Capitolo 14.

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"Ho lottato invano. Non ci riesco.
Non posso reprimere il mio sentimento.
Devo permettermi di dirle con quanta passione l'ammiro e la amo."
- Orgoglio e pregiudizio, Jane Austen.

Non ci pensiamo. A volte facciamo cose, prendiamo scelte, e non ci pensiamo. Ce ne freghiamo delle conseguenze. E lo facciamo, ci buttiamo, azzardatamente rischiamo.
Come nulla fosse.
Non ci pensiamo, semplicemente perché non ci importa. Non ci importa se determinate nostre azioni possono ferire, o fare del bene, a qualcuno. Non ci importa se possiamo distruggere tutto con il niente. Ma siamo fortemente convinti che quella è la cosa giusta da fare, o da dire. E com'è possibile che abbiamo ragione, possiamo anche sbagliarci. Quella decisione che per noi è così giusta, può essere così sbagliata e distruggere, mandare tutto a rotoli in un tempo che a noi non sembra nemmeno essere passato. Perché è così veloce, così potente, che ci lascia prima senza fiato e, poi, senza niente.
Eppure, io non riuscivo a trovare qualcosa di sbagliato nello stare con Harry. Era così maledettamente giusto per me, perché stavo bene, ero viva.
Non mi importava, qualunque fossero state le conseguenze, ne valeva la pena.
Ne valeva la pena per un giorno in cui finalmente potevo respirare, potevo vivere e smettere di sopravvivere.
In quel tempo che a me non è sembrato nemmeno passare, non c'era altra ragione, se non Harry.
Mio padre, i ricordi, il dolore, il tempo passato e Lucas con i nostri problemi, non c'erano più. Erano solo piccole gocce d'acqua in un immenso oceano, che era Harry. Vedevo solo la cosa più grande, più bella, più luminosa, l'oceano, che solo una piccola ed insignificante parte che lo costituiva, come una goccia d'acqua.
Tutto quello era soltanto parte della mia storia contorta con Harry.
In un modo malato, ogni cosa, rendeva la nostra storia più bella, rendeva lui l'unico.
E sì, mi ero sentita così bene quella giornata che a raccontarla sento ancora il cuore battere forte, come un tempo, come fosse vivo più che mai.
Non sono sensazioni che si dimenticano.
Forse puoi dimenticare come accade, o cosa accade di preciso, ma non puoi mai dimenticare cosa si prova, la sensazione di un cuore che pulsa e brucia dentro il petto. Una sensazione che quando poi finita, stenti a crederci. Una sensazione che vorresti non finisse mai.
O almeno, personalmente per me, era così. L'amore mi rendeva migliore.

Harry era di spalle, davanti l'entrata della gelateria in cui c'eravamo dati appuntamento, dopo aver parlato per più di un ora al telefono, passando da un discorso all'altro senza mai davvero rendercene conto.
Indossava un cappotto color miele e dei jeans neri, aderenti alle sue gambe lunghe e magre.
Teneva le mani dentro le tasche del cappotto, il volto rivolto verso la vetrina della gelateria ed i capelli lunghi sulle sue spalle, volavano spinti da un leggero vento pungente.
Fu lì, proprio quando lo vidi di spalle, che il mio cuore batté forte e ancora, ricordandomi ogni sensazione.
Sorrisi inconsapevole ed avanzai silenziosamente, fino ad essere ad un solo passo da lui.
Siamo così vicini, adesso, che ho quasi paura tu possa sparire da un momento all'altro e lasciarmi ancora con un cuore in frantumi tra le mani.
Allungai le braccia e poggiai le mani fredde sui suoi occhi.
Ridacchiai quando lo sentii trasalire a causa delle mie dita fredde al contatto con la sua pelle piuttosto calda.
"Mh, chi sei?" Domandò sorridendo.
Sapeva bene fossi io.
"Indovina."
Si portò un dito alle labbra, fingendo di pensarci su, poi ridacchiò.
"Vediamo, sei alta più o meno un metro e mezzo centimetro, hai i capelli castani e gli occhi azzurri. Dico bene, Juliet?"
Scoppiai a ridere, togliendo le mani dal suo volto. Lui sorrideva ed era un sorriso così bello, così luminoso, che anche il buoi ed il vuoto più temibile avrebbero impallidito davanti a tanto splendore.
