Capitolo 40.

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"Ti guardavo non perché la felicità siamo noi stessi.
Io ho imparato ad essere me stesso con te."
-Antonio Dikele Distefano

Sapete cosa ho imparato della vita però? Che non si ferma mai, che la ruota gira e che non per forza siamo destinati ad essere infelici, ma che prima o poi avremo tutti concesso il nostro, anche piccolo, spazio di felicità.
Io ne avevo passate tante, dalla violenza fisica, all'abbandono ed infine alla perdita di mio padre, l'unica famiglia che nella vita avevo sempre avuto.
Ma poi le cose erano cambiate.
Erano ormai passati cinque anni ed io ero cresciuta, ero diventata una donna, di cui forse mio padre sarebbe stato fiero; di ogni dolore avevo fatto un ricordo, curandomi di più di ciò che avevo e di ciò che veramente mi faceva stare bene.
Avevo iniziato a lavorare e le cose nel campo della scrittura andavano a gonfie vele, facevo la giornalista; amavo il mio lavoro.
Mi ero trasferita ancora una volta a Londra, nella città dove ogni cosa era iniziata, dove ero nata e poi cresciuta, dove avevo vissuto così a lungo.
Louis e Margaret portavano avanti il loro matrimonio, con un bambino di ormai quattro anni ed un piccolo angelo di nome Sara di soli sette mesi. A volte litigavano, lo facevano in un modo talmente brusco da urlare e far piangere i loro figli, ma sapevano sempre come far pace soltanto minuti dopo; erano forse la coppia più strana che io avessi mai avuto l'onore di conoscere.
Rose e Zayn, invece, si erano lasciati, ma l'avevano fatto senza nessun pentimento o rancore; l'amore a volte finisce e quand'è così meglio mettere un punto a quello che poi potrebbe soltanto ferire chi ne è dentro.
Le cose tra di loro però non peggiorarono, ma decisero di restare amici.
Una cosa che molto  mi sorprese in quegli anni, fu il rapporto che instaurai con Sally, la donna che frequentava mio padre prima della sua morte. Eravamo diventate quasi sorelle ed io ero felice per lei nel sapere che, alla fine, aveva trovato un uomo da amare.
Ed infine, come pezzo mancate, perso e poi ritrovato, dopo tutto finalmente ricucito sul mio cuore, c'era lui: Harry.
Era stato al mio fianco in tutta questa vita, senza mai farmi mancare nulla.
Aveva trovato un lavoro, mi aveva comprato una casa, bellissima.
Mi aveva sposata, ed il mio pianto disumano l'istante dopo aver pronunciato quel "sì, lo voglio", come se ogni tassello nella mia vita stesse finalmente tornando al proprio posto, dove bene stava e lì dove doveva stare.
Mi aveva resa la donna più felice in quel mondo permettendomi di mettere alla luce una bellissima bambina con i suoi stessi occhi e con il suo stesso sorriso.
Ed i pianti, i sorrisi, così infinito amore e così insuperabile felicità nello stesso momento in cui la bambina nacque, o quando pronunciò per la prima volta mamma e papà.
Non capii mai quanto affetto si prova per un figlio, non fin quando questo non crebbe nel mio ventre e nacque tra le mie mani.
Harry era follemente innamorato di quella bambina, che di nome faceva Caroline; impazziva per lei, era cotto e a volte la viziava forse un po' troppo.
E per Caroline non era da meno, suo padre era il suo re, il suo eroe.
A volte li ritrovavo a complottare contro di me, per qualche scherzo, soprattutto quando ero nei miei periodi di crisi di nervi tra il lavoro, la casa e la famiglia.
Ma quando poi li vedevo arrivare, correre verso di me, abbracciarmi e baciarmi, mi sentivo la donna più fortunata di quel pianeta ed ogni preoccupazione, o tensione svaniva, quasi non fosse mai esistita.
La mia famiglia, che così infinitamente felice mi rendeva.
Harry sarebbe sempre stato l'unico uomo capace di farmi sentire in quel modo.

