3. Camilla

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Dopo aver salutato Leo, corro per le scale del mio palazzo e, arrivata al mio appartamento, con mia grande sorpresa la porta è già aperta. Mamma è lì davanti con le braccia conserte e la testa appoggiata allo stipite della porta, con il suo sopracciglio alzato, pronta a sottopormi ad un suo interrogatorio: «chi era? Hai già fatto conoscenze? Come mai ti ha accompagnato a casa?»

Ovviamente, tra una domanda e l'altra cerco volontariamente di ignorarla sorpassandola per dirigermi verso la mia stanza. Ma evidentemente il mio piano sta fallendo miseramente, visto che ne susseguono altre di domande.

«Camilla! Che hai fatto alle ginocchia? Tutto bene, tesoro?! E Lily? Perché non siete tornate insieme?»

«Sto bene, mamma. Chiamami quando è pronto da mangiare. Mi stendo un po' sul letto», mormoro esasperata per tutte quelle domande. Chiudo la porta alle mie spalle e poggio la mia borsa sulla sedia. Sfilo le scarpe e, tra un lamento e l'altro di mia madre intenta a preparare il pranzo, decido di cambiare completamente i miei piani dirigendomi così direttamente in bagno.

Ho proprio bisogno di un bel bagno caldo.

La comodità di avere un bagno personale, al quale si può accedere solo dalla tua camera, è questa. Puoi starci ore in vasca, evitando che qualcuno possa bussare alla porta per esigenza varie costringendoti così a lasciare libero il bagno interrompendo qualsiasi cosa tu stia facendo.

Tappo il buco della vasca e, aperto il rubinetto, faccio scorrere l'acqua calda. Nell'attesa che questa si riempia, cerco una stazione radio decente che possa accompagnarmi durante questo momento di puro relax.

Impostata la frequenza di "Rds", comincio a canticchiare la canzone che stanno trasmettendo: «Con tu física y tu química, también tu anatomía, la cerveza y el tequila, Y tu boca con la mía, Ya no puedo más», mentre nel frattempo improvviso una specie di coreografia sulle note di "Bailando" di Enrique Inglesias.

Finita la canzone, mi spoglio e mi immergo completamente nella vasca.

Sento suonare il mio cellulare, ma sono troppo pigra per alzarmi e prenderlo nella borsa che ho lasciato all'entrata della mia stanza.

Chiudo gli occhi sulle note di "Talking too the moon" di Bruno Mars e ripenso alla stravagante giornata di oggi: primo giorno di università, "incidente" in scooter, nuove conoscenze, professore fighissimo del corso di pittura, e occhi azzurri... occhi azzurri! Leo, così misterioso, tenebroso, affascinante, con quella risata capace di farti sciogliere come neve al sole.

Lo speaker radiofonico attira la mia attenzione, smuovendomi dai miei pensieri: «c'è una leggenda popolare di origine cinese diffusa in Giappone. Secondo la tradizione ogni persona porta, fin dalla nascita, un invisibile filo rosso legato al mignolo della mano sinistra che lo lega alla propria anima gemella. Il filo ha la caratteristica di essere indistruttibile: le due persone sono destinate, prima o poi, a incontrarsi e a sposarsi.» Che idiozia! «Come leggo qui su Wikipedia, la leggenda narra di un uomo di nome Wei, rimasto orfano di entrambi i genitori in tenera età, desiderava sposarsi e avere una grande famiglia; nonostante i suoi sforzi era giunto all'età adulta senza essere riuscito a trovare una donna che volesse diventare sua moglie. Durante un viaggio Wei incontrò, sui gradini di un tempio, un anziano appoggiato con la schiena a un sacco che stava consultando un libro. Wei chiese all'uomo cosa stesse leggendo; l'anziano rispose di essere il Dio dei matrimoni e, dopo aver guardato il libro, disse a Wei che sua moglie ora era una bimba di tre anni e che avrebbe dovuto attendere altri quattordici anni prima di conoscerla. Wei, deluso dalla risposta, chiese cosa contenesse il sacco; l'uomo rispose che lì dentro c'era del filo rosso che serviva per legare i piedi di mariti e mogli. Quel filo è invisibile e impossibile da tagliare, per cui una volta che due persone sono legate tra loro saranno destinate a sposarsi indipendentemente dai loro comportamenti o dagli eventi che vivranno. Queste parole non convinsero Wei che, per sentirsi libero di scegliere da solo la donna da sposare, ordinò al suo servo di uccidere la bambina destinata a diventare sua moglie. Il servo pugnalò la bambina ma non la uccise: riuscì soltanto a ferirla alla testa e Wei, dopo quegli eventi, continuò la sua solita vita alla ricerca della moglie. Quattordici anni dopo Wei, ancora celibe, conobbe una bellissima ragazza diciassettenne proveniente da una famiglia agiata e si sposò con lei. La ragazza portava sempre una pezzuola sulla fronte e Wei, dopo molti anni, le chiese per quale motivo non se la togliesse nemmeno per lavarsi. La donna, in lacrime, raccontò che quando aveva tre anni fu accoltellata da un uomo e che le rimase una cicatrice sulla fronte; per vergogna la nascondeva con la pezzuola. A quelle parole Wei, ricordandosi dell'incontro con il Dio dei matrimoni e dell'ordine che dette al suo servo, confidò alla donna di essere stato lui a tentare di ucciderla. Una volta che Wei e la moglie furono a conoscenza della storia si amarono più di prima e vissero sereni e felici.» Dopo aver ascoltato interamente con attenzione quella storia, resto alquanto colpita e anche un po' turbata da essa: è vero che l'amore non ha età ma quanti anni di differenza avranno mai potuto avere i due sposi?! E se anche il mio futuro marito dovesse ancora nascere?! D'altronde molte celebrità, come Jlo o Madonna, sono fidanzate o frequentano ragazzi che hanno almeno la metà dei loro anni, quindi c'è speranza anche per me. Rido tra me e me, e stufa di pensare a matrimoni o fidanzati, mi alzo dalla vasca e vado a spegnere la radio.

