Capitolo 38.

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"Però ormai avevo imparato che niente di bello dura per sempre. La gioia era un'emozione fugace, come una stella cadente che attraversa il cielo notturno per poi spegnersi in un baleno."
-Vicino a te non ho paura, Nicholas Sparks.

Era stato bello.
Era stato bello sentir pronunciare dalle labbra di Harry quella dolce e romantica richiesta; era stato bello vedere il sorriso di mio padre dinanzi al mio di sorriso nell'annunciare quell'avvenimento; era stato bello vedere poi come mio padre aveva rivisto il suo rapporto con il mio fidanzato, vedere come si erano dati differenti pacche sulle spalle e si erano sorrisi; era stato bello riuscire a passare l'ultimo esame, riuscire finalmente a laurearmi; era stato bello iniziare i preparati per il nostro matrimonio.
Era stato incredibilmente bello.
Ma ogni cosa che in quegli ultimi mesi era stata bella, venne distrutta in un solo istante.
A volte, pensavo che forse non avrei dovuto essere così felice, che se solo avessi moderato tutti quei sorrisi, forse nulla si sarebbe infranto. Ma poi mi rendevo conto che pensare una cosa simile era disumano, da pazzi, che dopo ogni cosa che avevo passato, mi meritavo di godermi quel poco di felicità che la vita mi stava concedendo.
Forse era così che sarebbe dovuto andare, lo dovevo solo accettare; anche se, accettare quello ch'era accaduto, era così tremendamente difficile.

