Capitolo 28.

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"Mentre dolcemente sorridi: felicità che a me sventurato rapisce l'uso di tutti i miei sensi."
-Catullo.

E non ci facciamo caso, di quanta meraviglia si nasconde intorno a noi.
Il rumore dell'acqua di un fiume che scorre, il profumo dei fiori, il calore del sole. Guardare in che modo e con quanta forza le gocce di pioggia cadono sui vetri e scivolano e, scivolando, si trovano, si legano, si fanno strada, fino a crollare e poi rinasce.
È un ciclo che la natura concede, per sopravvivere, per meravigliare.
E le mille sfumature di colori caldi e poi freddi, che il cielo è in grado di assumere: il rosso, come l'amore, o la passione; il giallo, come la gelosia; il blu, come la tranquillità; il bianco, come il puro; il nero, come la morte.
Ed ancora i mille fiori, ad ognuno il loro profumo, la loro fragranza, che come la tua, mi riempie e mi rassicura.
La meraviglia di guardare dritto verso il cielo e vedere milioni di stelle e poi la luna, che risplende.
E poi guardare il mare, cercare una fine, ma finire per perdersi in quell'infinito; rispecchiarsi nell'acqua, farsi il bagno in piena notte, o tuffarsi in pieno giorno, quando il sole è alto e vuoi sentirti soltanto libera.
L'odore della pioggia, il suolo bagnato.
Correre per le strade, amare tutto quello che ho scoperto e che ancora ho da scoprire.
Guardar tutto questo e parlar loro di quanto è bello il mondo, di quanto sei bello tu, Harry.
Perché Harry era bello, e sono consapevole d'averlo detto e ripetuto milioni di volte, d'aver parlato di quanto meraviglioso anche lui sapeva essere.
Il colore dei suoi occhi, senza via d'uscita, così grandi e di quel verde luminoso ed accogliente; i capelli così lunghi, che io amavo da morire, poter metterci le mani dentro e sorridere; il suo corpo, il suo volto, ogni tatuaggio su ogni strato di pelle; ogni cosa.
Mi ritrovai così innamorata di tutto quello che lui era, di quello quello che lui possedeva. Senza ragioni, senza spiegazioni, mi ritrovai pazza di ogni sfaccettatura la quale Harry era.
Mentre lo guardavo e mi chiedevo come e secondo quale logica e criterio dell'universo, potesse esistere Harry e la sua tale bellezza; mentre l'ammiravo e mi chiedevo ancora ed ogni giorno come lui potesse persistere, starmi accanto ed essere mio, cosa avessi fatto per meritarmelo.
Ma anche se non trovavo risposta, non mi importava, l'importante era poterlo amare e poter sentire quanto anche lui mi amasse.
Harry ce l'avevo sulla pelle, dentro le ossa, intrappolato nella mia mente, l'unico capace di farmi battere il cuore.

