Via da Villnor

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Ad attenderli, fuori dal laboratorio, trovarono due animali mostruosi, simili a uccelli, ma delle dimensioni di grossi cavalli. Possedevano zampe eccezionalmente muscolose e, al posto delle ali, due arti atrofici che terminavano con un lungo artiglio. Arlo rimase dapprima impietrito, poi indietreggiò senza togliere gli occhi di dosso alle due bestie infernali, temendo, a ogni passo, che potessero balzargli addosso.

« Sono le nostre cavalcature », disse Vanadin avvicinandosi tranquillamente ai due animali.

I due uccelli avevano il lungo collo costretto verso il basso da un cappio fissato a un picchetto. Sollevarono, per quanto potevano, la piccola testa tonda, dotata di becco adunco, da rapace, ed emisero un fastidioso craak, simile al verso di una cornacchia.

« Dovrei salire su uno di quelli? », chiese Arlo, allarmato, tenendosi a distanza.

« Sono lanai, uccelli corridori. In tutte le Sette Terre non troverai bestie più veloci. E noi abbiamo un gran bisogno di muoverci in fretta. Il tuo è questo ». Vanadin lisciò le penne sul dorso del più piccolo. « Si chiama Pièdilampo ».

Arlo fece un passo avanti e, con cautela, allungò un braccio. « Sono animali predatori? ».

« Tra i più voraci ».

Arlo ritirò la mano con uno scatto.

« Hanno il becco serrato da una speciale briglia », cercò di tranquillizzarlo Venadin. « E' una sorta di museruola che gli impedisce di mordere e di beccare. L'artiglio con cui terminano le zampe superiori è un'altra arma micidiale, ma anche quello è reso inutile da un cappuccio di cuoio ».

Mentre parlava, Vanadin frugò nella sacca legata alla sella del lanai più grosso. « Buono, Gigas, buono ». Tirò fuori una boccetta di vetro e una pezzuola di pelle.

Arlo lo osservava con curiosità.

« Devi aiutarmi. Non posso togliermi le schegge di legno sulla schiena. Non ci arrivo proprio. Dovrai farlo tu. Mi raccomando, ogni volta che ne estrai una, strofina un po' di unguento sulla ferita ». Vanadin gli consegnò la boccetta. « È un balsamo miracoloso: lenisce il dolore e ferma il sangue ». Gli diede anche la pezzuola, poi si voltò, offrendogli le spalle. Si slacciò del tutto il mantello e lo fece scivolare a terra lasciando scoperta la schiena.

Arlo rimase impressionato dalle numerose cicatrici che serpeggiavano sul dorso del gigante. Con una certa riluttanza, ma con estremo scrupolo, eseguì il compito che gli era stato assegnato.

« Ci vorrebbe una fasciatura », disse quando ebbe pulito l'ultima ferita.

« Non c'è tempo », replicò Vanadin rimettendosi il mantello. Ripose la boccetta di unguento e la pezzuola nella sacca sul dorso di Gigas, poi slegò il lanai. « Libera Pièdilampo », ordinò ad Arlo.

Nonostante tutte le rassicurazioni ricevute, Arlo era ancora titubante.

« Non è difficile farsi ubbidire », disse Vanadin salendo in groppa a Gigas con un balzo. « Sono come cani, basta fargli capire subito chi comanda ».

Un nitrito sordo richiamò la loro attenzione. A una quindicina di passi dalla bottega pascolavano due pony.

« E quelli? », chiese Arlo.

« Non c'erano quando sono arrivato. Dovevano appartenere ai wrakien ».

« Perché non li prendiamo? Mi sembrano animali più mansueti dei lanai ».

« E lo sono. Docili e robusti. Ottimi per trasportare carichi. Ma lenti ». Vanadin scosse la testa. « Con i pony non ce la faremmo a passare la Grande Fenditura ».

Arlo fece un lungo sospiro, poi si avvicinò a Pièdilampo. Era intenzionato a filarsela se il lanai avesse dimostrato cattive intenzioni.

« Monta », lo esortò Vanadin, offrendogli il braccio per aiutarlo.

Una volta in groppa, non aveva idea di come ci si dovesse comportare. « E adesso? ».

« Fai come me ». Vanadin strinse le redini e si piegò sul collo di Gigas. Avvicinando la bocca alla testa dell'animale, gridò: « Op! Op! ». Il lanai si tuffò in avanti.

Arlo preferiva una partenza meno cruenta, così il suo « Op, op » fu pronunciato a mezza voce. Scoprì a sue spese che il tono del comando non influiva sulla reazione del lanai. Pièdilampo scattò, più rapido di un attacco di vipera. Arlo fu sollevato dalla groppa e, nei primi venti passi, rischiò seriamente di finire per terra. Mentre lottava per non cadere, con le braccia serrate intorno al collo del lanai, gli venne in mente che non conosceva il comando per farlo fermare.


I cinque wrakien procedevano al galoppo. Avevano lanciato i loro pony non appena il piccolo globo rosso era apparso nel cielo sopra Villnor. Era il segnale dei due cercatori che li precedevano: il gigante nero era stato raggiunto. Karnas era fiducioso che vi fosse anche il ragazzo. Si calò il cappuccio sulla fronte, ora che stavano per entrare nel villaggio. I suoi uomini lo imitarono.

Superate le prime case, Karnas decise di proseguire al passo. Vipier si mise davanti. Non era stato necessario che Karnas glielo ordinasse, quella era la procedura consueta. E i wrakien amavano le regole. Vipier era un cercatore, quindi toccava a lui trovare la pista. Fiutò l'aria, incerto, poi si irrigidì. « Odore di bruciato », disse, rivolto a Karnas. « Non ci hanno aspettato ».

Karnas sibilò, soddisfatto. Era convinto che il ragazzo fosse già nelle mani dei due cercatori. « Segui la traccia », ordinò a Vipier. « Veloce. Più veloce che puoi ».

In pochi istanti raggiunsero la bottega di Paulus.

« Ecco i loro pony », disse Vipier tirando le redini. Smontò con un balzo. Gli giunse, improvviso, un lezzo di foglie marce che lo lasciò impietrito. Era l'odore che seguiva la morte di un wrakien. Sollevò il cappuccio con un gesto rapido e tornò ad annusare l'aria. « Li hanno uccisi », mormorò, sgomento, volgendo gli occhi tondi verso il suo comandante.

« Rimettiti il cappuccio », gli ordinò Karnas freddamente. « E il gigante? », gli chiese poi.

Vipier si chinò per ispezionare il terreno nei pressi della bottega. « Ci sono tracce fresche. Due lanai. Ognuno con un cavaliere. Sono diretti a nord ».

« Che vantaggio hanno? ».

« Pochi minuti ».

« Sbrighiamoci, allora », sibilò Karnas. « Stasera voglio mangiare fegato di gigante ».

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