Capitolo 25.

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N.B. Leggete le note d'autore, è importante!

"T'amai dunque t'amai, e ti amo ancor di un amore che non si può concepire che da me solo."
-Ugo Foscolo.

E la musica, la baldoria, ballare, bere, fumare, drogarsi, corpi sudati ed incollati, il sesso, la passione.
Mente libera da ogni dolore, da ogni pensiero, lontana da ogni ricordo, da ogni realtà o verità.
Il tempo veloce, e scorre, scorre, scorre.
Che non ci si rende conto di come la notte sia già finita ed il giorno sia già arrivato.
Le follie di una notte, gli schiamazzi, le urla a squarciagola.
Non ero mai stata un'amante tanto passionale di questo genere di vita, ma c'era stato un tempo in cui la mia vita aveva assunto tali sembianze; forse il punto più basso che la mia vita abbia toccato. Non c'erano limiti in quelle notti, facevo di tutto pur di non pensare a quel dolore lancinante che mi asfissiava i giorni; e anche se la tranquillità, la pace, la tregua dalle pene a me inflitte, durava poco, per una notte solo, non mi importava; preferivo un'abissale emicrania, quanto meno allontanava i miei pensieri da Harry.
Poi avevo smesso.

Era una notte di queste, quella. Era un ritorno indietro nel tempo, quello.
Sentivo la musica scuotere la mia mente, devastare i miei pensieri, percuotere il mio corpo.
Mentre ballavo ed intorno a me non c'era più niente, nessuno. Mentre stringevo un bicchiere di vodka tra le mani, mentre mi aggrappavo alla sensazione di libertà che questa mi dava, non c'erano più le mie paure, o le mie sofferenze.
C'era solo quella costante e forte musica a darmi un po' di tregua, lontana dal mio mondo tremendamente difficile.
Attorno al mio corpo che si muoveva al ritmo incalzante della musica, altri corpi ancora ballavano, si scatenavano, si sfregavano tra di loro, sudati e stanchi, ma eppure così vivaci.
Le luci lampeggiavano, luminose e colorate, dentro quel locale dove chiunque abbandonava ogni pregiudizio, ogni freno e si godeva quel genere di vita a pieno.
In realtà, che passassi una notte così, non era programmato.
Rose era venuta a trovarmi con Zayn, con tanta voglia di scherzare e ridere come ai vecchi tempi, ma non aveva trovato altro se non il mio corpo seduto davanti la finestra della mia stanza, mentre fissavo il mondo scorrere ed io che restavo ferma.
Stavo pensando ad una tregua da quell'inferno, ma non sembrava esserci. Stavo pensando all'assenza di Harry, al perché fosse andato via quella mattina, senza dire nulla; non credevo desiderassi così tanto risvegliarmi accanto al suo corpo, eppure sembrava proprio di sì. Avevamo passato una notte intera a stringerci, come se le nostre vite dipendessero da quel contatto.
"Ho paura ad andare via, perché se lascio questo letto, ci lascio il mio cuore." Aveva detto.
Eppure era andato via ed il suo cuore dov'era?
Avevo lasciato io il mio cuore nelle sue mani, forse non lui.
Restavo immobile, tacevo, come se in tutto quel tacere, in tutta quell'immobilità riuscissi a trovare una tregua inesistente ed impossibile, una via di fuga ancora da creare.
E con la più assoluta apatia, quando Rose mi domandò cosa fosse accaduto, le risposi: "io e Lucas abbiamo rotto."
Guardai sbadatamente il suo volto, ricoperto da un'espressione sconcertata, incredula, poi ritornai a fissare fuori dalla finestra. Come se l'aver appena distrutto un amore apparentemente sconfinato, dopo aver lacerato un matrimonio, una vita, non fosse niente di così grande.
Ma tutta quella storia infondo non aveva verità.
Rose non pose altre domande, sapeva ed era chiaro dall'espressione sul mio volto che il motivo di quella rottura fosse Harry, la nostra storia ed i miei sentimenti nei suoi confronti.
Mi sfregò una mano sulla schiena e si chinò fino ad avermi faccia a faccia.
"Ti va di uscire con me e Zayn, stasera? Ti diverti un po'." Mi propose.
C'ho pensato un po' prima di accettare e nemmeno dopo averlo fatto ed essermi ritrovata in mezzo ad una folla di gente scatenata, ero molto sicura della mia scelta.
All'inizio era come se stare in mezzo a tutte quella gente ubriaca e sudata, mi facesse sentire terribilmente fuori posto, non c'ero più abituata.
Ma mi era bastato soltanto assaggiarlo quel bicchiere di vodka per ricordare un modo, pur se terribilmente dannoso, per dimenticare un po' di quell'agonia.
E quella notte ho scelto di lasciarmi andare. Sapevo ne avrei pagato un caro prezzo, ma ogni cosa che mi stava succedendo in quel periodo era troppo difficile da poter sopportare ancora. Volevo non pensare per una notte soltanto, e vivere.
Rose perse il controllo sulle mie azioni, così come Zayn, entrambi più volte mi strapparono bicchieri di vodka di troppo dalle mani, ma puntualmente avevo riso e bevuto ancora.
In così poco tempo mi ritrovai a ballare, così come tutti gli altri, ricoperta da un pesante strato di sudore. La mia pelle brillava sotto le luci di quel locale, la musica mi assordava la mente e disintegrava ogni immagine, l'alcol metteva a tacere ogni pensiero.
Ero libera, mi sentivo libera, da ogni peso, da qualunque nostalgia e sofferenza. Per una notte, ero libera.
Sta di fatto, però, che non scappi a lungo dalla verità.
La situazione stava totalmente degenerando: saltavo da una parte all'altra, bevevo anche più bicchieri di fila e mancava poco che avrei perso i sensi.
Non era sano, mi stavo uccidendo, ancora.
"Juliet, per favore, basta." Mi supplicò Rose, per l'ennesima volta.
Ma io ridacchiai, scuotendo la testa e facendole un occhiolino, prima di bere l'ennesimo sorso di vodka.
"Dobbiamo fare qualcosa." Sentii dire a Rose.
Ma non prestai attenzione alle sue parole, alzandomi dallo sgabello dov'ero seduta, diretta alla pista da ballo.
Ero andata ormai.
Saltai, in mezzo alla gente, scossi il mio corpo al ritmo della musica, chiusi gli occhi ed alzai le braccia. Come se tutto il resto non avesse importanza, come se la mia vita non fosse un raccoglitore pieno di problemi, come se non avessi appena distrutto il mio fidanzamento.
Non ricordo molto di quella notte, tutto quell'alcol non me lo permise.
Ricordo vagamente l'odore disgustoso del sudore, o il sapore bruciante dell'ennesimo bicchiere di vodka, qualche corpo sfregare contro il mio ed il conato di vomito che mi salì in gola quando un ragazzo provò a toccarmi. Riportò alla mia mente immagini che avrei per sempre voluto cancellare, le sue mani a me sconosciute, la sua voce a me fastidiosa e per nulla confortante, vomitare mi fu inevitabile.
E mentre io ero in bagno a recuperare un po' di quella ragione che avevo perso, mentre cercavo di rincorrere quel poco di dignità che m'era ancora concessa, Rose e Zayn si preoccuparono di chiamare rinforzi.

Macchiati di nero [HS]Donde viven las historias. Descúbrelo ahora