Londra quel giorno splendeva ed il sole in quel pezzo di cielo non era mai stato tanto luminoso. Mi alzai prima ancora che la sveglia potesse suonare, lasciando Harry e Caroline a dormire nel grande letto.
Quella notte Caroline aveva avuto un incubo e per questa ragione era corsa via dalla sua stanza, facendosi spazio tra il corpo mio e di Harry, che l'avevamo accolta con mille baci ed altrettante carezze.
Caroline aveva soli quattro anni ed era una bambina così allegra, tranquilla, rispettosa e nonostante Harry la viziasse, sapeva quand'era arrivato il momento di smettere con i capricci.
Il cielo mi aveva fatto un dono così prezioso, che spesso stentavo a credere fosse reale.
Baciai il volto di Caroline e poi la fronte di Harry, carezzando i capelli di quest'ultimo prima di alzarmi ed andare in cucina a preparare la colazione.
Guardai oltre le tende in salotto, poi le aprii lasciando che i raggi di sole illuminassero ogni angolo della stanza.
Ed il mio cuore si riempie di così tanta pienezza, di così tanta felicità.
Dopo aver preparato la colazione lasciai il tavolo ricoperto di squisitezze per poi tornare in camera da letto a svegliare il mio re e la mia piccola e dolcissima principessa.
Avevano cambiato posizione: Harry disteso di schiena, teneva sopra il petto il corpo di Caroline, che con le labbra socchiuse respirava e dormiva beatamente.
Sorrisi, guardando le grandi mani di Harry, che stringevano delicatamente i piccoli fianchi della bambina.
Ricordai quand'ero io a dormire in quel modo sul suo corpo e sorrisi ancor di più, perché lui era adesso mio marito e quella era il nostro piccolo e bellissimo dono.
Salii sul letto, gattonando fino al volto di Harry e chinandomi per baciarlo sulla fronte.
Sussurrai il suo nome, con le labbra percorsi il suo volto; lui mugolò e poi sorrise.
Il mio cuore scoppiò quand'aprì gli occhi e lentamente mi sussurrò un rauco buongiorno.
Mi stupivo sempre di come dopo anni Harry riuscisse ancora ad avere gli stessi effetti su di me.
Gli sorrisi, vinta da ogni tentazione e baciando dopo le sue labbra.
"Buongiorno, amore." Mormorai tra un bacio e l'altro.
Harry ridacchiò, afferrandomi per la nuca ed indugiando sulle mie labbra.
Ci guardammo negli occhi quando le nostre labbra furono distanti e ricordo ogni singolo brivido sulla mia pelle quando i suoi occhi mi urlarono così forte fino ad arrivarmi dritto al petto, bellissimi ed infiniti ti amo.
Colpii dolcemente il mio naso contro il suo, poi mi allontanai.
Caroline dormiva ancora sul suo petto, ignara dei nostri baci; feci un cenno col capo ad Harry, chiedendogli di svegliarla.
Lui annuì, chinandosi sul volto chiaro e delicato della bambina, lasciandole un tenue bacio sulla fronte le sussurrò con più dolcezza possibile di svegliarsi.
Caroline aprì gli occhi, sbattendoli più volte, prima di richiuderli lentamente.
Sorrisi perché avrebbe sempre preferito continuare a dormire.
"Piccola di mamma, devi svegliarti." Le dissi.
Con le piccole mani si aggrappò alla t-shirt nera che Harry indossava, mugolando.
Guardai Harry sollevarsi per sedersi, con la bambina tra le braccia, che solo allora aprì gli occhi.
"Papà." Chiamò.
Rimasi incantata, totalmente catturata dall'immagine di Harry che le baciava una guancia e le sussurrava all'orecchio il suo amore nei suoi confronti.
A guardarli in quel momento mi resi conto di quanto infinitamente amassi entrambi; erano parte della mia vita, o meglio, erano la mia vita. A stento riuscivo ad immaginare una vita senza loro.
Mi avvicinai, avvolgendo le spalle di Harry con le braccia, Caroline con aria completamente assonnata, mi guardò.
"Dormito bene, bella mia?" Le dissi, mentre con la mano accarezzavo il suo piccolo viso.
Seduta sulle gambe di Harry, si spinse con le mani fino a raggiungermi con le braccia, allacciandole al mio collo e stringendomi al suo fragile corpo.
"Sì, mamma." Mormorò, "però prima ho fatto un brutto sogno e mi sono spaventata."
Si lasciò cullare dalle mie carezze, appoggiata al mio corpo; Harry avvolse il mio corpo tra le sue gambe, stringendoci.
Accarezzai i capelli di Caroline, mentre lui cullava entrambe, con dolci carezze e piccoli sussurri.
Harry non era soltanto un buon marito, o un perfetto padre, ma era soprattutto il luogo in cui sia io che Caroline avremo sempre trovato conforto.
"Cosa hai sognato, bambina?" Le chiese lui.
E se io per Harry ero sempre stata la sua bimba, Caroline era la sua bambina. Che comunque è lo stesso, ma per Harry era differente. Continuava a chiamarmi in quel modo, nonostante ormai avesse davvero la possibilità di chiamare qualcuno così; diceva sempre che bimba per lui sarei sempre stata io, non importava quanti altri figli avremo avuto.
Io ridevo, perché a volte era così buffo da pensare.
Ad ogni modo, Caroline si spostò i capelli dalla fronte con le sue esili mani, prima di rispondere.
"Tu e mamma mi lasciavate da sola al buio." Mormorò.
Il mio cuore si sciolse e mi fecero così tanta tenerezza quei due occhi verdi e belli, come quelli del padre, mentre confessava d'aver avuto il terrore che i suoi genitori potessero abbandonarla.
L'abbracciai, Harry ci abbracciò.
"Ma non succederà mai Caroline, per nessun motivo al mondo ti lasceremo." Le baciai la fronte, "saremo sempre con te, okay?"
Caroline mi guardò, annuendo e sorridendo alle mie parole.
A lei bastava questo. A lei bastavano baci e mille coccole, così tante certezze, per stare bene. Non desiderava giochi a palate, si accontentava della mia mano e del mio sorriso per divertirsi, si accontentava degli occhi e dei capelli di Harry per innamorarsi.
"Adesso andiamo a fare colazione, dai!" La spronai, sorridendo.
Ed insieme, io, lei ed Harry, passammo la mattina mentre l'amore e l'affetto, esplodevano nell'aria.

Macchiati di nero [HS]Where stories live. Discover now