7. Leonardo

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Non so cosa mi abbia preso oggi. Quella ragazza tira fuori il peggio di me.
Se non ci avessero interrotti quando eravamo soli in aula... 

Quando sono uscito prima dall'aula di disegno, avevo bisogno un po d'aria per riordinare i miei pensieri e cancellare quella voce nella testa che mi suggeriva di  "Mollare un pugno a Simone".
Nell'attesa che finisca la lezione per parlare con Camilla, mi siedo in giardino e chiamo Filippo, il mio datore di lavoro: «Pronto, Filippo?!»
«Ehi, tutto bene? I bambini ti cercano.»
«Si, beh ... scusami ma oggi farò un'ora di ritardo, ho una questione da risolvere.»
«Va bene, per questa volta copro io la tua ora mancante, ma che non si ripeti» mi dice con tono quasi severo, e poi scoppia in una sonoro risata, «tranquillo, Leo. Risolvi le tue questioni. Ci vediamo più tardi» e riaggancia. Filippo era si il mio capo, ma anche un fratello maggiore. Siamo cresciuti insieme, abbiamo affrontato tutte le difficoltà, abbiamo riso, pianto, scherzato, sempre uniti. Avevamo un unico scopo: salvare altri bambini/ragazzi da situazioni difficili. Nonostante il lavoro ci togliesse molto tempo, Filippo era riuscito a mettere su famiglia. Trentenne sposato con una donna favolosa, Gioia, e un pargoletto di soli nove mesi. E' tutto quello che, un giorno, avrei voluto anche io. Una sorta di schiaffo morale alla mia genitrice e al suo donatore. Dimostrare cosa significa fare il genitore.

«Ehi, Leo»
«Val.» accenno a un saluto.
«Cosa c'è tra te e Cami?»
Cosa? «Cosa? Niente, ovvio. Siamo solo... » cosa siamo? «...Colleghi» mi affretto a rispondere.
«Ah! Bene. Comunque ti cercava.»
«Dov'è ora?» mi alzo di scatto.
«E' andata via con Simone, le ha dato un passaggio in moto. Sarebbero proprio una bella coppia quei due» e sorride maliziosa.

Il sangue mi ribolle nella testa. Stringo forte i pugni finché le nocche non mi diventano bianche. 
«Devo andare» mi giro e mi incammino verso l'uscita.
«Ho sentito Vicky.» mi dice a voce un po troppo alta. Mi blocco.
«Ha detto che gli manchi tanto. E che presto tornerà ...»
Mi giro come una furia e la fulmino con gli occhi, «Se gli mancavo così tanto, trovava il tempo per chiamare anche me» ringhio e torno sui miei passi.
Passo sotto il palazzo di Cami. E' lì, seduta su un muretto nel parco. Non è sola... Simone è con lei e la sta stringendo tra le sue braccia, quasi a consolarla. Sta piangendo?  Cami sta piangendo? Se gli ha fatto qualcosa giuro che gli rompo il naso...
Improvvisamente lei si alza, gli sorride e lo ringrazia. Sono confuso. Cosa sta succedendo?
Faccio un passo avanti, ma mi tornano in mente le sue parole "Comunque me la so cavare anche da sola", così rassegnato e incazzato, decido di avviarmi a lavoro.

