Capitolo 23.

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"I'm broken, do you hear me?
I am blinded, 'cause you are everything I see."

Ho lottato.
Ho lottato per una vita migliore, ho lottato per dimenticare ciò che mi facesse del male, ho lottato per sconfiggere ciò che mi turbasse.
Ho lottato per resistere alla tentazione.
Ho lottato per sopravvivere, per continuare, per proseguire.
Ho lottato perché altrimenti avrei sprofondato.
Ho lottato per non cedere mai, per non piangere mai più e mai più sentirmi come se anche un soffio potesse distruggermi, infrangermi, uccidermi.
Ho lottato per me stessa, perché ho voluto smettere di dipendere in quel modo così disumano da un uomo.
Ho lottato perché ci meritiamo tutti una seconda chance e Dio me la stava offrendo su un piatto d'argento.
Ma ho lottato invano.
Ho lottato e non è bastato, perché niente, assolutamente nessuno, nemmeno il potere della forza divina ha potuto distruggere l'amore.
Ho lottato fino a perdere anche il mio ultimo briciolo di possibilità di sopravvivere.
Non c'è scampo, non fuggi dall'amore. Non puoi, non potrai mai.
Ho lottato e ho perso, ma dopo un po' non mi è più importato, perché l'amore è così lieve, è così dolce, che poi ti culla, che poi ti calma e anche se t'uccide, lo fa con dolcezza e pudore, senza far capire nulla.
Ho lasciato che la mia armatura si distruggesse, che il mio cuore si aprisse e ancora si lasciasse avvolgere da quel feroce, ma vellutato sentimento che è l'amore.
Ho abbandonato le mie pene ed ho ascoltato il mio cuore che davanti il volto di Harry, m'ha pregato di un po' d'amore, del suo amore.

Tra tutte le opzioni possibili, non mi sarei mai aspettata di trovare un Harry furioso e con il volto sfregiato dalle lacrime dietro la mia porta; ma fu quello che quella notte mi trovai.
Ero sola in casa, con un cuore silenzioso.
Mio padre era andato al suo appuntamento ed in tarda notte era rientrato.
Ero così felice per lui, che sembrava essere riuscito a trovare una ragione per continuare, qualcuno da amare per davvero e senza finzione, senza bugie e senza timore. Almeno lui si era meritato questo privilegio.
Ero seduta sul divano, con le braccia avvolte attorno le gambe ed il mento appoggiato sulle ginocchia, Fiocco invece dormiva da qualche parte al piano di sopra, probabilmente in camera mia. Il televisore era acceso, ma fungeva soltanto da diversivo per tenermi distratta dal continuo vociare nella mia mente; uno stupido, ma efficace, mezzo di fuga.
Mi concentrai sulle battute che i protagonisti si scambiavano, ma venni distratta da un insistente bussare alla porta.
Mi alzai, guardando dall'occhiello chi fosse e quando dietro il legno intravidi la figura di Harry, il sangue nelle mie vene si gelò.
Aprii lentamente la porta e ne rimasi spiazzata: il suo volto era bagnato dalle lacrime, i suoi occhi rossi e gonfi e sul viso era chiaro il suo turbamento, il suo dolore.
Sembrava così fragile, così vulnerabile sotto quelle lacrime.
Mi guardava, con la fronte aggrottata ed i pugni stretti lungo i fianchi, la mia lettere tra le dita di uno di questi, appallottolata da una mano arrabbiata.
Deglutii.
"Dimmi che è uno scherzo," alzò la mano con la lettera, "dimmi che è un fottutissimo scherzo di pessimo gusto!" Urlò.
Io tremai, con il fiato corto e le parole incastrate in gola.
Era come se avessi paura, come se avessi commesso chissà quale crimine e fossi terrorizzata dalle conseguenze perché colpevole; ma io non avevo commesso nulla.
A parte sposare quasi un uomo e fingere di amarlo, ma cosciente che mai l'avrei amato.
Con le mani tremanti, afferrai la sua mano, tirandolo dentro in casa; poi chiusi la porta alle mie spalle senza mai guardarlo, tacendo.
Harry non perse tempo a strappare il suo polso dalla presa leggera e fragile delle mie dita. Come se il mio tocco lo disgustasse, o come se lo ferisse. In entrambi casi, mi sentii uno schifo.
