Capitolo 15.

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"E non c'è mai una fine, e poi mi fai morire.
Stringimi forte, amore. Stringimi forte e non sentirò più niente, ma solo il tuo cuore."
-Non c'è mai una fine, Modà.

"Non posso crederci che l'hai fatto davvero!" Esclamò, Harry.
Stavamo passeggiando lungo il marciapiede da un po' ormai, le auto sfrecciavano accanto a noi sull'asfalto, e qualche persona di tanto in tanto ci passava accanto, affrettandosi a mettersi al riparo, prima che riprendesse a piovere.
Io e lui, invece, eravamo tranquilli.
Risi alle sue parole, prima di fare spallucce.
"È stato divertente." Sorrisi.
Harry annuì, scompigliandomi con una mano i capelli. Io lo spinsi e ridacchiai.
"Certo, ma adesso ho anche le mutande bagnate." Ammiccò.
Scoppiai a ridere, scuotendo la testa.
Mi era mancato tutto quello, mi era mancato poter ridere ed essere così spensierata, in quel modo.
Nessun problema, nessun peso, nessun vuoto, nessuna assenza.
Ma più di tutto, mi era mancata la sua presenza.
Harry, inconsapevolmente, aveva riacceso una piccola fiamma nei miei giorni. Ed io, senza rendermene conto, avevo nutrito questo piccolo fuoco, curandomi dal non farlo spegnere.
"Non sei stato obbligato a seguirmi." Ridacchiai.
"Tu dici che avrei dovuto lasciare una pazza che saltava sotto la pioggia, incustodita?"
Schiusi le labbra, aggrottando le sopracciglia.
"Ehi! Non sono pazza!"
Lo spinsi ancora, e lui rise. Rise di cuore, rise come aveva fatto in quei giorni. Rise, ricordandomi come si fa a respirare.
È un ciclo senza fine.
Noi due, non finiremo mai.
Alla fine, lo guardai ammaliata dalla sua bellezza e dalla luce che emanava quel dolce e bellissimo sorriso. Gustai quel suono, che mi gonfiò il cuore e mi catturò l'anima. Non c'era modo che potessi fuggire; in quel momento, capii inconsapevolmente, che nessuno e niente, avrebbe mai potuto farmi dimenticare di quell'amore così potente, che certi momenti, non puoi cancellarli.
L'amore è fatto di attimi, mi disse una volta il mio insegnante di lettere.

Qualche giorno prima, in quell'aula si era aperto un dibattito su cosa fosse l'amore. Ognuno aveva dato una definizione della parola amore e del sentimento, e delle sensazioni, ad essa legate, basandosi sulle proprie esperienze di vita. Poi, ci aveva affidato un compito: dovevamo scrivere cosa per noi fosse l'amore. Consegnato il compito, una settimana dopo, avevamo ripreso il discorso.
"Ho letto cosa voi credete sia l'amore," aveva iniziato, "ma lasciate che vi dica una cosa: siete tutti così giovani, molti di voi hanno le idee così confuse, che mi ci sono voluti interi pomeriggi per interpretarvi," le persone dentro quella sala ridacchiarono, io mi limitai ad ascoltare, "e molti di voi, non sanno ancora cos'è l'amore."
C'era ancora silenzio, tutti ascoltavamo, curiosi di sapere dove lui volesse arrivare. Il professore si alzò dalla cattedra e vi si appoggiò. Davanti l'intera aula, con un foglio in mano, lesse queste parole: "mi hanno detto di definire la parola amore, ma io non so più cos'è esattamente, ammesso che l'abbia mai saputo. So soltanto che l'amore è la gioia e, purtroppo, il dolore di una vita."
Poi alzò il capo verso tutti noi. Io tremai. Aveva letto il mio compito. Avevo soltanto scritto quelle parole, perché era quello che le miei esperienze mi avevano insegnato. Con Harry, avevo conosciuto quella faccia dell'amore, e che fosse giusta, o che fosse sbagliata, era l'unica definizione che sapevo dargli.
Mi mossi nervosamente sulla sedia, guardandomi attorno. Molti fecero lo stesso, cercando probabilmente chi avesse scritto quelle parole.
"Adesso, so di avervi chiesto di restare anonimi, ma vorrei sapere chi ha scritto questo." Disse l'insegnante, guardandoci tutti, uno per uno.
Titubante e nervosa, alzai la mano.
Lo sguardo del professore cadde su di me, così come il resto delle persone lì dentro. Mi sentii come se tutti quegli occhi fossero pronti a giudicarmi.
"Signorina..."
"Juliet Donovan."  Dissi.
"Bene, signorina Donovan, vuole spiegare quello che ha scritto?"
Deglutii, stringendo la penna tra le mie dita.
"Non si può spiegare," la mia voce timida, "non c'è modo di definirlo."
"Ma lei, se ha scritto questo, deve essersi basata su qualcosa, no?" Indagò.
Abbassai per un po' gli occhi sulle mie mani, guardando quell'anello.
"Ho soltanto ricordato una persona, e i nostri momenti insieme."
In quella grande aula regnava il silenzio, c'erano solo la mia voce e quella del professore a fare rumore.
Mi guardai attorno, tutti mi stavano fissando. Poi riportai il mio sguardo sul professore, che appoggiato alla scrivania con le braccia incrociate, mi stava guardando.
"Esatto!" Si alzò, "era questo che volevo sentir dire. Lei ha centrato esattamente il concetto, signorina. Perché l'amore non è soltanto una persona, l'amore non è un oggetto, o solo un sentimento che ci fa battere il cuore. L'amore è tante cose. L'amore, signori, è fatto di attimi." Scrisse quella frase sulla grande lavagna, poi si voltò ancora verso di me, "complimenti, mi ha colpito, sarà ricompensata per questo." Concluse.
Tutti in quell'aula batterono le mani e mi guardarono.
Avrei dovuto sentirmi felice e fiera di me stessa, ma non accadde.
Ricordai che non c'era la mia definizione d'amore con cui condividere le sue gioie. Non c'era Harry.

Macchiati di nero [HS]Where stories live. Discover now