Capitolo 7.

4.5K 262 44
                                    

"Ma se soltanto potessi averti accanto, forse non ti direi niente, ma ti guarderei soltanto."
-F. De Gregori

M'era sempre piaciuto stare in silenzio, anche da sola, se possibile.
Perché tante volte ci sono troppe cose che non ascoltiamo, troppe cose che riteniamo scontate a cui non prestiamo attenzione; come il semplice suono del vento: così delicato, così leggero, che se l'ascolti bene ti riempie di pace.
Come il suono delle onde del mare: così dolce, ma al tempo stesso così violento.
Come il suono dell'acqua di un fiume: così limpido, così puro.
Chi mai si è davvero fermato ad ascoltare senza parlare? Forse dovrebbero farlo un po' tutti.
Perché il silenzio a volte ti cura, quel silenzio ti culla, ti calma.
Passare ore senza dire nulla, soltanto il suono del nulla, che a volte fa più rumore di quanto sembra.
Quando ancora io ed Harry stavamo insieme, anche i nostri silenzi erano piacevoli, ma questo l'ho già detto.
Quei silenzi pieni d'amore.
Ma da quando era andato via, stare in silenzio non era più di certo una cosa che gradivo; quel silenzio allora mi urlava tante cose che avrei preferito lasciarmi alle spalle, non dimenticarle, semplicemente camminarci sopra. Ma se c'è qualcosa lì a ricordartelo costantemente, non puoi semplicemente passarci sopra.

Stavo seduta a terra con le gambe incrociate, il gomito sul ginocchio e la testa appoggiata sulla mano. Erano soltanto le cinque e qualcosa del mattino quando avevo aperto gli occhi quel giorno, dopo non ero più riuscita a dormire. Pensai fosse dovuto al cattivo sogno, che m'aveva più volte svegliata durante la notte. Anche dopo lo sfogo che avevo avuto nel cuore della notte, anche dopo che mio padre aveva provato a cullarmi, non avevo poi dormito più di tanto, forse soltanto un'oretta. Alla fine m'ero risvegliata, alle riprese con un altro incubo. Così c'avevo rinunciato a dormire, e mi ero seduta sul pavimento a guardare sorgere il sole, anche se quel giorno le nubi decisero di tenerlo all'oscuro dal mondo. Brutto segno.
Quella mattina, in camera mia, seduta davanti la finestra a guardare il vento far sbattere gli alberi fuori, con solo il silenzio a farmi compagnia, ricordai un giorno in cui niente mi faceva paura. Quella giornata sapeva tanto di un'altra.

