Capitolo 18.

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"M'accorsi come le sue pupille erano rosse di pianto;
non mi parlò, ma mi ammazzò con un'occhiata quasi volesse dirmi: Tu mi hai ridotta così."
-Ugo Foscolo.

Dopo la passione, dopo la tentazione, dopo l'amore, c'è la rabbia.
E la rabbia è forse il sentimento più pericoloso, dopo l'amore.
La rabbia ci acceca, non ci fa capire più nulla, ci fa dire e fare cose inimmaginabili, ci fa sbagliare, ci fa dire troppe verità e si sa che le verità sono sempre le più dure d'accettare. Vogliamo tutti sapere così tanto la verità di ogni cosa, ma non sappiamo che a volte è meglio restare all'oscuro di ogni sicurezza che poi ci riempie d'incertezza.
Io ne avevo avuto le prove.
Avevo fatto l'amore con Harry ed io stessa avevo scoperto una verità che da due anni mi ero obbligata a nascondere: amavo Harry.
E la sua assenza non aveva fatto altro che alimentare questo nostro amore malato.
Così, dopo aver passato una delle notti più belle della mia vita con lui, dopo averlo rivisto ed essermi persa nel nostro silenzio e nelle sue braccia a cullarmi, ho realizzato quella verità così evidente.
E mi sono arrabbiata, nel petto mi si è acceso un fuoco, mi sono bruciata, l'ho odiato e poi mi sono odiata.
Mi sono data della debole, della stupida, dell'irrazionale. Perché se fossi stata nessuna di queste cose, non avrei fatto nulla di tutto quello che era successo.
Mi sono arrabbiata con me stessa per non essere stata in grado di resistere alla tentazione, mi sono arrabbiata con lui per essere stato così egoista.
Era una rabbia inumana la mia, che se avessi visto Harry l'avrei riempito di schiaffi, per essere stato così uno stupido ad avermi lasciata.
Ero così arrabbiata con lui, come se la rabbia che in due anni non si era mai presentata nei suoi confronti, stesse uscendo fuori tutto insieme dopo la consapevolezza delle mie azioni.
Ero arrabbiata con lui perché non si era scusato, perché era stato un codardo, uno stupido egoista, perché non m'aveva nemmeno detto ti amo.
Ma più di tutto ero arrabbiata con il fatto che nonostante la rabbia feroce, ne ero ancora perdutamente innamorata di questo stupido, codardo ed egoista ragazzo.

