32. Camilla

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È la vigilia di Natale. Mentre i bambini, Leo e Filippo sono con gli istruttori di scii, io ho deciso saggiamente di fare shopping natalizio, magari comprando qualche regalino qui e la. Lo scii non credo sia proprio uno sport adatto a me, al massimo lo slittino. Ho sempre avuto un serio problema con gli sport che richiedono il dono dell'equilibrio. A stento riesco ad andare in bicicletta. Ho provato i pattini, lo skateboard, yoga e tanto altro, ma tutti finivano con il medesimo risultato: me con il sedere per terra. È per questo che ho declinato l'offerta. Non voglio lasciare un ricordo buffo di me anche in montagna.
Sono sulla via dello shopping. È impossibile non sentire la magia del Natale. Addobbi e neve ovunque. Michael Buble con il suo cd natalizio risuona da per tutto: nei negozi, nell'hotel, per strada... Siamo circondati. È impossibile sfuggire a tutto questo. Nemmeno il Grinch potrebbe rovinare questa atmosfera.
Non mi dispiace affatto, non me ne sto lamentando, semplicemente sono un po triste, nostalgica. È il primo Natale senza mio padre. E cosa non meno importante: il senso di colpa mi sta divorando per aver lasciato mia madre da sola, o meglio senza di me. Fortunatamente lo passerà con Marta e Lily. Ma non è lo stesso. 
Il giorno della vigilia di Natale i miei litigavano sempre. Il motivo era sempre lo stesso: il mio regalo. Ognuno era convinto che l'altro se ne fosse occupato, così finivano per battibeccare e passare l'intera vigilia per i negozi. Ho sempre pensato che fosse una semplice scusa per ritagliarsi un po di tempo per stare da soli.
Il fatto di essere ora qui, in cerca di regali, in extremis, non fa altro che riaccendere in me i ricordi più belli vissuti con lui.
Una vetrina attira la mia attenzione. Mi avvicino e scorgo un maglione rosso con su scritto: "Sono il più bello del mon...te". Mi scappa un sorriso. Penso sia il regalo ideale per quel montato di Leo. Così entro per acquistarlo.
«Buongiorno, posso esserle d'aiuto?», chiede una commessa con un gran sorriso.
«Salve, sarei interessata a quel maglione. È un regalo», le spiego indicando la vetrina.
«Certamente! Le chiamo la mia collega. Giada?»
Giada? Ti prego fa che non sia lei.
«Eccomi», cinguetta.
Una cosa è certa: meno hai voglia di vedere una persona, più alte sono le probabilità di incontrarla. È una legge. Che sfiga!
«Ciao! Tu sei l'amica di Leo, vero? Ho dimenticato di nuovo il tuo nome».
«Camilla», le ripeto per l'ennesima volta.
«Giusto! Lui dov'è? È con te?», chiede allungando il collo come per cercarlo.
«No», rispondo secca.
«Peccato! Avrei avuto piacere nel rivederlo», mormora dispiaciuta.
Il sangue mi ribolle in testa. Che fastidio. Ma cosa vuole? Solo perché è stata la sua prima ragazza, crede di avere l'esclusiva su di lui? "Dobbiamo vederci una sera". Quella sua voce da gatta morta è così fastidiosa. È la classica ragazza svenevole. Gatta morta che non sei altro!
«Gli dirò che lo hai cercato», la rassicuro sfoggiando uno dei miei sorrisi più falsi.
«Grazie! Allora cosa cercavi?»
Le faccio vedere il maglione e, non approvando la mia scelta, decide di farmi vedere altri articoli. Nonostante abbia setacciato il negozio, decido comunque di acquistare quello che avevo scelto fin dal principio.
«Grazie! Torni a trovarci. E buon Natale!», esclama la cassiera con una paresi facciale.
Ricambio gli auguri ed esco dal negozio.
«Camilla, aspetta!», mi chiama Giada seguendomi fuori. Finalmente hai imparato il mio nome, Mrs Gatta Morta. Avrei voluto ignorarla, fingere di non averla sentita e proseguire avanti, ma purtroppo i miei genitori mi hanno impartito una buona educazione.
«Dimmi!»
«Ehm, potresti dargli il mio numero?», mi chiede timidamente porgendomi un bigliettino.
Fantastico! Ora mi tocca fare pure da intermediario.
«Certamente!», esclamo con finto entusiasmo. Prendo il foglietto e lo infilo in tasca.
«Grazie! Ci vediamo.» Mi saluta con un gesto della mano e rientra nel negozio.
La odio. Odio ufficialmente questa ragazza. Non ne capisco il motivo, ma so che è così.