Il vento soffiava pesante fuori dalle finestre, del sole nemmeno l'ombra e in vista una grande pioggia. Avrebbe dovuto essere un brutto giorno, ma sapevo non lo sarebbe stato. Lo sapevo, lo sentivo.
Con lui un giorno, brutto, non lo era mai.
Me ne stavo distesa sul letto a pancia in giù, con un braccio sotto il cuscino e l'altro a penzolare fuori dal letto.
Harry mi stringeva al suo petto e potevo sentire il suo respiro caldo sbattere sulla pelle del mio collo, dove lui teneva la testa appoggiata.
Quando stavamo insieme mi diceva sempre d'amare quel nostro modo di dormire, diceva che così poteva sentire meglio il mio profumo e diceva d'amarlo, diceva che lo tranquillizzava, diceva che si sentiva nel posto giusto, diceva di sentirsi completo.
Era un continuo battito d'amore.
"Piccola." Sussurrò Harry al mio orecchio.
"Mmhh.." Mormorai.
Strinsi il cuscino tra le mie braccia, ma senza nessuna intenzione di aprire gli occhi.
Sentii la mano di Harry strisciare sotto le coperte e cercare la mia tra le lenzuola, finché non la trovò e la strinse tra le sue dita. Il freddo metallo dei suoi anelli a contatto con le mie dita.
"Sveglia, dormigliona." Sussurrò ancora.
Le sue labbra sul mio orecchio, il suo fiato caldo sulla mia pelle.
Strinsi gli occhi.
"Che ore sono?"
Sfregò il naso sul mio collo prima di lasciarvi un dolce bacio.
Il mio corpo scosso dai brividi, amavo i baci sul collo, amavo i suoi baci, ovunque essi erano.
"Uhm, quasi le otto."
Accarezzò il mio braccio con la punta delle dita, lasciando qualche altro bacio sulla mia spalla.
E sarei rimasta lì volentieri tra le sue braccia, con i suoi baci e le sue carezze per giorni interi, senza mai stancarmi.
Harry era quel genere di piacere che non ti stanca mai, come la pizza, come il mare.
Alzai la testa dal cuscino, allungando una mano per prendere il cellulare sul comodino, e quando lo schermo si illuminò mostrandomi l'ora quasi non urlai istericamente ad Harry.
"Ma sono le 7 e un quarto, perché diamine mi hai svegliata?!" Brontolai.
Mi piaceva dormire, adoravo stare a letto. Soprattutto d'inverno, tra le coperte e al caldo. Avrei preferito cento volte passare tutto il giorno sul letto che in giro per la città a svolgere qualsiasi tipo di commissione; ancora di più preferivo restare a poltrire se con me c'era Harry.
Girai la testa verso Harry e lo vidi mettere il broncio, mentre mi guardava con quegli occhi dolci che tremendamente amavo.
"Ho detto che erano quasi le otto, ma non che lo fossero." Si difese.
Alzai un sopracciglio.
"Stai scherzando, spero."
Appoggiai di nuovo la testa sul cuscino, questa volta con lo sguardo rivolto verso Harry.
Teneva ancora il broncio e mi fissava come fosse un cane bastonato, tanto da farmi tenerezza e farmi pentire d'essere stata così rude con lui.
Accarezzai il suo volto con la punta delle dita, i suoi occhi puntati nei miei. Con una mano spinsi indietro i suoi ricci e lui chiuse gli occhi.
"Ti ho svegliata perché altrimenti poi non hai tempo per me." Sussurrò quasi intimidito.
Lasciai scivolare la mia mano sulla sua spalla, lui la prese e iniziò a giocare con le mie dita. Riaprì gli occhi, così verdi e così luminosi che mi tolsero il fiato.
"Cosa intendi?" Domandai.
Mi spostai sul materasso, scivolando più vicino a lui, ma rimanendo sempre nella stessa posizione.
Lui mi accolse, avvolgendomi con un braccio, mentre si reggeva con un gomito e teneva la testa appoggiata sulla mano, per guardarmi.
Non capii subito cosa intendesse.
Lasciai un bacio sul suo petto. Pensai a quanto fosse bello poterlo baciare quando desideravo. Era quello uno dei privilegi dello stare con Harry: poterlo baciare, abbracciare, stringere, quando volevo anche senza un motivo ben preciso.
"Perché se ti svegli alle otto in punto, non hai tempo per me, voglio dire, per poter stare un po' qua con me." Mormorò, "vai sempre di fretta per essere puntuale o addirittura in anticipo."
La sua voce calma, la sua rivelazione così tenera.
Cristo, quest'uomo. Era la mia salvezza, era la mia rovina.
Lo guardai senza dire nulla, e senza bisogno di nessuna parola allaccia le braccia dietro il suo collo e lo strinsi a me, forte.
"Scemo, sei uno scemo." Sussurrai, ridacchiando.
Harry strinse le braccia dietro la mia schiena, nascondendo il volto nell'incavo del mio collo. Schioccò diversi baci sulla mia pelle, che si ricoprì di brividi.
Mi cullò dolcemente tra le sue braccia, continuando a lasciare diversi baci sul mio collo o sul mio volto, sussurrando che mi amava e che era me che avrebbe sempre voluto, non allentò mai la stretta, non abbandonò mai il mio corpo.
Poi restammo in silenzio, abbracciati.
Ecco il silenzio che con Harry amavo, quello fatto di baci, quello fatto di coccole.
