Capitolo 3.

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"Torni a contare i giorni che sapevi non ti sanno aspettare,
hai chiuso troppe porte per poterle riaprire.
Devi abbracciare ciò che non hai più."
-Scivoli di nuovo, Tiziano Ferro.

Harry's pov.

Accadono cose, che quando poi finiscono le ricordiamo, o semplicemente le richiudiamo nel posto più remoto della nostra mente perché le riteniamo poco importanti.
Ci sono momenti, che quando poi terminano, ci lasciano un senso di pace e di gioia, o ci corrodono fino all'asfissia.
E poi, ci sono persone che quando spariscono dalla tua vita, o le dimentichi, o se ne staranno lì, nella tua mente, a tormentarti, perché non sei stato abbastanza coraggioso da tenerle con te.
Io avevo Juliet.
Mi tormentava e non c'era. Non ero stato abbastanza coraggioso.
Io, uomo che ha sempre creduto d'avere fegato, non ho avuto le palle abbastanza da affrontare un problema, che principalmente assillava la stessa persona che avevo abbandonato, nemmeno me stesso.
Eppure, era stato come se quello che avesse passato lei, l'avessi passato anche io.
Il suo dolore, era anche il mio.
La sua sofferenza, era anche la mia.
Ma ancora io, stupido uomo, mi sono lasciato coinvolgere a tal punto da ciò che era successo, da non rendermi conto di quanto in realtà facesse più male alla donna che avevo al mio fianco, sempre e comunque, che a me.
Ero accecato da un dolore che non m'apparteneva.
E invece d'aprire gli occhi, li ho chiusi di più e sono scappato.
Allora, ne pagavo le conseguenze.
L'avevo abbandonata due anni prima, nella speranza di darle la vita che meritava.
La volevo felice e con me, credevo, non lo sarebbe mai stata.
Correvo per le strade di quel piccolo paese d'America, le gocce di sudore scendevano dalla mia fronte, il respiro pesante.
Correre era un modo per sfogarmi, mille pensieri vorticavano nella mente, ma la stanchezza attutiva qualsiasi altra emozione.
Il formicolio che sentivo lungo le gambe placava il costante fastidio al cuore.
Perché deve fare così male?
La mia mente tornò alla mattina del giorno prima, a quando Louis, amico, quasi fratello, venne a trovarmi.