«Allora ?! Risolto la tua "questione"» mi domanda Filippo mimando le virgolette con le dita, come se sapesse che si trattasse di qualcuno, o meglio... qualcuna.
«No,, ma l'ha risolta lei...» mi strozzo quasi a fine frase, mi ero fatto scoprire. «Cazzo!»
«Lo sapevo! E comunque attento al tuo linguaggio, ci sono dei bambini qui.» e mi invita ad entrare nel suo ufficio per avere un po di privacy. «Allora?! Devo cavarti io le parole da bocca? Dai, dimmi chi è?»
«Non è nessuno, Filippo» mento.
«Certo come no.»
«Dannazione!»  digrigno i denti e do un pugno nel muro.
«Ok, calmati. Come va con Vicky?»
Filippo odiava Vicky, ha esultato per la gioia quando è venuto a sapere che non l'avrebbe vista per mesi. Diceva sempre che non era la ragazza adatta me, che c'era qualcun'altra lì fuori destinata a me.
«Vicky? Beh, non la sento da due settimane, è così impegnata che non ha tempo di farmi una chiamata. Il tempo per chiamare l'amica però lo trova.»
«Ci avrei scommesso! E ... parlami , invece, della tua nuova "questione"» ripetendo quell'odioso gesto con le dita e pronunciando molto lentamente la parola "questione".
«Si chiama Camilla» gli dico esasperato, sbuffo e comincio a raccontargli tutto.
Come ci siamo conosciuti, come mi faccia impazzire starle vicino e come mi faccia ribollire il sangue in testa alla sola vista con altri ragazzi. Gli racconto del mio quasi bacio e di quanto sia bella quando arrossisce.
«Sei cotto, amico» 
Era così? «Ma cosa dici? La conosco da appena due giorni»
«Hai mai sentito parlare di Colpo di fulmine?!»
Mi siedo avanti alla sua scrivania e con i gomiti appoggiati sulla ginocchia nascondo il viso tra le mani.
«Senti, Leo. Vicky è in erasmus da cinque mesi, tu credi davvero abbia fatto la santarellina per tutto questo tempo? Secondo me stai perdendo solo tempo. Finiti gli studi, credi resterà qui in Italia? Io ne dubito. A lei piace girare, visitare posti nuovi. Non fa per te. Ascoltami una volta tanto.»
Non so cosa rispondergli, so che ha ragione. Io, però, provo ancora qualcosa per quella ragazza.
«Ora fila a lavorare. I ragazzi ti aspettano, sapranno loro come distrarti» mi incoraggia Filippo.
Mi alzo vado verso la porta e mi volto per un attimo: «Grazie».

Torno a casa stanchissimo. Lancio lo zaino sul letto. Mi spoglio veloce e butto tutto nella cesta piena dei panni sporchi. Mi toccherà fare la lavatrice al più presto, prima che sia costretto ad andare in giro nudo!
Entro in doccia, e appoggiato con le mani al muro, lascio che l'acqua lavi via tutti i miei dubbi. Ma invece di diminuire come speravo, non fanno altro che triplicarsi. Filippo ha ragione. Ha ragione su tutto.

Dopo essermi asciugato e aver indossato dei boxer mi sdraio sul divano, afferro il cellulare e cerco il numero di Camilla. Non c'è. Non è possibile!  Ricontrollo la rubrica e tra i contatti noto "compagna di pullman" mi scappa un sorriso e la chiamo.
«Pronto» mi risponde con un filo di voce.
«Ciao, ... emm... mi chiedevo...» non so cosa dirle, vorrei chiederle perché oggi è scappata dall'aula arrabbiata, se sente quello che provo io, perché piangeva tra le braccia di Simone, ...
«Leo? Ci sei?»
«Si si, emm... come stai?»
«Tutto bene, tu? Oggi sei sparito.»
«In realtà ero in giardino, ti stavo aspettando per tornare insieme a casa»
«Ah! Io, non ti ho visto e così sono andata via...»
Già! Con Simone.
«Domani mattina a che ora passo da te? Così andiamo insieme»
«In realtà domani non vengo, ho... ho da fare»
«Va bene, allora ci vediamo giovedì?»
«Non credo...»
«Camilla, sei arrabbiata con me?»
«Senti, Leo, sono stanca, ci si becca in accademia» e riaggancia.
Mi sta evitando? Veramente è arrabbiata con me?
Esasperato, lancio il cellulare sul divano.
Mi alzo e vado verso il mio pc.
Apro Facebook e dopo aver visto qualche video stupido, noto che Vicky è online.
Decido di contattarla:
 -Come va?-
Nessuna risposta. Che novità!
Visito il suo profilo. Tra le ultime cose caricate vedo solo foto di lei con i bambini.
Forse era davvero impegnata. Forse Filippo si sbagliava sul suo conto. 

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