"Non è uno scherzo." Affermò, più a se stesso che a me, amareggiato, quando io continuai a sfuggire dal suo sguardo.
Ci fu un attimo di silenzio, prima che continuasse, "ti sposi davvero..." Sospirò, "non ci posso credere. Tu non puoi." Affermò infine.
Solo allora alzai il capo, guidata ancora una volta dall'ira e dalla frustrazione.
Realizzai che non c'era ragione per cui io mi sentissi così uno schifo nei confronti di Harry. Certo, vederlo in quello stato e capire che il motivo della sua disperazione era il mio matrimonio, non era molto di aiuto. Ma non c'era motivo per cui io avessi dovuto sentirmi in colpa.
Avevo deciso di sposare Lucas, perché per una volta tanto avevo scelto me, avevo scelto chi mi avrebbe resa felice.
Sapevo Harry l'avrebbe fatto, sapevo anche lui sarebbe stato in grado di rendermi felice, ma si sa: quando qualcosa si rompe è difficile che torni allo stato originario, per aggiustarlo ci vuole tempo e ci vuole forza. Ma io ero stanca di aspettare è troppo debole per lottare ancora.
Era finita.
Aggrottai la fronte.
"Sì che posso."
Harry mi guardò con il fuoco negli occhi, anche lui arrabbiato e frustrato.
Entrambi così impuntati sulle nostre convinzioni, entrambi così ostinati da non vedere la verità.
Non avremo mai amato nessuno all'infuori di me e di lui.
Strinse i pugni lungo i fianchi.
"No, invece! Perché mai vorresti sposarlo? Dimmi solo: perché?!"
Il tono della sua voce così alto e deciso. Mi stava sfidando, mi stava accusando.
Mi ripetei che non avevo commesso nessun crimine.
"Vuoi sapere perché? Bene!" Mi avvicinai, puntandogli un dito contro, "perché ho la certezza che lui non mi lascerà mai, non dovrò mai avere paura che lui possa lasciarmi un giorno! C'era quando tu non c'eri, ha curato le mie ferite ed è stato al mio fianco anche quando le cose sono state terribilmente difficili!" Urlai, con più voce, "c'è sempre stato e sempre ci sarà!"
A quel punto stavo gesticolando, con le mani frenetiche e la gola bruciante.
Ma le parole fanno più male di qualsiasi altra sofferenza fisica.
Si dice che la lingua non ha le ossa, ma le spezza.
Perché il volto di Harry mostrò a pieno che l'avevo colpito e che gli avevo fatto un male da morire. Perché non l'avevo detto direttamente, ma l'avevo detto: lui non c'era stato e preferivo Lucas che invece, a differenza sua, non m'aveva mai abbandonato.
Anche i pugni lungo i suoi fianchi si sciolsero, i suoi occhi luccicarono, colmi di lacrime.
"Quindi è per questo che ti sposi: per dimostrarmi qualcosa." Sussurrò, a voce spezzata.
Io spostai lo sguardo dal suo e scossi la testa.
Ma mi beccò in pieno.
Deglutii, mentre rispondevo.
"No..." Sussurrai, "lo faccio perché per una volta nella vita merito d'essere felice anche io, mi sono autocommiserata abbastanza." Cercai di spiegare.
Per me ed Harry mai ci sarebbe stata pace.
Ed io ardevo così tanto la felicità, bruciata da tante ferite, distrutta da tanti addii che però non mi lasciavano mai, macchiata di nessuna mia colpa, ma solo da colpe altrui.
Volevo soltanto essere felice e stare bene.
"Quindi è questa la tua idea di felicità?" Incredulità nel suo tono, "sposare un uomo che non ami e che sei consapevole non amerai mai? Che fottuta felicità pensi troverai?"
Mi bruciò il cuore con quelle parole, perché sapevo quanto queste fossero vere, ma ammetterle mi costava caro.
Sapevo infondo anche io che non sarei mai stata felice, ma che avrei vissuto soltanto in un mondo parallelo alla realtà, fatto di finzione e finta tranquillità. Non c'erano dubbi che Lucas m'avrebbe amato e fatto di tutto per farmi stare bene, ma a me andava davvero bene passare il resto della mia vita con lui, senza amore?