Era in momenti come questo che mi rendevo conto di quanto fossi fortunata ad avere un ragazzo d'oro come Harry al mio fianco, di quanto l'amavo di un amore smisurato.
Carezze, pelle d'oca, profumo annebbiante, amore incondizionato, baci, parole sussurrate, sorrisi, silenzi. Questo eravamo noi, questo era lui.
"Sai, devo ammettere che tutto questo non è male." Ridacchiai.
"Cosa?" Sorrise.
"Noi." Sul mio volto un piccolo sorriso timido.
Harry mi guardò, le labbra piegate all'insù e un'espressione dolce sul volto, i suoi occhi nei miei.
I tuoi occhi erano le parole più belle che avessi mai letto.
Niente sarebbe mai stato in grado di essere così magnificamente travolgente come quegli occhi.
Mi baciò dolcemente all'angolo delle labbra, mentre io ancora sorridevo.
Tutto quello senza mai allontanarci troppo dal nostro abbraccio sotto le coperte.
"Quindi domani sveglia alle sette e mezzo? Così avrai tempo anche per me." Propose.
Alzai un sopracciglio, "No."
Poi scoppiai a ridere perché la sua espressione, da speranzosa e contenta, si rabbuiò, proprio come quella di un bambino quando gli si nega qualcosa, come una caramella.
Harry seppellì la testa nel mio collo soltanto per darmi un morso e borbottare qualcosa.
Guaii quando i suoi denti strinsero la mia pelle e provai a spingerlo dalle spalle, ma lui rise e mi morse ancora e giocosamente il collo.
"Per favore."
"Mh..." Sfiorai il suo volto con la punta delle dita prima di spostare qualche ricciolo dalla sua fronte, "va bene." Acconsentii.
Infondo come avrei potuto negare tutto quello a quell'uomo che amavo da morire? Non potevo.
Perché quei giorni passati a letto a stringerci, ad amarci, erano di sicuro parte fondamentale dei giorni più belli della mia vita, di cui la maggior parte, se non tutti, comprendevano Harry.
Harry sorrise, prima di afferrare il telefono dal comodino e spostare la sveglia.
Intrecciai nel frattempo le nostre dita e in quel gesto i mie occhi caddero sull'anello che Harry portava al medio.
Quell'anello era il mio preferito tra tutti quelli che portava. Era un semplice anello in argento con dei graziosi ghirigori; sarà stata la fantasia, o non so cosa, ma adoravo quell'anello.
Giocai con le sue dita, mentre lui imprecava contro il suo telefono che ultimamente sembrava non volerne sapere più nulla di stare tranquillo e non bloccarsi per qualunque cosa.
Sfiorai più volte quell'anello con le mie dita, finché Harry, dopo aver terminato la sua serie di insulti verso quell'aggeggio che lui chiamava telefono, ed essere riuscito a reimpostare la sveglia, se lo tolse dal dito e me lo porse.
"Prendilo."
Alzai il capo verso di lui.
"Cosa? Perché?"
"So che ti piace, prendilo, è tuo."
Presi l'anello titubante, lo rigirai tra le dita prima di provare a metterlo in una di queste. L'anello era troppo grande per le mie magre e piccole dita. Corrucciai la fronte e dalle mie labbra uscì un piccolo sbruffo.
"Nemmeno mi viene." Borbottai.
"Allora me lo riprendo."
Harry si finse offeso, mentre tentava di riprendere quell'anello dalle mie dita, ma io fui più veloce ad afferrarlo e a stringerlo in un pugno; l'ombra di un sorriso sotto la finta espressione offesa sul volto di Harry.
"No, adesso è mio."
Harry rise.
Mi strinsi a lui rigirandomi ancora l'anello tra le dita, godendomi quel suono meraviglioso accompagnato dal battito del suo cuore.
Il mio batteva fortissimo.
Harry appoggiò una mano sulla mia guancia e con il pollice sfiorò le mie labbra e poi la piccola ruga sulla mia fronte.
"Togli questo broncio, bimba." Sussurrò sulle mie labbra.
Bimba. Mi aveva sempre chiamata così, diceva che a volte gli ricordavo tanto una bambina capricciosa, o talvolta tenera. Era un nomignolo che mi aveva affibbiato il giorno del mio diciottesimo compleanno, il giorno in cui sarei dovuta diventare una donna, passare alla maggiore età; era controsenso il suo discorso, ma la prima cosa che mi disse fu "tanto, anche se cresci, rimani sempre una bimba". Da allora in poi era diventata un'abitudine, e all'inizio sapevo mi chiamasse in quel modo soltanto per farmi innervosire perché sapeva quanto mi desse fastidio, ma poi, col passare del tempo, avevo imparato ad apprezzare quel nomignolo, tanto da imbronciarmi se mi chiamasse in altro modo.
Mi baciò dolcemente, affinché il mio volto si rilassasse ed io sorrisi sulle sue labbra.
"Vedrò se si può fare qualcosa per farlo stringere, così potrò metterlo."
Harry annuì, carezzandomi gli zigomi con la punta delle sue dita.
"Così puoi portarmi sempre con te." Sussurrò.
Io sorrisi ed annuii.
Mi piaceva l'idea di avere qualcosa di lui sempre con me, qualcosa che mi ricordasse la sua presenza costante nella mia vita, qualcosa che mi ricordasse che nonostante tutto, lui c'era.
E ci sei ancora.

Macchiati di nero [HS]Where stories live. Discover now