Eravamo in cucina, Harry seduto su una sedia ed appoggiato al tavolo con un bicchiere di caffè in mano, io appoggiata al suo fianco, con un braccio sulla sua spalla, mio padre invece davanti a noi, in piedi, con un giornale in mano, ci guardava.
Io sorridevo a quest'ultimo, mentre scherzavamo e ridevamo.
L'aria in casa era così tranquilla, così leggera.
Mio padre, dopo l'annuncio del matrimonio mio e di Harry, aveva rivisto l'idea che di lui aveva, iniziando a prendere in considerazione anche i suoi lati positivi e non soltanto quelli negativi. Che poi, Harry era pieno di pregi, mio padre fino ad allora aveva visto soltanto i difetti.
Per questo motivo, sorrise, quando abbracciai Harry, lasciandogli un bacio sulla guancia.
Di certo, non avrebbe mai dimenticato ogni momento in cui io ero corsa tra le sue braccia piangendo a causa di Harry e della sua assenza; ma lo faceva per me, perché vedeva quanto io, comunque, tra le braccia di quel ragazzo fossi felice.
"Harry, mi raccomando, abbi cura di mia figlia!" Sorrise mio padre.
Harry ricambiò quel sorriso, annuendo.
"Lo farò, Signor Donovan, lo farò." Lo rassicurò.
I due si scambiarono un cenno del capo, io sorrisi dinanzi alla loro intesa.
Ogni pezzo del mio cuore sta tornando al proprio posto; e tu, che sei al mio fianco, rendi felice ogni istante dopo questo momento.
Harry girò il volto verso di me, sfregandomi una mano sulla schiena, non appena vide il sorriso magnifici che sul volto avevo.
Mi sentivo bene, con lui, con mio padre; avevo la mia famiglia.
"Sally mi sta aspettando e se non voglio che mi uccida, devo andare." Ridacchiò mio padre.
Sally era la sua nuova compagna, quella donna tanto bella ed affascinante di cui mi aveva parlato e con la quale aveva iniziato ad uscire da un po' di mesi a quella parte. Era una donna splendida, davvero molto bella, assurdamente perspicace. Aveva anche lei una figlia, pochi anni più piccola di me, ed un matrimonio andato a male alle spalle. Mio padre e questa donna si erano ritrovati ed insieme si erano completati. Lei aveva colmato l'assenza che mia madre tanti anni fa aveva creato nella vita di mio padre; lui aveva colmato quella mancanza che il marito di Sally con il suo caratteraccio aveva formato. Entrambi erano stati il pieno e la presenza dell'altro, per quel vuoto e quella mancanza nella vita di ciascuno.
Io ero davvero felice per entrambi, perché con Harry avevo imparato che per far sparire un vuoto o un'assenza non c'è modo migliore che con la persona che si ama. E forse allora ancora non si amavano, d'altronde amare qualcuno non è mai semplice come sembra, ma si volevano bene abbastanza per sostenersi, rispettarsi ed apprezzarsi senza mai mentirsi e tradirsi.
Gli sorrisi, Harry ascoltò in silenzio, bevendo il suo caffè.
"Vai, che già è tardi." Lo rimproverai.
Si avvicinò a schioccarmi un bacio sulla guancia.
"A più tardi."
Annuii, lui uscì di casa.
Io ed Harry terminammo la colazione, scambiandoci qualche occhiata. C'era silenzio, entrambi persi nei nostri pensieri; Harry forse troppo taciturno, apparentemente risultava persino preoccupato. Teneva lo sguardo fisso sulle venature del legno del tavolo da cucina, la fronte poco aggrottata, il bicchiere di caffè, ormai freddo, ancora tra le mani.
Io lo guardavo, attenta e cauta. Non mi piaceva vederlo con quell'espressione, odiavo quando qualcosa turbava la sua mente. Per questa ragione, mi sporsi verso di lui, baciandolo sulla guancia.
"Che succede, amore?"
I suoi occhi si spostarono su di me, cercarono i miei, cercarono un appoggio.
Gli sorrisi, avvicinandomi. Harry mi accolse, abbracciandomi e poggiando il mento sulla mia spalla.
Sospirò, stringendosi al mio corpo, come se quel contatto placasse i suoi timori.
Accarezzai i suoi lunghi ricci, restando in silenzio e aspettando che fosse lui a parlare.
In quei mesi insieme avevamo imparato a capirci come mai prima di quel momento avevamo fatto.
Capivamo i nostri silenzi, sapevamo essere più pazienti. Harry aveva imparato che se qualcosa mi girava storto doveva essere più cauto, meno insistente; io avevo imparato che se qualcosa lo turbava, dovevo essere più silenziosa, abbracciarlo di più, sorridergli di più; avevo imparato che, in quei momenti, una cosa che lo tranquillizzava tantissimo erano i baci sul volto e le mie mani tra i suoi capelli, di rado nessuna di queste cose non funzionava.
Non che prima non sapessimo capirci, ma con la distanza e con il dolore anche nel modo di viverci eravamo cresciuti.
Baciai ancora la sua guancia, poi il suo naso, la fronte, il collo, mentre le mie mani giocavano con i suoi ricci. Harry sorrise quando i miei baci divennero più veloci e le mie mani più aggressive, ed io sentii il mio cuore più leggero dinanzi quel sorriso.
"Juls." Ridacchiò.
Sfregai il naso sul suo.
"Mio amore." Mormorai.
Harry rise, nascondendo il viso sul mio petto, per sfuggire ai miei mille e uno baci.
Ero così felice, perché capace di farlo ridere in quel modo.
Lasciai andare il suo viso, stringendo il suo corpo tra le mie braccia. Sentii le spalle di Harry rilassarsi, così come le restanti parti del suo corpo.
Finalmente mi mostrò i suoi occhi, con ancora quella cupa espressione tra di essi.
"Ultimamente le cose vanno così bene." Sospirò, "troppo bene."
"E sei triste?" Alzai le sopracciglia.
"No, è che..." Lasciò in sospeso le parole.
Continuai ad accarezzare i suoi capelli, guardandolo negli occhi.
"È che ho un brutto presentimento, che mi fa paura da morire." Sussurrò.
Fermai le mie mani tra i suoi ricci, guardando attentamente la sua espressione.
E nei tuoi leggo tutta la paura che hai di perdermi. Ma io non ti lascio, te lo prometto che non ti lascio, te lo giuro sulla mia stessa vita.
Harry strinse le mani sui miei fianchi, per richiamare la mia attenzione mentre la mia mente si era persa tra le mille preoccupazioni e le mille immagini di una vita impossibile senza di lui.
Scossi piano il capo, afferrai il suo volto con le mani e lo baciai.
"Non succederà nulla." Sussurrai sulle sue labbra.
Harry deglutì, mandando giù quel nodo in gola che costantemente lo tormentava.
"Insieme possiamo farcela, te lo ricordi?" Gli sorrisi.
Accennò un piccolo sorriso, sussurrando un flebile "sì".
Giocava con il bordo della mia maglietta, arrotolandolo tra le dita; abbassò il capo sulle sue mani, continuando a sorridere.
E chissà adesso a cosa stai pensando, chissà cosa ha permesso alla tua mente una tregua da ogni preoccupazione. Vorrei saperlo, perché vorrei poter essere io questa tua pace.
"Me lo fai vedere un bel sorriso, come quello che hai fatto prima?"
Gli punzecchiai la guancia, lì proprio dove nasceva quella dolce fossetta ad ogni sorriso.
Harry si morse le labbra, l'ombra di un sorriso sul suo viso.
"No?" Domandai, ridacchiando.
Lui scosse piano il capo.
E da quel piccolo gesto, in contrasto con il dolce sorriso che cercava di nascondere, capii che la sua mente si fosse alleggerita.
Harry era così, per stare meglio aveva bisogno di parlare dei suoi problemi, aveva bisogno di mille certezze, di mille sicurezze, anche per le cose più banali, o per quelle più ovvie.
"E se io ti bacio qui?"
Con le mani sulle sue spalle, gli baciai un punto sulla mascella così vicino al collo.
"O qui?" Un bacio sulla guancia, "o ancora qui?" Uno sul naso, "o qui?" Un sussurro ed un ultimo bacio a fior di labbra.
Harry mormorò in apprezzamento, mordendosi le labbra e chinando il capo sul mio collo. Avvolse le braccia attorno la mia schiena, io risi quando mi morse il collo.
Secondi dopo stavamo ridendo come due bambini, perché io avevo ancora una volta riempito il suo volto di baci e lui aveva cercato di nascondersi nell'incavo del mio collo, prima di afferrarmi per i fianchi e portarmi su una spalla.
Non c'è motivo di avere paura, non più.
Adesso che son con te il mondo non mi fa più tremare.

Macchiati di nero [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora