29. Leonardo

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«Ragazzi, ho grandi notizie», esclama euforico Filippo, mentre io e Cami ci scambiamo un'occhiata confusa. «Preparate le valigia, si parte!», continua felice.
«Cosa? Dove?», gridiamo io e Cami all'unisono.
Mancano pochi giorni a Natale. Vicky oggi parte per raggiungere la sua famiglia a Londra e passare con loro le vacanze. Io, invece, pensavo di passare le vacanze da solo, ormai ci ho fatto l'abitudine. O magari potrei passarlo con Filippo, visto che ancora non ha chiarito con sua moglie. Infatti Gioia è ancora a casa dai suoi genitori con Matteo, mentre Filippo, pur di non abbassarsi a chiedere scusa, si sta perdendo i più bei momenti della crescita di suo figlio. L'emozione di vederlo gattonare, camminare nel girello e le sue prime parole. Io non potrei perdermi per nulla al mondo una cosa del genere. È tuo figlio, dannazione! Ma vabbè non sono affari miei.
Per quanto riguarda invece l' amicizia tra me e Cami, sembra andare a gonfie vele. Man mano sto provando a farmi strada di nuovo nel suo cuore, è una dura battaglia, ma posso farcela. Si, lei frequenta Simone ufficialmente da due o tre settimane, ma so che comunque nei miei riguardi prova ancora dei sentimenti e il mio compito è solo quello di riaccenderli e fare in modo che sovrastino quelli che sta incominciando a provare per il tizio con la chitarra. Quello sfacciato di Simone ha avuto anche il coraggio di suonarle, nel giardino dell'Accademia, una specie di serenata, durante la pausa pranzo. Stomachevole!
Sono passate due settimane da quando ho comprato quel libro a Cami e il mio petto si gonfia di orgoglio sapendo che è sempre con lei. È vero, è un libro che ha scelto lei, ma comunque è un mio regalo.
«Allora Filippo, ci dici o no dove dovremmo andare?», chiedo, nascondendo l'euforia. Questo significa partire per lavoro e trascorre più tempo con Camilla. È la mia occasione per portare a compimento il mio piano per far di nuovo breccia nel suo cuore. Dopodiché, bye bye Simone.
«Partiremo il 23 dicembre e torneremo il 2 gennaio. Dieci giorni in montagna, sulla neve», esclama gioioso.
«Non posso lasciare mia madre da sola», spiega Cami. «E poi, come faremo con i bambini? Non possiamo mica lasciarli soli per dieci giorni? Per non parlare del fatto che è Natale».
«Tesoro, è un viaggio di lavoro. I bambini verranno con noi», afferma Filippo.
«Capito! Voglio parlarne prima a casa e poi darti una conferma, va bene?»
«Certo! Anche se non accetto un "no" come risposta», dichiara Filippo ammiccando.
«Io, invece, ci sto!», affermo. «L'alternativa sarebbe stata passare le vacanze a casa da solo», mormoro.
Cami mi fissa con quel suo sguardo dolce, quasi dispiaciuta della mia dichiarazione. «Ok! Ci sarò anche io», conferma.
«È grandioso! Andate a casa e preparare le valigia», grida Filippo correndo verso i bambini per avvertirli.
«Non devi farlo per forza, se non vuoi», mormoro.
«Non l'ho fatto di certo per te, ma per quei poveri bambini», puntualizza nervosa.
«Dai, andiamo. Ti do un passaggio a casa».
«Grazie, ma non posso. Verrà a prendermi Simone a breve. Non ho idea di come dargli questa assurda notizia. Speriamo non la prenda male», piagnucola.

Il 23 mattina mi ritrovo in auto sotto il palazzo di Camilla. Le scrivo un messaggio per avvertirla.
Io: SONO GIÙ DA TE, SCENDI.
Dopo poco, eccola in tutta la sua bellezza che trascina una valigia dalle dimensioni stratosferiche. Ah, donne! Mi precipito fuori dalla mia vettura per raggiungerla ed aiutarla con la valigia.
«Buongiorno, piccola», esclamo con un gran sorriso. Ma ottengo solo un viso imbronciato e degli occhi rossi, probabilmente reduci da un pianto notturno. «Ehm, va tutto bene?», chiedo cauto.
«Una favola!», barbotta sarcastica.
Afferro la valigia e la poso nel mio bagagliaio, mentre Cami entra in macchina ancora imbronciata.
Metto in moto la macchina e ci immettiamo nel traffico mattutino cittadino. Non è stata una mossa furba partire oggi. Tutti partono per la settimana bianca oggi. La radio ci sta avvisando delle incredibili code che incontreremo sul nostro cammino.
Camilla sbuffa e tiene appoggiata la fronte al finestrino frustrata.
«Ancora non capisco, perché io e te dobbiamo partire in macchina, mentre gli altri sono in bus?!», domanda seccata.
«Te l'ho già detto. Non c'è posto nel bus che hanno affittato.»
Cami sbuffa e ritorna nella sua posizione iniziale a braccia conserte, proprio come una bambina capricciosa.
«È successo qualcosa? Vuoi parlarne?», le chiedo dolcemente. È visibilmente un fascio di nervi e vorrei semplicemente capirne il motivo. Magari aiutarla. È chiedere troppo?
«No, niente che ti riguardi», sbotta infilandosi le cuffiette delle suo lettore MP3. Questo suo gesto non può che significare: conversazione conclusa. Prevedo intensi giorni di fuoco.
Il tragitto è piuttosto silenzioso. Cami non mi ha mai degnato di uno sguardo, né tantomeno ho provato a fare conversazione. Si è limitata semplicemente ad ascoltare musica e a digitare sporadicamente qualche messaggio dal suo cellulare.
Finalmente siamo arrivati a destinazione.
Le tolgo delicatamente una cuffia dall'orecchio. «Siamo arrivati, piccola», le sussurro. Arrossisce all'istante e mi strappa la cuffietta dalla mano.
«Quando ti ho dato il permesso di chiamarmi piccola?», domanda piccata.
«Scusa!», esclamo alzando le mani in segno di resa.
Usciamo dalla macchina per raccogliere i nostri bagagli e ci incamminiamo all'interno del nostro hotel a 4 stelle.
Filippo ci viene incontro. La sua faccia è tutto un programma. «Ragazzi, siete arrivati finalmente», esclama agitato. «C'è stato un piccolissimo errore con la sistemazione delle stanze», puntualizza.
«Filippo! Sputa il rospo!», borbotta Camilla.
«Ehm, ... Beh ... Come dirvelo, siete nella stessa stanza», dichiara mortificato.
Sento che tra pochi secondi la bomba Camilla esploderà e sterminerà tutti quanti. Si salvi chi può!
«Va bene, l'importante è che i letti siano separati», mormora tranquilla. Non ci posso credere! Non è lei. Dove è finita la ragazza incazzata nera seduta affianco a me in auto?
Sgrano gli occhi guardandola confuso e Filippo con me.
«Ehm, c'è un altro problema. Sono solo stanze con letti matrimoniali», farfuglia imbarazzato.
«Cosa? Bene ci mancava solo questa!», borbotta nervosa. Eccola è appena tornata in se.
«Tranquilla dormirò sul divano o sulla poltrona o, in mancanza di queste, per terra», la rassicuro.
«Su questo non ci piove», afferma dirigendosi alla reception.
Torna vittoriosa con le chiavi e mi fa cenno di seguirla.
Arriviamo alla stanza numero 12 e, una volta aperta, Cami ed io restiamo letteralmente a bocca aperta. Non è una qualsiasi camera, ma una suite.
Finalmente compare un sorriso su quel volto. Entriamo ed esploriamo ogni angolo, susseguito da un «Wow».
La nostra stanza era dotata di un camino, per giunta già acceso, e di un enorme letto a baldacchino a due piazze, tutto rigorosamente in legno. Ma, ahimè, non vi era né un divano né una poltroncina, mi sarebbe toccato dormire in terra.
«Oh. Mio. Dio. Leo corri!», grida Cami dal bagno. «Devi assolutamente vedere questa», la sua voce non riesce a nascondere l'entusiasmo.
Così, curioso mi avvicino.
«Wow!», esclamo con un po troppa enfasi. Al centro del nostro spazioso bagno si emerge un'ampia vasca idromassaggio. Saremmo potuti entrare in quattro lì dentro.
«Ok, dobbiamo concordare gli orari per usarla», afferma Cami.
«E perché mai? Vi entriamo benissimo in due», obietto.
«Ehm, io non ho il costume», risponde imbarazzata.
«Non sarebbe la prima volta che ti vedrei nuda», sogghigno divertito, ma Cami si acciglia di nuovo e mi dà uno schiaffo sulla nuca.
«Non sei per niente divertente», ribatte. Si avvicina al balcone e grida: «nevica!». Quasi fosse una bambina.
«Peccato, significa che non possiamo andare a divertirci con lo slittino», bofonchio.
«Non ho mai visto la neve», confessa con tono malinconico.
«Davvero?», le chiedo incredulo. Lei annuisce senza distogliere lo sguardo dalla neve che si posa per terra. «Metti gli stivali. Andiamo fuori», ordino.
«Ma è troppo pericoloso ora per i bambini», ribatte lei.
«E chi ha parlato di bambini? Andremo a divertirci solo noi due, io e te», affermo. E ottengo come risposta uno dei suoi sorrisi più belli e i suoi grandi occhi scuri che brillano per l'eccitazione.
«Sappi che sono il numero uno alla battaglia di palle di neve, e non ho pietà nemmeno per il gentil sesso», le informo divertito.
«Chi vince, ha il diritto ad usare per tutta la sera l'idromassaggio», esclama con aria di sfida.
«Ci sto!»

Il Filo Rosso Che Ci Unisce Where stories live. Discover now