33. Leonardo

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Abbiamo rinunciato alla passeggiata in paese per restare un po' soli prima del cenone.
Siamo seduti avanti al camino con indosso ancora gli accappatoi umidi.
Cami è stesa e tiene poggiata la testa sulle mie gambe. Il suo sguardo languido è rivolto verso il fuoco. Mentre io le accarezzo dolcemente i capelli.
Dopo il lungo abbraccio nell'idromassaggio, è calato il silenzio tra noi. È come se non fosse necessario usufruire del dono della parola. I nostri sguardi comunicano da sé.
È Camilla a rompere il silenzio, dopo un bel po', sorprendendomi con una domanda: «Perché non me l'hai mai detto?»
«Cosa?», le chiedo, nonostante sappia benissimo a cosa si riferisce.
«Di te e Vicky. Che sei fidanzato.»
«Ero, volevi dire», la correggo.
«Siete in pausa di riflessione, tecnicamente non avete rotto», puntualizza.
«Tu davvero credi a queste sciocchezze? La pausa di riflessione è solo un modo per indorare la pillola.»
«Perché non essere chiari fin da subito, invece? Perché non sei stato chiaro dal principio con me? Perché non mi hai detto la verità?», chiede di nuovo.
«Io non volevo perderti. Se ti avessi detto da subito che ero impegnato, tu non ti saresti nemmeno accostata a me», provo a chiarire una volta per tutte.
«Mi hai mentito. Mi hai perso comunque. Sapevi che prima o poi Vicky sarebbe tornata. Non capisco perché tradirla, mentirmi e tornare infine con lei», il suo tono è stranamente calmo. Sembra solo curiosa.
«Perché provo con te sensazioni che non ho mai provato con nessuno. E questo mi terrorizza. Non sai quanto. Vicky era la strada più facile da intraprendere, una strada già fatta. Volevo impormi di provare ancora qualcosa per lei, ma...»
«Provi?», chiede interrompendomi.
La guardo perplesso, così continua: «hai usato il presente, hai detto "provo con te..."», puntualizza.
«Si, è così. Sei costantemente nei miei pensieri. Dal primo giorno che ti ho vista. E mi sento così incompleto senza di te», le confesso.
«Leo, tu lo sai vero che mi hai spezzato il cuore? Ci avevo creduto in noi. Provavo un fortissimo sentimento per te. Tu mi hai usata e mi hai scaricata alla prima occasione. Ho detto di averti perdonato, ma non sono più così convinta che sia effettivamente così», afferma girando la testa verso di me, guardandomi con quei suoi occhi da cerbiatta.
«Provavi? Tu hai usato il passato...»
Non mi risponde e rigira la testa verso il camino.
«So di averti fatto del male. Era l'ultima cosa che avrei voluto. Mi fa male sapere che in realtà non mi hai perdonato, ma me lo merito», continuo.
«Riusciremo mai ad essere amici?», chiede improvvisamente alzandosi e guardandomi dritto negli occhi. Il suo viso bellissimo a pochi centimetri dal mio. Vorrei tanto baciare quelle labbra e cancellare tutto il dolore che ha provato fino ad oggi.
«Non lo so», mormoro accarezzando la sua guancia. «Cami, posso chiederti una cosa?». Annuisce. «Tu lo ami?», le chiedo con tono deciso, continuando a tenere il mio sguardo fisso nel suo.
Cami distoglie lo sguardo, scatta in piedi e mormora: «faremo tardi alla cena, sbrighiamoci».
«Camilla! Lo ami?», ripeto la domanda raggiungendola.
In un primo momento non risponde, poi si volta a guardarmi e noto che i suoi occhi sono di nuovo velati dalle lacrime.
«Non lo so. Va bene? Non so cosa provo per Simone. Non so cosa provo per te», sbotta nervosa.
Prendo la sua mano e la poso sul mio petto, precisamente sul mio cuore: «Io so cosa provo per te».
«Leo, ti prego», mi supplica.
«Io non farò nulla contro la tua volontà. Se vorrai qualcosa, dovrai essere tu a fare il primo passo.»
Camilla arrossisce e abbassa lo sguardo, spostando la sua mano dal mio petto al suo.
«È meglio prepararsi per il cenone, ora», mormora, dirigendosi poi frettolosamente in bagno e chiudendo a chiave la porta alle sue spalle.

La sala è piena di addobbi natalizi. Un enorme albero si erge al centro della sala, il suo puntale sfiora quasi il soffitto.
Il nostro tavolo è quello più numeroso: Filippo è a capotavola, mentre io e Camilla siamo posti uno difronte all'altro fiancheggiati da cinque bambini ciascuno. Ilaria è seduta accanto a me. Tira la mia maglia per attirare la mia attenzione e mi fa cenno di abbassarmi. Avvicino il mio orecchio alla sua bocca e mi sussurra: «Non è bellissima stasera?». Poso il mio sguardo su Camilla ed esclamo ad alta voce: «Perfetta!». Camilla mi sorride e mima con le labbra: «Grazie».
La serata scorre in fretta ed è molto piacevole. I bambini si divertono. Filippo racconta, per quasi tutto il tempo, le varie disavventure che abbiamo affrontato quando eravamo piccoli. Cami lo guarda attenta, in modo da non perdersi nemmeno un piccolo dettaglio. Ha il mento appoggiato sulla mano, ed è sorridente e splendida. Accortasi forse che la fissavo, si volta verso di me per farmi una delle sue facce buffe, per poi tornare ad ascoltare le storielle di Filippo.
Ridiamo e scherziamo fin quando la sala non si svuota completamente, restando gli unici ospiti.
Un cameriere si avvicina dispiaciuto per avvisarci che devono chiudere la sala. Così ci alziamo e, prendendo Ilaria sulle spalle, ci incamminiamo verso le nostre stanze.
Dopo aver messo tutti i bambini a letto e avergli rimboccato le coperte, Cami ed io salutiamo Filippo e raggiungiamo la nostra stanza.
Sono sfinito ma, nonostante sia stata una giornata alquanto pesante, stressante e carica di emozioni, non voglio finisca. Non voglio finiscano questi giorni di fuga dalla realtà, in cui posso godere egoisticamente della compagnia di Cami, senza doverla condividere con nessuno se non con degli innocenti bambini.
Prima che lei possa stendersi a letto, la tiro per un braccio, le stringo le mani e mormoro: «scusa per oggi. Tu non mi devi proprio niente. Non sei obbligata a rispondere alle mie domande, o ad assecondare i miei capricci. Devo rassegnarmi all'idea che non sei più mia, che ti ho perso. Ed è solo colpa mia.»
«È tutto a posto. Tranquillo.»
«No, non lo è. Mi comporto come un bambino a cui è stato sottratto un giocattolo. Cami, tu non sei un oggetto. Sei una persona fantastica e meriti qualcuno che... Insomma, qualcuno come Simone. Ma se solo si azzarda a farti soffrire, giuro che gli rovino quel suo bel faccino da copertina».
Riflette per un attimo alle mie parole, poi mi afferra per la maglietta e mi preme la fronte contro il petto. «Sai cosa? Non ne parliamo per stasera. È Natale. Godiamoci la "magia" natalizia», esclama guardandomi con un sorriso. «Voglio, per quanto possibile, un bel ricordo di questo Natale con il mio amichetto.»
Le mie labbra si piegano in un sorriso.
«Il tuo amichetto? Sei seria? Io ti dico che sono follemente innamorato di te, e tu mi parli di "amicizia". Basta ritiro tutte le cose carine che ho detto di te finora», ironizzo e scoppio a ridere.
«Non vorrai mica togliermi anche i like alle mie foto?», chiede restando al gioco. «Banda alle ciance. Ho qualcosa per te!»
Cami mi porge una busta.
«Mi hai seriamente preso un regalo di Natale?!», le domando sorpreso e contemporaneamente euforico.
«Aprilo!», mi ordina.
All'apertura della busta, questa emette una sinfonia natalizia. Mi scappa un sorriso e comincio ad aprire e a chiudere velocemente la busta divertito dalla canzoncina.
«Leonardo!», mi ammonisce Cami.
«Scusa, mamma!»
Estraggo il pacchetto e, a differenza di Cami, strappo la carta. Un maglione rosso natalizio con su scritto "sono il più bello del mon...te". Scoppio in una fragorosa risata, quasi mi escono le lacrime. Solitamente si dice che i maglioni siano il classico regalo di Natale che puoi ricevere da tua nonna. Ma giuro che questo mi piace un casino.
«Grazie! È bellissimo! Lo metterò domani», esclamo continuando a ridere.
«Volevo dartelo domani, ma non ho resistito», confessa sorridendo.
La stritolo in un abbraccio alzandola da terra. «Mi piace troppo!»
«Sono contenta!», dichiara soddisfatta. «Ora però è ora della nanna»
Annuisco e vado a prendere il mio cuscino dal letto per posizionarlo a terra accanto al camino.
Cami si stende sul letto e poco dopo mormora: «Sarà la magia del Natale. Stasera mi sento buona. Puoi dormire qui, accanto a me.»
«Sicura? Guarda che non me lo faccio ripetere due volte».
Cami annuisce, così prendo le mie cose e mi stento affianco a lei.
«Grazie», sussurro.
Mi sorride e si volta dall'altro lato.
«Ah, Leo?», mi chiama voltandosi di nuovo verso me.
«Si?!»
I suoi occhi fissano i miei. Fa un respiro lungo e tranquillo. Mi attira a se e improvvisamente preme le sue morbide labbra sulle mie, dolcemente. Al mio cuore manca un battito.
«Buon Natale», sussurra prima di abbandonarsi con la testa sul mio petto.
«Buon Natale, piccola.»

Il Filo Rosso Che Ci Unisce Where stories live. Discover now