Dicono che nella vita l'amore non è tutto. Per me un tempo lo era stato.
Ad ogni modo, non avrei mai ammesso nulla, soprattutto non davanti Harry.
Buffo da pensare, come un tempo avrei dato il mio cuore per lui ed adesso mi ritrovavo a dovergli mentire e dover fingere di odiarlo e non di amarlo.
"Tu non puoi venire qui e giudicare il mio futuro, come se tu avessi diritto di parola in questo, come se tu ne facessi ancora parte!" L'accusai.
"Ma io ne faccio parte! Io ne farò sempre parte, che ti piaccia o meno!"
Scossi il capo, ma lui continuò, "anche quando sarai all'altare, vorrai me al tuo fianco, non lui."
Ed i miei occhi si colmarono inevitabilmente di lacrime, senza via di fuga da quella verità. Presto avrei pianto, ma soltanto perché aveva ragione ed io ero così arrabbiata perché non l'accettavo. Odiavo il fatto che mi conoscesse così bene, che lui sapesse più cose di quante io avessi il coraggio di ammettere.
Non volevo dover combattere ancora, volevo soltanto vivere bene, con qualcuno che non mi avrebbe mai abbandonato e credevo che quel qualcuno fosse Lucas. Ma mi sbagliavo.
Non si può essere felici senza amore, ci si può solo accontentare.
Scossi il capo, portandomi le mani sul volto e piangendo.
Eppure ero così ostinata, pensai che questa volta non gliel'avrei data vinta.
Lui mi aveva ferita più di chiunque altro e non l'accettavo il fatto che chi mi avesse fatto così male venisse a pretendere chissà cosa da parte mia, quando di me stessa restava così poco esattamente per colpa sua.
"No, sposerò Lucas." Dissi, piangendo.
Ma nemmeno lui si sarebbe arreso, perché quelle parole bastarono per farlo impazzire.
Harry urlò, con tutta la voce che possedeva, urlò che non potevo sposare Lucas perché non era giusto.
"Tu non puoi sposare quel fottuto figlio di puttana!"
Lo guardai con gli occhi sbarrati. Avevo paura, ero sorpresa, perché non avevo mai visto Harry così arrabbiato e al tempo stesso così disperato, così spaventato.
Afferrò il vaso che c'era sul tavolo in salotto, scaraventandolo dall'altra parte della stanza contro il muro.
Trasalii, ma non mi mossi.
Lui continuò, afferrando poi la foto che ritraeva me e Lucas, sbattendola per terra. Il vetro si distrusse, la cornice andò in pezzi.
Come se distruggere tutto quello potesse colmare il suo dolore, continuò.
Rovesciò il piccolo tavolo in salotto, tirò il telecomando del televisore a terra, prese a calci il divano.
Era impazzito.
"Tu non puoi!" Urlò ancora, con le mani che gli tremavano ed il respiro mozzato.
Si avvicinò a me, velocemente. Io, spaventata e presa alla sprovvista, mi allontani, tirando indietro.
Non avevo mai avuto paura di Harry, ma vederlo distruggere ogni cosa mi aveva gelata.
Sbarrò gli occhi, fermandosi di botto poco distante dal mio corpo tremante.
"Juliet." Sussurrò, prima di cadere a terra, in ginocchio.
Solo allora si fermò, mentre io lo guardavo con il cuore che batteva tanto da farmi male e gli occhi sbarrati.
Riprese a piangere, con le mani sulle cosce ed il capo rivolto a terra.
"Scusa, piccola, scusa." Disse, disperatamente.
"Ha-arry, c-cosa stai facendo?" Balbettai.
Fu forse l'immagine più straziante che io avessi mai visto: Harry a terra, in ginocchio, tremante, scosso dai singhiozzi, con un cuore in frantumi.
Non era mai stato così fragile, lui era sempre stato il duro, quello forte tra i due ed io mi sentii morire.
Mi resi conto di quanto potere anche io avessi sul suo cuore; senza accorgermene ero stata in grado di renderlo a brandelli.
"Non lo so, scusami tanto, per favore amore mio." Rispose.
Continuava a guardare a terra, piangendo e scuotendo la testa.
Solo allora mi avvicinai, cautamente e delicatamente.
