Capitolo 6.

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"Perché tra amore e morte non ci sono che due lettere di differenza."
-Guillaume Musso.

Harry's pov.

L'amore ci rende fragili. L'amore ci fa male, ci distrugge, ci rende piccoli ed indifesi. L'amore ci fa soffrire, ci fa passare le pene dell'inferno pur essendo sulla terra. L'amore ci costringe, l'amore ci mette alle strette. L'amore ci rende ossessionati, preoccupati, ansiosi, impauriti. L'amore ci fa impazzire.
Noi impazziamo, crolliamo, cadiamo e non ci rialziamo. Noi ci lasciamo distruggere, ci lasciamo trasportare, ci lasciamo ossessionare, ci lasciamo coinvolgere.
E non ci opponiamo.
L'amore ci uccide e noi glielo lasciamo fare.
Siamo troppo deboli per opporci a qualcosa di così grande, così forte; per contraddire il sentimento dominante, quello che ha potere anche sulla mente e sulla ragione.
Siamo schiavi, ma non ci importa quante frustrate riceveremo.
L'amore ci illude che tutto quel dolore forse un giorno potrà finire. Ma non per tutti esiste quel privilegio.
Puoi sopravvivere solo se con te hai chi combatte, solo se con te hai chi soccombe.
Ma da solo, da solo non vai da nessuna parte. Resti soltanto immobile.
Ed è in quell'immobilità che ti rendi conto che è arrivata la fine, che sei rimasto solo, che non c'è più nessuno, che sei solo tu con le tue illusioni e false speranze. Che non c'è più nulla da fare, nessuna soluzione, nessun rimedio.
Solo l'impossibilità e il vuoto.
Così chiudi gli occhi cercando di riaprirli in un posto dove forse poi non fa tanto schifo la realtà.
Ma sei sempre al punto di partenza.

Aprii gli occhi, ma la mia realtà era quella di sempre: fredda, sola, triste.
Contorsi le labbra in una smorfia e mandai giù ancora un altro bicchiere di whisky.
Bruciava la gola, ma poco importava.
Il fuoco nel camino aveva smesso di bruciare, ma il mio corpo era caldo e avrei tanto voluto fosse stato caldo perché qualcuno era lì a riscaldarlo, qualcuno dagli occhi azzurri, qualcuno dal viso angelico, qualcuno che sapeva tanto della mia Juliet; ma era solo l'alcol che scorreva nel mio corpo a mantenerlo caldo.
Buttai la testa all'indietro sul divano, giocando nel frattempo con il bicchiere vuoto.
Ed eccomi lì, nella mia immobilità vuota.
Eccomi nel momento in cui pensavo a come le cose un tempo erano state diverse e a come erano diventate alla fine.
Mentre pensavo a cosa avevo perso, a chi avevo perso; nessuno era lì a lottare con me, per me; nessuno era lì a soccombere per me, con me. Nessuno.
Mentre cercavo disperatamente di capire come uscirne, di capire se ci fosse ancora qualcosa possibile da salvare.
Ma nel frattempo affogavo in un mare di ricordi, nel fondo del bicchiere ormai vuoto, e nel whisky che ancora un po' galleggiava nella bottiglia.
La testa mi girava.
Chiusi gli occhi. Pensavo a come sarebbe stato bello riaprirli e scoprire che tutto quello era solo un brutto sogno, uno di quelli che vuoi dimenticare.
Ma il bruciante dolore al petto, quell'assenza, quel vuoto, non poteva essere altro se non reale.
Era una situazione pessima la mia, lo stato in cui mi trovavo era più o meno simile a quello di un barbone ubriaco che cammina, inciampa, marcisce per le strade. L'unico problema era che io oltre ad essere marcio fuori, lo ero anche dentro. Totalmente a brandelli.
Sentii un leggero bussare alla porta, mentre mi rigiravo sul divano. Gemetti.
"Chi cazzo è?" Sussurrai, sprofondando la testa sul cuscino.
Il bussare alla porta da leggero divenne insistente e in poco tempo chiunque ci fosse dietro stava sbattendo i pugni sul legno della mia porta.
"Harry, apri! Sono Louis!"
"Vaffanculo." Sussurrai ancora.
Non riuscivo nemmeno ad urlare, anche se urlare era l'unica cosa che avrei voluto fare.
Passarono pochi minuti prima che i pugni alla porta riprendessero e Louis ricominciasse ad urlarmi di aprire.
Fin quando non mi alzai e con tutto intorno a me che girava, andai ad aprire.
Dal volto di Louis traspariva la preoccupazione e il nervosismo; le sopracciglia aggrottate e le labbra serrate.
Caro amico mio, tu non capisci il dolore che mi consuma.
Mi guardò negli occhi ed io, impassibile, ricambiai quello sguardo che in me cercava qualcosa, ma non trovava nulla.
Non sono niente senza di lei.
Alla fine feci qualche passo indietro e poi abbandonai la porta ritornando sul divano.

Macchiati di nero [HS]Where stories live. Discover now