Stavo cercando una bottiglietta d'acqua nel frigo, quando sentii bussare alla porta. Appoggiai la bottiglietta sul piano cucina ed andai ad aprire.
"Piccolo bastardo tutto muscoli e ricci, pensavi d'esserti liberato di me?"
Capelli castani, occhi azzurri e voce squillante, a volte anche fottutamente fastidiosa.
Louis.
Spalancai gli occhi e le labbra.
Sul suo viso un sorriso stampato.
"Merda." Imprecai.
Louis rise attirandomi in un abbraccio.
Era come un fratello per me, eravamo cresciuti insieme, avevo fatto le cazzate più assurde con lui, le notti lunghe a barcollare per le strade con una bottiglia di vodka tra le mani e a ridere come due coglioni. I problemi, le difficoltà, avevamo sempre affrontato tutto insieme.
Ma dopo aver lasciato Juliet, io ero andato via, chiudendo le comunicazioni con chiunque, anche con lui.
Avevo bisogno del tempo da solo, del tempo per riflettere sul mio stesso disastro e trovare un modo per superarlo.
Sfregai una mano sulle spalle di Louis, mentre i momenti che avevamo passato ritornavano a galla, uno per uno.
"Okay, adesso basta smancerie da bambini e fammi entrare." Mi spinse ridacchiando.
Ridacchiai anch'io tirandogli un buffetto sulla testa e borbottando un "coglione" a bassa voce.
Si fece strada nel mio appartamento, fermandosi al centro del salotto e guardandosi intorno.
"Mi aspettavo di trovarti nella mega villa di tuo nonno e invece ti ritrovo qui, in questa merda di appartamento."
"Ah, ma vaffanculo!"
Louis rise buttando la testa indietro. Gli feci cenno con la testa di seguirmi ed entrambi entrammo in cucina.
"Dovrei avere una birra nel frigo." Dissi.
Lui annuì, sedendosi su una sedia e poggiando i gomiti sul tavolo, mi guardò.
Aprii un cassetto in cerca di uno stappa bottiglie e quando lo trovai l'appoggiai sul tappo della birra, applicando un po' di pressione. Il tappo si staccò ed io lo lanciai nel lavello della cucina.
"Mi sposo." Louis disse alle mie spalle improvvisamente.
Mi voltai di scatto, sbarrando gli occhi.
"Cosa?!" Quasi urlai.
Louis sorrise.
"Mi piacerebbe che tu fossi il mio testimone, ti voglio là, sei come un fratello per me." Disse tutto insieme.
Louis era il più grande bastardo che avessi mai conosciuto, acido e fottutamente menefreghista. Ma quando si trattava di dover esprimere i propri sentimenti, diventava un cucciolo indifeso.
I suoi occhi vagarono per tutta la stanza senza mai guardarmi.
"Cosa?!" Ripetei.
"La fai sembrare una cosa di merda." Ridacchiò nervosamente.
Appoggiai sul tavolo la birra e lo stappa bottiglie, avvicinandomi a lui velocemente.
"No, Louis, è fantastico!"
Si alzò e mi strinse in un abbraccio, ancora.
Louis che si sposa, assurdo.
"Solo, non mi aspettavo così presto." Sorrisi.
Mi staccai da quell'abbraccio e guardai Louis che mi sorrise prima di parlare ancora.
"Beh, Margaret è incinta."
"Cazzo, Louis! Dimmele tutte in una volta così evitiamo questi merda di abbracci." Risi scuotendolo per le spalle prima di stringerlo ancora in un caloroso abbraccio, fatto di pacche sulla schiena e stupide battute sul fatto che sarebbe stato un papà tremendo.
"Sono felice per te, Louis." Sussurrai.
Vidi sorridere il mio amico e potei giurare che nei suoi occhi stesse brillando la pura felicità. Non l'avevo mai visto così felice, così sereno, così pieno di vita. Ed io non potevo far altro, se non essere contento per lui.
Si sedette di nuovo ed io lo seguii, prendendo posto difronte a lui. Prese un sorso dalla sua birra, prima di appoggiarla sul tavolo, guardandomi attentamente.
Avevo una vaga idea su quello che stava pensando.
"E tu? Come stai?" Chiese.
"Bene." Troppo veloce.
Diede un altro sorso alla birra e poi sospirò.
"Harry, se-" iniziò, ma io lo interruppi.
"Louis," presi tra le dita il ponte del mio naso, chiudendo gli occhi, "sto bene, davvero."
Mentire, mentire e mentire.
Convincere anche me stesso, che non era poi così difficile.
Ma come poteva essere facile, intendo dire, una vita senza lei? A chi volevo darla a bere? Faceva schifo.
"Certi momenti sembra impossibile, ma ho scelto io che le cose andassero in questo modo. Adesso non posso lamentarmi."
Louis mi guardò con tristezza.
Sapeva, lo sapevo anche io, che non era impossibile solo certi momenti, ma sempre.
Mi mancava da morire.
"Harry, va bene se ti manca, va bene se stai male, non dovresti fare finta di niente. Ti conosco e so abbastanza bene che ti senti una merda, ti si legge in faccia." Disse Louis.
Scossi la testa, passandomi poi una mano fra i capelli in modo frenetico.
"Sono passati due anni, devo andare avanti." Dissi più a me stesso, che a lui.
"Ma non ti manca?!" Il tono della voce di Louis aumentò.
"È finito tutto, anche se ammettessi che mi manca, le cose non cambierebbero." Sussurrai, giocando con gli anelli che portavo alle dita.
Se avessi ammesso che mi mancava, se l'avessi fatto ad alta voce, niente mi avrebbe fermato dal crollare. Ed ero stato così bravo nel controllo in questi due anni, che non mi potevo assolutamente permettere di abbattermi proprio dopo più di settecentotrenta fottuti giorni.
"Allora non ti interessa sapere una cosa che ho scoperto qualche giorno fa." Indagò.
Alzai la testa e strinsi gli occhi.
"Dimmelo." Ordinai.
Louis girò la bottiglia di birra tra le mani, mentre fuggiva dal mio sguardo.
"Louis."
Sospirò, "ho incontrato sua cugina, te la ricordi? La rossa?"
"Rose?" Chiesi.
"Si, proprio lei." Continuò, "mi ha detto che anche Juliet si è trasferita qui in America, e quando dico 'in America', non intendo in un'altra città, ma proprio questo buco di posto."
Sei qui?
Trattenni il respiro fissando un punto indefinito dietro Louis.
Dio, mi manca il respiro. Mi manchi tu.
Scossi la testa, portandomi poi le mani tra i capelli e tirando le punte.
"Che altro ti ha detto?"
"Che suo padre ha ricevuto un trasferimento, è per questo che si sono trasferiti e lei è venuta qui per finire l'ultimo anno dell'Università."
Non sapevo cosa pensare, non sapevo se ero pronto per rivederla. Cosa avrei dovuto dirle? Non esistevano parole per esprimere quanto mi dispiaceva. Non essere stato abbastanza, non essere stato ciò che meritava.
Deglutii, guardando Louis che continuava a spostare lo sguardo da me.
"Louis, devi dirmi qualcos'altro?"
Giocò ancora con quella bottiglia di birra, fin quando non la strappai dalle sue mani nervosamente, sbattendola sul tavolo.
"Dio, va bene, stai calmo." Sospirò per la milionesima volta in quei cinque minuti, "mi ha detto anche che ha conosciuto un ragazzo." Borbottò.
Sbiancai.
"Cosa?" Sussurrai appena.
Non ero assolutamente pronto a questo.
Avevo combattuto, in questi due anni, con il costante pensiero che lei potesse conoscere un altro uomo. Nonostante volessi la sua felicità, accettare il fatto che lei potesse amare qualcun altro, mi faceva troppo male. Anche solo pensarci. Così, mi ero limitato a pensare che lei sarebbe sempre stata mia, nonostante tutto, nonostante l'avessi lasciata. Non l'avrei più rivista, o almeno così credevo, quell'illusione mi bastava.
Sapere che mi sbagliavo, che lei aveva smesso d'esser mia, mi uccideva.
"Mi dispiace, Harry." Sussurrò Louis.
Dispiace anche a me, così tanto.

Macchiati di nero [HS]Where stories live. Discover now