Lo colpii sulla spalla con la mano, protestando sul suo "sei alta più o meno un metro e mezzo centimetro".
Lui sorrise ancora, felice.
Aveva sempre adorato prendermi in giro per la nostra evidente differenza d'altezza, ed , infondo, era una cosa che io adoravo. Mi divertivo e sapevo stesse ovviamente soltanto scherzando. E mi piaceva pensare a come io fossi così piccola nei suoi confronti, così piccola da sentirmi interamente protetta tra le sue braccia.
Non c'era paura che tenesse quando il mio corpo era stretto al suo. Ma c'era sicurezza, tesoro, amore. Che bastava, per quella vita e per altre cento.
Smisi di ridere e per pochi attimi restammo a guardarci, in silenzio, con soli due sorrisi dipinti sul volto.
Io ammiravo quanto fosse diventato bello, non che prima non lo fosse.
Harry era sempre stato di una bellezza, a parer mio, sovrumana. Con i suoi occhi verdi e le sue labbra di una tonalità perfettamente rosea, era al di fuori della portata di un essere umano.
Poteva essere quel genere di bellezza che non piace a tutti, ma il più delle volte colpiva e lo faceva in pieno.
Harry, oltre ad essere bellissimo, era affascinante, attraente, meraviglioso. E non sono qualità che trovi in chiunque, o almeno non le trovi tutte nella stessa persona.
Ma quel pomeriggio, notai quanto alcune cose fossero cambiate, oltre i suoi capelli decisamente più lunghi. Notai le sue labbra più screpolate, i lineamenti del suo volto più incisi, più virili e sulla pelle quel sottile strato di peluria invisibile di un tempo, si era decisamente più infoltito.
Sul suo perfetto volto, c'erano anche i segni del tempo. L'espressione, pur essendo felice, era anche stanca.
Osservai ammaliata ogni suo particolare cambiamento e non potei fare a meno di pensare a quanta bellezza assurda avessi davanti.
"Che c'è?" Domandò Harry dopo un po', alzando un sopracciglio.
"Sei sempre bellissimo." Sussurrai.
Non controllai le mie parole e senza che me ne rendessi conto avevo dato voce ai miei pensieri in un complimento poco opportuno e molto imbarazzante, data la nostra situazione.
Harry mi guardò, con le labbra socchiuse prima che sul suo viso si aprisse un sorriso ancora più grande e luminoso di quello di prima.
Io abbassai subito il volto, imbarazzata dell'accaduto.
"S-scusa, io non dovevo..." Balbettai.
Harry rise, prima di portare l'indice sotto il mio mento ed alzare il mio capo.
"Grazie." La sua voce era dolce, così come il suo sorriso, "entriamo?"
Annuii ed insieme entrammo in quella gelateria.
Quel posto era tranquillo, non c'erano molte persone se non per una coppia di giovani ragazzi, un uomo piuttosto grande insieme ad una dolce bambina dai capelli dorati, ed infondo alla gelateria, in un piccolo tavolo, erano sedute due ragazze.
Forse perché in pieno inverno una cioccolata calda era preferita ad un gelato.
Tra quelle persone, comunque, rimasi incantata dall'uomo e dalla bambina e mentre Harry prevedeva a prendere i nostri gelati, io mi ero accomodata su un tavolo a guardare incantata quella dolce immagine.
Poteva essere il padre, d'altronde si somigliavano molto. Quell'uomo aveva allungato un cucchiaio colmo di gelato verso le labbra di quella tenera bimba, che aveva preso il boccone e poi sorriso verso di lui.
Era l'immagine più dolce a cui avessi mai assistito: un padre che sorride, nel guardare la sua bambina.
Ma a colpirmi più di tutto fu la luce che brillava negli occhi di quell'uomo quando guardava la bambina sorridere. C'era amore, c'era affetto, c'era tutto quello che avrebbe potuto dargli, in quegli occhi.
Pensai a come sarebbe stato per me guardare in futuro, mio marito giocare con mia figlia. Pensai se mai questo sarebbe accaduto.
A distrarmi dai miei pensieri, furono le due ragazze infondo alla gelateria. Stavano parlando e ridendo, lanciando certi sguardi verso il mio tavolo. Solo allora mi accorsi che Harry si stava accomodando proprio davanti a me.
"Va tutto bene?" Mi chiese.