"Harry, alzati, per favore." Lo supplicai.
Ma lui non mi ascoltò, continuava a chiedermi scusa, tanto da farmi preoccupare. Sembrava aver perso il senno.
"Ti sto supplicando in ginocchio di perdonarmi..." Singhiozzò, "scusa Juliet, scusami tantissimo." Farneticò.
Ad un passo da lui, mi chinai, afferrando il suo volto tra me mie mani fredde e tremanti.
"Scusami, mi dispiace tantissimo." Ripeté.
Provò ad allontanarsi, ma non glielo lasciai fare.
Mi sentii morire ancora quando mi guardò negli occhi, perché erano così vuoti, così spaventati, terribilmente addolorati. Da questi riuscii a vedere i pezzi del suo cuore in frantumi.
Non riuscirò mai ad essere felice, lo so, ma nonostante ogni cosa voglio che invece tu lo sia.
Carezzai la sua fronte, lui chiuse gli occhi, nascondendo quelle gemme ai miei, distese la fronte e sospirò.
Che se avessi potuto avrei fatto davvero del suo dolore il mio prigioniero, per vedere quel dolce sorriso ancora, per vederlo felice e senza ferite.
Per quanto provassi a fingere d'odiare lui, avrei odiato invece chiunque gli avesse fatto del male; questo spiega perché odiai me stessa per essere stata in grado di farlo piangere in quel modo.
Gli lasciai un bacio sulla fronte, tirandolo poi per le spalle e facendo appoggiare la sua testa sul mio petto; Harry si sdraiò tra le mie gambe, stringendo le braccia attorno al mio busto. Pianse ancora, mentre io passavo la mano tra i suoi capelli e lo cullavo, lo baciavo, cercavo disperatamente di colmare quel suo dolore.
Solo allora capii perché Harry quella notte in cui caddi in ginocchio davanti i suoi occhi, non disse nulla, ma mi cullò soltanto. Perché se fa male, non ci sono parole per farti stare bene.
Il suo pianto si placò solo dopo poco tempo, ma rimase in silenzio, totalmente abbandonato alle mie carezze.
Io sfiorai il suo volto con il polpastrelli delle dita, piano e dolcemente, passai più volte una mano tra i suoi capelli, sapendo quanto questo gesto lo tranquillizzasse; lo guardai, lo toccai, lo contemplai come se potesse distruggersi da un momento all'altro: piano ed in silenzio.
"Harry." Sussurrai.
Lui non disse nulla, ma strinse la mano che io tenevo sul suo petto.
"Andiamo di sopra, ti stendi un po' sul mio letto." Mormorai.
"Tu resti con me?" Sussurrò.
La sua voce cupa e graffiata dal pianto.
"Resto."
Dove vuoi che io vada? Non c'è nessun posto che consideri casa se non tu.
Spostai i ricci dalla sua fronte, lasciandovi un bacio sopra, prima che entrambi ci alzassimo dal pavimento freddo e scomodo.
Mi seguì, in silenzio, fino alla mia stanza.
Lo presi per mano, invitandolo a distendersi sul materasso.
Sembrava così tanto un bambino, il mio tenero e spaventato bambino.
Sapevo che restare con lui, che cercare di curare questo suo aspetto disastroso avrebbe condizionato le mie decisioni o le mie azioni, ma fu inevitabile non sentire il mio cuore spezzato disperarsi ancora di più a causa delle sue lacrime.
Gli sistemai il cuscino e gli lasciai un bacio sulla fronte, ancora; poi mi alzai, ma non potei fare più di un passo, perché la sua mano fu avvolta attorno il mio polso.
"Dove vai? Avevi detto che saresti rimasta." Domandò, allarmato.
"Vado solo a prenderti un bicchiere d'acqua, torno subito, promesso."
Mi calai a lasciare l'ennesimo bacio sul suo volto, ma questa volta lasciai che le mie labbra sfiorassero anche le sue in un contatto che fece tremare entrambi.
Ti ho amato e ti amerò fino alla fine dei giorni miei.
Poco mi importò del mio futuro davanti i suoi occhi, quella notte.
Annuì, lasciandomi andare, ma con gli occhi gli promisi ancora che sarei tornata.

Macchiati di nero [HS]Where stories live. Discover now