Seduta in auto, con il volto rivolto verso il vetro, osservavo le persone, gli alberi, il cielo e le nuvole.
Il vento leggero e freddo mi scuoteva i capelli, Harry guidava tranquillo, tenendo una mano sul voltante ed un braccio appoggiato sulla portiera. Dentro l'auto l'unico suono udibile era quello della radio, how to save a life dei Fray riempiva l'abitacolo.
L'auto di Harry era grande e spaziosa, una delle sue solite e bellissime auto. Harry, come ogni ragazzo, aveva la sua piccola ossessione nei confronti di un'auto, la trattava sempre con i fiocchi e si arrabbiava se sbattevo troppo forte le portiere. Io, dal mio canto, ridevo e lo baciavo, per calmare il suo nervosismo.
Girai il capo verso di lui, guardandolo in silenzio.
Si passò una mano tra il capelli, guardandomi con la coda dell'occhio.
Quel pomeriggio avevamo deciso di uscire e di andare un po' al parco, erano giorni che non mettevamo piede fuori dal suo appartamento, non per una vera uscita almeno. Ed il parco era stato davvero divertente, giocare come dei bambini, rincorrerci, salire sulle auto da scontro, o sulla ruota panoramica. Comprare quintali di zucchero filato, mordere avidamente una mela caramellata, fino a non lasciarne un briciolo e lasciare invece le nostre labbra scontrarsi e baciarsi, volersi, divorarsi. Finire per ridere a crepapelle perché io gli ho morso la lingua e lui hai avuto un'erezione. Era stato tutto perfetto, tranne che per il fatto che io a fine serata non riuscivo più a reggermi in piedi ed ero stata costretta a camminare sull'asfalto a piedi nudi a causa dei tacchi alti.
"Non capisco perché voi donne continuiate ad indossare quei trampolini infernali, nonostante i continui lamenti di dolore." Aveva detto Harry dopo il mio ennesimo piagnucolio.
Io avevo storto le labbra e aggrottato la fronte.
Nonostante non si direbbe, ero una grande amante delle scarpe e dei bei tacchi alti ed alla moda.
Ad ogni modo, arrivammo in auto ed in silenzio Harry mise in moto per tornare a casa.
Sorrisi, mentre Harry ancora una volta si passò una mano tra i capelli; ripresi a guardare fuori dal finestrino ed i miei occhi scorsero una piccola altalena per bambini; non ne vedevo una da quando avevo dieci anni.
Un barlume nei miei occhi si accese e come una bambina, mi agitai, tirando Harry per un braccio e costringendolo ad accostare.
"Scendiamo?" Domandai, sorridendo.
"Perché?" mi lanciò un'occhiata.
Sorrisi ancora e mi slacciai la cintura, aprendo lo sportello e saltando fuori dall'auto. Harry mi seguì, con un'espressione confusa e divertita.
"Juliet, non eri stanca?" Urlò alle mie spalle.
Ma io corsi, a piedi scalzi su quel prato, l'erba fredda sotto la mia pelle, ed io ero così leggera.
"Harry, vieni a spingermi!"
Mi sedetti piano su quella piccola altalena in legno per bambini e mi dondolai con i piedi, mentre aspettavo che Harry si avvicinasse. Ma lui rimase fermo, a guardarmi a pochi passi distante da me, con l'ombra di un leggero e dolce sorriso sul viso.
Lo stava facendo ancora, mi stava guardando ancora come se io fossi chissà quale meraviglia, come se io fossi l'unica cosa bella che i suoi occhi avessero mai visto.
Io gli sorrisi, allungando un braccio verso di lui.
"Vieni, amore."
Harry si scosse dai suoi pensieri, correndo da me.
L'amore della mia vita correva tra le mie braccia ed io lo lasciavo prendermi per la vita e farmi girare, quasi fossi una principessa ed indossassi uno di quegli abiti lunghi e bellissimi.
Il mio bellissimo principe, la mia bellissima favola, il nostro bellissimo per sempre felici e contenti insieme.
Scoppiammo a ridere entrambi, quando i miei piedi si posarono ancora sull'erba ed Harry smise di girare.
"Mi prendi in braccio?" Dissi.
Harry sprofondò il volto nel mio collo.
"Lo sapevo che me l'avresti chiesto." Ridacchiò.
Non so perché amassi tanto quando lui mi sollevava e lasciava che io avvolgessi gambe e braccia attorno al suo corpo, ma succedeva ed era come se mi sentissi più al sicuro, più piccola, sempre più amata.
Con le mani scivolò sul mio corpo fino ad arrivare ai miei glutei, che strinse sorridendo, prima di aiutarmi a salire a cavalcioni sul suo corpo.
Risi, non mi ero mai sentita più libera come in quel momento.
Ero fatta, totalmente strafatta di lui e del suo amore.
"Mi ami, Harry?"
Come se sentirmelo dire ogni giorno, tutte le mattine, non fosse abbastanza.
"Ti amo, Juliet."
Ma lui mi rispose, ancora.
Come se dirmelo ogni giorno, tutte le mattine, non fosse abbastanza.
Insieme eravamo così completi, così vivi.
Camminò fino all'auto dopo essere rimasti altri e pochi minuti a ridacchiare, vicini l'uno all'altro, al centro di quel grande prato verde.
Mi lasciò scivolare dal suo corpo, ma mi tirò per i fianchi e si appoggiò alla fiancata della sua auto, incastrandomi al suo corpo, quando io provai ad allontanarmi.
"Che vuoi fare?" Sorrisi.
"Pomiciare." Ammiccò.
Scoppiai a ridere.
Non pomiciavamo da anni, ma quando io ero ancora un'adolescente ed Harry troppo e fottutamente innamorato di una ragazzina la quale ero, era qualcosa che facevamo spessissimo. Stavamo in camera mia per ore a baciarci, come se questa fosse l'unica cosa necessaria da fare per vivere. I nostri baci più lunghi. Come se da questi dipendesse il nostro respiro, il nostro ultimo fiato.
Ci baciavamo, spesso, ma pomiciare era diverso, era più divertente, aveva quel suo fascino e quel suo brivido del primo amore.
Ma d'altronde noi avevamo ricominciato da capo la nostra storia.
Così sorrisi, afferrando il suo volto con le mani e dando il via a quei baci sfegatati e vogliosi.
Harry rise, lasciando che quel bacio si interrompesse per pochi istanti, ma poi ricominciammo quel gioco e mai ci stancammo. Mi sentii come se avessi ancora una volta diciassette anni e mi fossi appena innamorata di un ragazzo quattro anni più grande di me. Il fascino dell'avere un ragazzo più grande, quasi proibito agli occhi di mio padre.
Strinsi i capelli sulla sua nuca ed approfondii quel bacio, quando le sue mani arrivarono al mio fondoschiena, stringendolo.
Il rumore di quei nostri baci ad echeggiare nell'aria, a mischiarsi con il suono delle auto che di tanto in tanto sfrecciavano sull'asfalto.
"Harry." Sussurrai, quando si allontanò.
I nostri petti si alzavano ed abbassavano con ritmo più frequente.
Mi sorrise, avvicinandosi per lasciarmi un ultimo bacio a fior di labbra.
"È stato eccitante." Ridacchiò.
Ma la mia mente stava pensando ad altro e prima che potessi rendermene conto gli porsi una domanda.
"Possiamo fare l'amore?"
Il mio cuore batteva come un matto, Harry mi guardava con le sopracciglia alzate e le labbra schiuse; quelle labbra più rosa e più gonfie a causa dei nostri baci.
Gli sorrisi e mi sentii così in imbarazzo.
Gli occhi di Harry si addolcirono e quell'espressione stupita sul suo volto fu sostituita da un dolce sorriso e da una piccola luce comprensiva ed innamorata nei suoi occhi.
"Perché me lo stai chiedendo?" Sussurrò.
Balbettai una risposta che effettivamente non conoscevo.
Io e lui non facevamo da un po' l'amore e chiederlo mi era sembrata l'alternativa più naturale. Eppure quell'idea sembrava fallente in quell'esatto momento.
"Non dovresti chiederlo, vorrò sempre fare l'amore con te."
Mi lasciò un dolce bacio sulla guancia.
"Possiamo fare l'amore." Sussurrò infine al mio orecchio.
Strinsi la sua maglietta blu notte tra le dita e sorrisi come poche volte avevo fatto prima di allora.
Ed insieme salimmo in auto; casa sua era la destinazione, fare l'amore era lo scopo.

Macchiati di nero [HS]Where stories live. Discover now