Dopo essermi asciugata per bene e aver raccolto i capelli ancora umidi in due trecce alla francese, indosso qualcosa di comodo e mi getto sul letto.

Il mio cellulare, il quale è ancora nella borsa, riprende a suonare. «No!» mi lamento. Dal suono capisco che sono notifiche di Facebook, WhatsApp, sms...

Non mi alzerei nemmeno morta da questo letto.

Allungo un braccio verso il cassetto del comodino e afferro il mio portatile. Accedo al mio account di Facebook e noto che Simone e Leo hanno richiesto la mia amicizia. Una volta accettato entrambe le loro richieste, da brava stalker quale sono, comincio ad investigare sulle loro vite attraverso i loro profili. Simone, come pensavo, è un gran donnaiolo: ha diverse foto con tantissime ragazze. D'altronde non puoi sfuggire allo sguardo dolce di quegli occhi verdi! Non riesco a capire se ci sono più foto di ragazze o della sua moto.

Stanca della monotonia del sul profilo, cerco di dedicarmi a quello di Leo, ma il suo profilo è così spoglio: non ci sono foto recenti, non pubblica quasi mai niente se non sporadicamente della musica. Una cosa però salta all'occhio: la sua situazione sentimentale impostata su "single". Bene! Mi scappa un sorriso malvagio.

Assonnata, decido di rimandare il mio stalkeraggio. Spengo il PC e lo ripongo nel cassetto del comodino, sempre con un agile mossa, pur di evitare di alzarmi dal letto.

Guardando la sveglia, noto che sono ancora le sei del pomeriggio. Decido, allora, di schiacciare un pisolino sprofondando con la testa nel cuscino.

«Camilla!!!» urla mia madre dalla cucina.

Alzo la testa di scatto lamentandomi di aver appena chiuso gli occhi ma osservando nuovamente la sveglia noto che sono passate ben due ore e mezza da quando avevo deciso di riposare.

«Camilla! La cena è pronta!» continua mia madre con voce stridula.

Cavolo! Ho dormito tutto il pomeriggio! Strano che Lily non sia venuta a trovarmi.

«Arrivo subito, mamma!» le rispondo. Scendo dal letto controvoglia e raggiungo mia madre in cucina.
«Scusa mi sono addormentata», mormoro sbadigliando.

«Ah! Se sei così stanca allora mangerò io il tuo piatto di mafalde con la ricotta», mi informa con tono divertito.

I miei occhi si illuminano improvvisamente, il mio stomaco brontola e le mie papille gustative sono già pronte per la ola.

«Non ci pensare nemmeno a toccare il mio piatto.» l'avverto in tono minaccioso.

Ridendo mi porge uno di quei piatti stracolmi di pasta. Divoro tutto con voracità e come uno scaricatore di porto mi rilasso sulla sedia con le mani sulla pancia, mentre mia madre farnetica qualcosa.

«Cami! Ma mi stai ascoltando?»

«Ehm... certo!» mento.

«Ti stavo informando che oggi Lily è passata a trovarci ma, siccome abbiamo notato il tuo "coma" post-accademia, abbiamo preferito non svegliarti e lasciarti riposare.»

«Grazie. La chiamerò tra un po'.»

Dopo cena, mi affretto nel preparare gli abiti e il materiale da portare per il mio vero primo giorno di università. Pesco il cellulare dalla borsa e mi ritrovo un'infinità di chiamate perse da parte di Lily e un suo messaggio vocale: «Ehi! Tutto bene? Tra poco passo da te.»

Così decido di chiamarla.

«Ehi, bella addormentata», mi canzona.

«Ciao Lily. Scusa, oggi sono stata proprio catturata da Morfeo. Comunque, devo raccontarti una cosa.»

«Sono tutta orecchi.»

Dopo averle raccontato della mia caduta e del ritorno con Leo, ecco la mia migliore amica nelle vesti di giudice: «Cami, ti piace?! Dimmi di no, è asociale, antipatico...»

«Liliana!» l'ammonisco.

«Che c'è? Tu ti invaghisci facilmente delle persone. Cerco solo di...»

«Buona notte», sbotto prima di concludere la chiamata.
Le invio subito un messaggio:


IO: Non venirmi a prendere domani. Andrò a piedi. Non vorrei essere giudicata anche durante il tragitto verso l'accademia!


Attendo per un attimo la sua risposta e, consapevole del fatto che non arriverà, spengo il cellulare. Mi getto di nuovo sul letto e torno a farmi cullare da Morfeo.

Il Filo Rosso Che Ci Unisce Where stories live. Discover now