin lo seguì. Arlo non riusciva a vederlo, ma sentiva i suoi passi sul pavimento di foglie secche.

« Gigas rimarrà fuori, davanti all'apertura », disse il gigante. « Ha un udito finissimo per cui è impossibile che qualcuno riesca a sorprenderlo nel sonno. Non potremmo sperare in una sentinella migliore ».

« Allora possiamo dormire? ».

« Senza indugio. Io sono già sdraiato ».

Arlo seguì il suo esempio. Era così stanco che si addormentò mentre chiudeva gli occhi.

Si risvegliò provando la spiacevole sensazione di avere i vestiti bagnati. Si mise a sedere e le sue mani affondarono in un brodo vischioso di acqua e foglie marce. « Vanadin! », chiamò, scattando in piedi.

Il cerchio dei sogniWhere stories live. Discover now