Sbattei la penna sulla scrivania, stanca ed esausta, con quella rabbia a ribollirmi nello stomaco.
Ero stanca di continuare a rivedere l'immagine dei nostri corpi aggrovigliati, senza riuscire a studiare, ero stanca di risentire la sua voce sussurrarmi al mio orecchio, rendendomi sorda, ero stanca di non capirci più nulla. Ero stanca perché volevo più sicurezze, le necessitavo, allora come mai prima.
Mi portai le mani tra i capelli, chiudendo gli occhi e sospirando, e quando il mio respiro rallentò li riaprii.
L'aria in casa mia era tranquilla, mio padre in salotto guardava un film, Rose era appena andata via, quel pomeriggio arrivava anche Zayn e lei era andata ad aspettarlo in aeroporto, ogni traccia della presenza di Harry la notte prima sembrava essere svanita.
Ma il tuo profumo lo sento ancora addosso, incastrato nella pelle.
Dopo essere passato la notte prima, dopo aver taciuto insieme ed aver trascorso la notte a stringerci come non dovesse esserci un domani, si era svegliato ed era andato via. Mi aveva lasciata al centro del letto, raggomitolata su me stessa, a stringere il lenzuolo e non più il suo corpo. Era andato via come nulla fosse accaduto, come se quella notte e quella ancora qualche giorno prima, non gli avessi consegnato l'ultima parte che restava di me.
E questo mi mandava in bestia ancora di più, il suo essere sempre così codardo e fuggitivo.
In più si ci metteva anche Lucas ed io che avevo esaurito le scuse per non vederlo, consapevole che presto avrei comunque dovuto affrontarlo, eppure avevo tentato in ogni modo di ritardare quel momento.
Tirai indietro con la sedia, allontanandomi dalla scrivania e producendo un rumore alquanto fastidioso, che fece saltare giù Fiocco dalla sua cuccia. Raccolsi i libri e le penne e li sistemai al lato della scrivania, abbandonando ogni pensiero di studio per quel giorno.
E prima d'uscire dalla mia stanza, mi fermai un attimo a guardare le ultime chiamate sul cellulare, ma del suo nome nemmeno l'ombra.
Così raccolsi un ultimo respiro, scendendo in salotto, dove mio padre aveva appena spento la televisione e si stava sistemando la cravatta al collo.
"Vai da qualche parte?" Domandai, quando lo vidi recuperare il cellulare e le chiavi dell'auto.
"Ehm, sì." Rispose, vago.
"E dove?" Insistetti.
Ma non rispose, continuò a raccogliere le sue cose e ad infilarsi la giacca, come io non gli avessi posto nessuna domanda.
Lo guardai con le sopracciglia alzate ed un'espressione curiosa e confusa distesa sul volto.
Conoscevo bene mio padre e non era mai una persona troppo vaga, se lo era, era perché stava evitando qualcosa. Ed evidentemente in quel momento stava evitando me.
Fu quando si posizionò davanti allo specchio vicino la porta di casa, sistemandosi i capelli e gli occhiali sul ponte del naso, che capii che ciò che stava evitando era dirmi che quello a cui stava andando era un appuntamento.
"Papà, stai vedendo qualcuno?!" Strillai, contenta.
Saltando sul divano e battendo le mani come una bambina.
Mio padre era un uomo sempre sulle sue, non so nemmeno come lui e mia madre si siano innamorati, o anche solo conosciuti. Era un uomo timido, riservato, molto professionale e piuttosto severo nell'educazione.
Da quando ne ho memoria, non l'avevo mai visto con una donna, nemmeno mia madre, ma quella è un'altra storia.
Era sempre impegnato sul lavoro, in ufficio, negli affari, o impegnato con me, ma mai con una possibile donna.
A volte mi chiedevo come mai non provasse a farsi una vita sentimentale tutta sua, infondo era un bell'uomo e portava piuttosto bene i suoi quarantanove anni, ma lui era sempre troppo impegnato con altro.
Incrociò il mio sguardo dallo specchio, sorridendo. Un evidente sì.
Mi alzai di scatto dal divano, correndo verso di lui per sistemargli il colletto della giacca, sorridendo ancora.
"Sono così felice per te!"
"Non è niente di speciale piccola, è solo il primo appuntamento." Mormorò, con occhi bassi.
L'afferrai per le spalle, facendolo voltare in mia direzione.
"Com'è questa donna? Dove l'hai conosciuta?" Domandai, dolcemente.
Esitò un attimo prima di rispondere, cercando di sopprimere un piccolo e timido sorriso.
"È la nuova segretaria del mio capo."
Ma dal tono della sua voce intuii non avesse terminato la sua frase.
"E..?" Lo spronai.
Afferrò le mie mani, sorridendo.
"È una bellissima donna." Mormorò.
Ed il suo sorriso era quello di un adolescente innamorato, stracolmo di ammirazione ed adorazione.
Risi, stringendolo in un abbraccio.
"Oh, papà."
Mi dondolò tra le sue braccia e poi bacio i miei capelli, proprio come sapeva fare lui, dolcemente e con infinito amore.
Ero davvero felice per lui.
Aveva dedicato una vita al lavoro e soprattutto a me, aveva fatto di tutto per farmi crescere bene e non farmi mancare nulla. Si meritava del tempo per se stesso, si meritava quella donna ed un amore tutto suo.
Quando ci staccammo dall'abbraccio, sganciai il primo bottone della sua camicia e gli sfilai la cravatta dal collo.
"Così va meglio." Accordai.
"Dici?"
Annuii, "Sarà pazza di te, vedrai, altrimenti è pazza per non averti scelto." Scherzai.
Scoppiò a ridere ed io insieme a lui.
Mio padre era un uomo meraviglioso.
Mi lasciò un bacio sulla fronte e dopo un "ti voglio bene" ed un "merda, faccio tardi", corse via di casa.
Risi mentre lui si chiudeva freneticamente la porta alle spalle.
Avrei tanto voluto vedere una versione di mio padre impacciato mentre tentava di conquistare una donna.
Ridacchiai al pensiero.

Macchiati di nero [HS]Where stories live. Discover now