Dopo aver passato l'intera mattinata a comprare regali e a far piangere il mio portafoglio, decido di tornare all'hotel e dedicarmi qualche ora di relax nella vasca idromassaggio. Tra le varie cose che ho comprato, c'è anche un costume per me, in modo che posso utilizzare non solo la vasca più volte, anche in presenza di Leo, senza dover stabilire stupidi orari, ma posso usufruire anche della piscina interna super riscaldata del hotel.
Verso ora di pranzo Leo mi raggiunge in stanza.
«Ehi, sei qui? Passata una buona mattinata?», chiede fingendosi indaffarato ed evitando il mio sguardo.
«Si. Ho fatto tutto quello che dovevo. Tu? Divertito?»
«Da morire. Ilaria è un vero talento, farà strada. Mentre Max si è rifiutato anche di provarci.»
«Ah, quindi non sono sola», ridacchio.
«Mi sa che la mattina ti lascerò in buona compagnia. Puoi, se mai dovessi cambiare idea, sarei sempre disponibile ad insegnarti qualcosina», esclama evitando sempre il mio sguardo.
«Domani io e Max ci divertiremo con lo slittino», dichiaro facendogli la linguaccia.
C'è un po di imbarazzo a causa di quello che è successo ieri notte, o meglio per quello che sarebbe potuto accadere.
«Se non hai già mangiato, potremmo andare in un posto qua vicino. Ho visto che fanno degli ottimi hamburger», propongo timidamente.
«In realtà ho mangiato insieme a Filippo e ai bambini. Oggi c'era la colazione a sacco. Ma se vuoi ti ci accompagno»
«Ah, no vabbè. Tanto non ho nemmeno tutta questa fame. Mi sono rimpinzata di schifezze durante lo shopping», rispondo con un po di delusione. Spero non se ne renda conto.
«Sicura?»
«Certo», affermo sorridendo.
Leo ricambia il sorriso e ritorna a fare le sue cose. C'è il gelo in questa stanza.
«Ho preso un costume, così non c'è rischio di litigare per chi deve andare prima in vasca. E poi ho scoperto che l'hotel ha una grossa piscina riscaldata», spiego euforica.
«Se vuoi stasera possiamo andarci», mormora.
«Ok! Che programmi hai per oggi?». Non capisco il mio continuo disperato bisogno di fare conversazione con lui. È più forte di me. Non mi fa piacere vederlo così titubante nei miei confronti.
«Volevo fare un giro per il paese. Vuoi accompagnarmi?», chiede, finalmente fissandomi negli occhi.
I miei occhi si illuminano e vedendo il sorriso dipinto sul viso di Leo, credo se ne sia accorto anche lui.
«Si, con piacere», affermo contenta.
«Ora, però, voglio solo rilassarmi in quella magnifica vasca», dichiara stanco.
«È un problema se... Insomma... Mi immergo anche io, con te?», farfuglio imbarazzata. Camilla cosa cavolo ti salta in mente? Te le vai proprio a cercare.
Leo mi guarda confuso, quasi si trovasse un estraneo avanti a se.
«Va bene!», risponde incredulo.
Dopo aver indossato il mio nuovo costume mi immergo nel lato opposto a quello di Leo e provo a rilassarmi, cercando di scacciare via qualsiasi pensiero negativo.
Restiamo su per giù un'oretta in ammollo, parlando del più e del meno, e Leo sembra rilassarsi. Il ghiaccio che si era creato tra noi finalmente si è sciolto, sembra essere tornato tutto alla normalità.
«È il tuo prima Natale senza tuo padre, vero?», chiede improvvisamente cupo.
Resto un po sorpresa della domanda, ma poi annuisco.
«Sai, non so esattamente cosa significhi passare le vacanze con la propria famiglia. Prima di compiere diciotto anni, ogni Natale lo passavo con Filippo nella casa famiglia e spesso capitava di venire in questi posti in montagna. Poi, Filippo si è sposato, io ho trovato casa, e ho cominciato a passare le vacanze completamente solo. Vorrei tanto consolarti e dirti tante cose carine, ma credo di essere la persona meno adatta a farlo. Vorrei poterti dire che non fa male, che sarà un banale Natale come gli altri. Ma non è così e io non voglio mentirti. Non più!», spiega in tono triste.
Resto senza parole. Questa festività faceva del male ad entrambi. La sofferenza la si poteva leggere negli occhi.
I miei occhi si riempiono di lacrime e cominciano a scivolare sul viso, prima ancora che potessi ricacciarle indietro.
Istintivamente raggiungo Leo all'angolo opposto della vasca, posizionandomi in ginocchio tra le sue gambe e, facendogli appoggiare la testa al mio petto, lo stringo forte a me. Ricambia l'abbraccio cingendomi tra le sue braccia con una presa così forte che pare non voglia lasciarmi più andare.
Non so quanto ci sia di sbagliato in tutto questo, ma francamente ora non mi interessa. Lui ha bisogno di me ed io ho bisogno disperatamente di lui.

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