Gli sorrisi.
"Sì, è tutto okay."
Non c'erano dubbi che Harry avesse attirato la loro attenzione, perché un ragazzo tanto bello non passa di certo inosservato.
Eppure, mi sentii infastidita dal comportamento infantile delle due ragazze. Era ovvio che Harry fosse attraente e bello da guardare, ma provai fastidio nel sapere che qualcun altro, lì dentro, lo stesse facendo un po' troppo. Come se fossi solo io a volevo guardare, o a poterlo guardare.
"Sei sicura?"
Annuii e sorrisi ancora.
Guardai la coppetta di gelato alla nocciola che Harry mi aveva portato, prima di mangiarne un cucchiaio abbondante.
Mugolai in apprezzamento e sentii Harry ridacchiare.
Alzai gli occhi verso di lui, il quale, anche lui, si stava portando un cucchiaio tra le labbra.
"Hai preso pistacchio?"
Lui annuì e per poco mi fermai a ricordare quanto lui amasse quel gusto.
Allungai un braccio, rubando dal suo cono una cucchiaiata di gelato.
"Ehi!" Protestò.
Risi e mi sentii come se tutto quello fosse appena iniziato. Mi sentii come se finalmente, dopo anni, stessi per passare un giorno in cui ogni peso era più leggero, ogni problema non era mai esistito, e la mia vita fosse un po' migliore.
"Sono contento che tu sia venuta." Mi guardò, "non credevo l'avresti fatto."
Giocai nervosamente con il piccolo cucchiaio, pasticciando il gelato all'interno della coppetta.
Sentivo il suo sguardo addosso, l'aria restringersi, le mani tremarmi.
"Il tuo ragazzo è d'accordo?"
E questa volta l'aria era finita, il suo sguardo mi aveva attraversata e le mie mani non sembravano volersi fermare.
Mi sentii colpevole e consapevole.
"A Lucas non piace l'idea che io passi il mio tempo con te."
Azzardai a guardarlo.
Harry mi guardava intensamente, con l'ombra di un egocentrico sorriso sotto le labbra. Il genere di sorriso che hanno le persone quando capiscono di aver vinto il gioco, ancora prima d'averlo iniziato.
"Ma sei qui." Constatò.
"Ho sempre odiato quando qualcuno mi dice cosa fare."
Ma tutta quella, era soltanto una scusa per nascondere che, in realtà, io morivo dalla voglia di passare il mio tempo con Harry.
Lo sapeva Lucas, lo sapeva Harry e lo sapevo anche io, solo che non mi era facile ammetterlo, o almeno non ad alta voce.
"Oh, sì! Questo lo so bene." Ridacchiò, "quando ti dicevo di non fare qualcosa, tu la facevi di proposito per ripicca!"
Scosse il capo sorridendo. Quello era anche uno dei motivi per cui il soprannome che mi aveva affibbiato col tempo, "bimba", fosse esattamente perfetto per me.
Annuii, sorridendo.
C'erano cose però, che non sarebbero mai cambiate.
Se mi guardi, so che tu sei in grado di farlo, di leggermi e di vedermi, che la ragazza di cui ti sei innamorato un tempo, è ancora qui. Sta solo aspettando che qualcuno vada a riprenderla. Ho smarrito la mia strada.
Harry si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, prima di sorridermi.
"L'hai fatto apposta? Sei qui per fargli un dispetto, allora?"
Se io avessi risposto di sì, non so bene se quella risposta fosse stata di suo gradimento.
Che se Harry provava ancora qualcosa per me, non penso che essere usato come cavia per far ingelosire il mio ragazzo, gli andasse molto a genio.
Ecco perché nella sua voce trasparì l'amarezza ed il disappunto.
Ad ogni modo, scossi la testa e sorrisi.
"No," sussurrai, "sono qui perché è quello che voglio."
Non c'era nient'altro che volessi di più in quel momento. Niente se non lui, tante chiacchiere ed il nostro gelato. Ma soprattutto lui, che allora mi stava sorridendo e mi stava guardando come a me piaceva essere guardata, come solo lui sapeva fare.
Non desideravo niente di più, in quel momento, se non continuare a sentire il cuore battere come stava battendo: forte, veloce, pulsante e caldo; vivo.
Non smettere di farmi battere il cuore.

Macchiati di nero [HS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora