16. Camilla

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La mattina dopo, mi sveglio esattamente nella stessa posizione in cui ci siamo addormentati: io appoggiata sul suo petto nudo e marmoreo. Tra le sue braccia mi sento protetta, sono al sicuro. Ripenso a quanto sono stata stupida ieri alla festa ad essermi comportata in quel modo. Sapevo di non reggere l'alcol e pure era come se ne avessi avuto bisogno. Era stato così liberatorio. Dire quello che si pensa senza peli sulla lingua, senza preoccupazioni di ferire qualcuno. Ne avevo bisogno. Purtroppo quello che non si mette in conto, quando si beve, sono i postumi. La testa mi scoppiava, sembra quasi che un'orchestra suoni nella mia scatola cranica. Per non parlare dello stomaco, completamente scombussolato. Non ricordo granché di ieri sera, a parte la mia sfuriata con Leo. Gli avevo dato la mia fiducia e gli avevo promesso che avrei aspettato il tempo necessario che gli serviva per uscire allo scoperto. Quello che volevo era solo una spiegazione. Il mio comportamento ieri è stato imperdonabile. Mi rincuora che, nonostante questo, lui è ancora qui, vicino a me. Per un istante contemplo il suo respiro che gli fa abbassare e alzare il petto. 
Mi alzo delicatamente dal letto e passando accanto allo specchio posizionato sopra la cassettiera mi accorgo di indossare una sua felpa. Sprofondo il naso nel tessuto e inalo il suo buonissimo profumo.
Prendo la borsa nel salone, che ho lasciato ieri, con le mie cose, tiro fuori la mia tuta e le mie scarpette e poggio tutto delicatamente sul divano cercando di fare meno rumore possibile per non svegliarlo. Ritorno in camera da letto e raccolgo le ali, la tutina nera e le scarpe indossate ieri alla festa. Ripiego e infilo il tutto nella borsa. Prendo la mia tuta e le mie scarpe e mi avvio nel bagno.
Decido di farmi una doccia veloce per poi tornare a casa. Oggi è il giorno in cui mi darà delle spiegazioni, ho paura di non essere pronta ad accettare qualsiasi cosa possa dirmi. Sospiro e mi tolgo la felpa. Regolo la temperatura dell'acqua ed entro in doccia. Mi rilasso sotto al getto d'acqua e comincio a canticchiare.
«Cami, sei lì?», chiede Leo da dietro la porta. Oh no, l'ho svegliato!
«Eh, si. Sono sotto la doccia. Scusa per averti svegliato», grido per sovrastare il rumore dell'acqua. Ma non ottengo nessuna risposta. «Leo?!», provo a chiamarlo. Niente. Sarà andato a fare colazione.
Mi insapono per bene e resto con gli occhi chiusi sotto il getto di acqua calda. Improvvisamente sento due mani afferrarmi i fianchi da dietro e quasi sussulto per la paura. Faccio per girarmi. 
«No, resta così», sussurra nel mio orecchio.
Il mio respiro diventa irregolare mentre Leo bacia il mio collo. Comincia ad accarezzarmi piano la schiena e un brivido mi percorre lungo il corpo. Afferra i miei seni, continuando a baciarmi ovunque.
«Non dovremmo farlo...», mormoro poco convinta. Zittisce le mie parole voltandomi verso di lui e baciandomi appassionatamente. Mi aggrappo alla sua schiena mentre lui preme la sua erezione contro di me. Sono ormai catturata da un vortice di desiderio e passione. La mia voglia di lui cresce in un modo smisurato. I nostri respiri sono sempre più veloci, la nostra eccitazione cresceva. Mi cinge la vita e mi solleva adagiandomi sul suo grembo.
Qualcuno suona alla porta di casa e interrompe il nostro momento magico. Mi sciolgo dalla presa rimettendo i piedi a terra. Gli accarezzo il petto e gli do un dolce bacio. «Vado io», esclamo, «aspettami qui», gli dico con un sorriso malizioso.
«Non dobbiamo per forza andare ad aprire la porta», piagnucola, «sarà il solito venditore di scope elettriche porta a porta. Rimani con me», mi dice cingendomi la vita.

«Si, certo. Un venditore di scope elettriche, la domenica mattina», lo canzono ridendo.
Leo alza gli occhi al cielo e lascia la presa.
Esco frettolosa dalla doccia e infilo la mia tuta e le scarpe. Avvolgo i capelli in una crocchia e faccio per uscire dal bagno, ma mi accorgo di aver lasciato la felpa che mi ha prestato Leo sul lavandino. Sorrido maliziosa e la prendo. Torno in salotto, piego la felpa e la infilo in borsa.
Continuano a bussare violentemente il campanello.

«Un attimo. Arrivo subito», grido.
A passo svelto, raggiungo la porta, la apro e mi ritrovo avanti una bella ragazza mora dagli occhi verdi e la carnagione olivastra, mentre i suoi lunghi capelli castani le ricadono morbidi sulla schiena. Mi somiglia molto, sembra quasi guardarsi allo specchio, solo che lei è la versione più bella e curata della mia. Il mio sguardo cade sulle valigie che ha con se e inizio a fantasticare sul luogo che ha appena lasciato prima di ritrovarsi qui o se fosse in partenza per qualche posto esotico.
«Credo che tu abbia sbagliato porta», esclamo educatamente sorridendo.
«E tu chi sei?», mi chiede acida la sconosciuta dall'accento strano.
«Tu chi sei?», le chiedo seccata.
«Sono Vicky», esclama entrando in casa.
«Ok, Vicky. Credo tu abbia sbagliato appartamento», le ripeto con tutta la calma possibile.

«Io non penso», ribatte sicura di se. «Lui dov'è?»

«Prego?», chiedo confusa.

«Leo. Il mio fidanzato», esclama. Il mondo mi crolla addosso in un attimo. Il cuore mi batte all'impazzata. E' questo che mi stava nascondendo? Ha una ragazza?
«Tu devi essere la ragazza delle pulizie, vero? Sapevo che senza di me non sapeva badare a se stesso», sogghigna. 
«No», le rispondo, mentre le lacrime iniziano a scorrermi in volto. Sono sconvolta.
«E allora chi sei? Cosa ci fai qui?», mi chiede ormai seccata.
Le volto le spalle e mi affretto a raggiungere il salone per prendere la mia borsa.
Vicky mi raggiunge: «ho chiesto chi sei?», ringhia.
«Vicky?!», esclama Leo alle nostre spalle. Dalla voce sembra quasi sorpreso di vederla.
«Eccoti. Mi dici, per cortesia, chi è questa ragazza?», grida lei nervosa.

«Lei è...», inizia Leo, ma io lo interrompo.
«Sono una povera deficiente...», mormoro in lacrime correndo verso la porta.

«Cami! Aspetta...», mi ferma Leo tirandomi per un braccio. Mi divincolo e gli do uno schiaffo, con tutta la rabbia che ho. La sua smorfia di dolore mi dà una tremenda soddisfazione, anche se non è paragonabile al dolore che mi sta facendo provare lui in questo momento.
«Mi fai schifo.», esclamo e corro via per le scale.
Perché proprio a me? Perché mi ha fatto questo? Si è preso gioco di me.
Corro per strada senza meta, confusa con le lacrime che scorrono veloci sul mio viso. Mi fermo per un attimo e comincio a singhiozzare. Non riesco a fermarmi. Fa troppo male.
Mi ritrovo sotto casa di Lily. Il portone è aperto. Sono fuori la sua porta. Esito un attimo nel bussare. Ho paura della sua reazione, ma ho troppo bisogno della mia migliore amica in questo momento. Faccio un lungo respiro e mi asciugo le lacrime. Busso al campanello. Lily apre la porta e cerco di farle uno dei miei sorrisi più falsi che ho imparato a fare in questi mesi, ma vengo tradita dalle lacrime che riprendono a scorrere interrottamente.
«Oddio! Cosa è successo?», mi chiede spaventata. Corro ad abbracciarla e affondo la mia testa sulla sua spalla, riprendendo così a singhiozzare.

Il Filo Rosso Che Ci Unisce Where stories live. Discover now